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Nota a Trib. Brindisi, 22 ottobre 2024.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Con ordinanza depositata in data odierna, all’esito di un monografico impianto argomentativo, il Tribunale di Brindisi (est. Dott. A. I. Natali), ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:

  1. «Se ed a quali condizioni il diritto unionale ed, in particolare, la normativa antiriciclaggio, cosi come i generali principi comunitari di effettività della tutela, di trasparenza, di buona fede oggettiva con i suoi corollari in punto di obblighi informativi, debbano considerarsi o meno ostativi ad una normativa interna in materia di cessioni in blocco (o cumulative) dei crediti deteriorati – quella applicabile alla fattispecie concreta e anteriore all’approvazione del DECRETO LEGISLATIVO 30 luglio 2024, n. 116, entrato in vigore il 13-8-2024, attuativo della dir. UE 2167 del 2021 – che presenta le seguenti caratteristiche:
  2. non prevede una forma scritta ad substantiam o ad probationem, in particolare nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. Ciò, in particolare, quando il contraente ceduto sia un consumatore;
  3. non contemplava, fino all’entrata in vigore del predetto decreto, alcun obbligo di iscrizione in albi vigilati per soggetti che svolgono attività di cessione in blocco, in quanto non svolgenti attività finanziaria, come stabilito dalla Suprema Corte e che, dunque, sono automaticamente sottratti anche, per via dell’assenza di un obbligo di atto pubblico, alle regole in materia di antiriciclaggio;
  4. laddove la Corte ravvisi l’evidenziato contrasto, se la normativa unionale, cosi come descritta, imponga o meno, a tutela dell’effettività degli interessi comunitari in materia, la radicale sanzione della nullità:
  5. delle cessioni perfezionatisi nella vigenza del quadro anteriore all’approvazione del decreto attuativo della dir. 2167 del 2021”;
  6. delle procure all’incasso rilasciate a soggetti non iscritti ad un albo vigilato dall’autorità indipendente di settore e incaricate della verifica dell’osservanza della normativa di contrasto del riciclaggio».

È evidente la continuità logica di tale ordinanza con la questione già rimessa alle Sezioni Unite[1], nella quale già si rimarcavano i numerosi punti di attrito tra la normativa antiriciclaggio e la sterilizzazione giurisprudenziale degli effetti invalidatori derivanti dalla mancata iscrizione della società servicer nell’ormai noto albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 106 TUB. Antinomie tali ultime che, in un certo qual senso, sono rimaste irrisolte dal (forse, affrettato) decreto di inammissibilità del rinvio[2], che – muovendo dalla dubbia affermazione per cui la cessione dei crediti in blocco non costituirebbe attività finanziaria – e’ sembrato, invero, liquidare la problematica, evocando l’insussistenza di “difficoltà interpretative” sulla questione evidenziata. 

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L’estremamente articolato apparato argomentativo, che sorregge l’ordinanza, pone in dubbio la compatibilità del sistema complessivo della disciplina interna in materia di cessioni in blocco di crediti deteriorati con la normativa antiriciclaggio, coi principi, anche comunitari, di effettività della tutela, di trasparenza, di buona fede oggettiva (segnatamente, in relazione alla specificità dell’obblighi/oneri informativi).

 A tal fine, muove dal contesto normativo e interpretativo interno e, transitando attraverso il diritto sovranazionale eurounitario, approda alla (tutto sommato) recente questione circa le conseguenze della mancata iscrizione all’albo ex art. 106 TUB: quella che, mutuando la mitologia greca, rappresenta, suo malgrado, la mela di Eris che vede contrapposte, da un lato, la giurisprudenza di legittimità, abbastanza “affezionatasi” alla decisione n. 7243 del marzo scorso[3], reputata tombale sulla questione, dall’altro, la giurisprudenza di merito, che, in questi mesi, ha manifestato qualche variazione sul pentagramma[4].

Ciò, valorizzando anche le dissonanze con alcune statuizioni dell’Autorità di Vigilanza, ovverosia della Banca d’Italia.

Volendo riassumere sinteticamente la corposa ordinanza, tratteggiandone una panoramica che non frustri l’esaustività del suo contenuto, le direttrici adottate dal giudice brindisino sono, essenzialmente, due: a) la normativa antiriciclaggio; b) la normativa consumeristica. Il trait d’union è l’effettività della tutela.

Orbene, quanto al primo profilo, è evidente «la volontà dell’ordinamento comunitario di imporre agli Stati ogni misura che si renda necessaria e, al contempo, proporzionata al fine di contrastare sia tale modalità di operare della criminalità organizzata»; tale intenzione si declina tanto con prescrizioni di scopo (contenute nelle direttive), quanto con norme puntuali e immediatamente operative (quali quelle regolamentari).

Con specifico riferimento alla materia della cessione in blocco di crediti deteriorati, «la prospettiva di una violazione (rectius di una elusione) della disciplina unionale appare aggravato dall’assenza […] della previsione di un obbligo di forma scritta, anche solo ad probationem (nelle forme della scrittura provata autenticata), né tanto meno del ricorso al rogito notarile, presidiato dalle garanzie che contornano l’atto pubblico, in particolare, sotto il profilo dei controlli antiriciclaggio».

La normativa italiana sarebbe da disapplicare se interpretata in senso anticomunitario, ovvero se intesa come «inidonea ad assicurare un effettivo e sostanziale contrasto del fenomeno del riciclaggio nell’ipotesi della cessione fra soggetti non iscritti nell’albo vigilato dalla Banca d’Italia».

Di tal guisa, devono ritenersi in contrasto con l’ordinamento eurounitario non solo l’esegesi delle norme nazionali che pervenga a ritenere che, alla cessione in blocco, siano legittimate anche le società prive di iscrizione, così come dei requisiti legittimanti alla stessa, ma anche lo stesso contratto di cessione in blocco fra soggetti non iscritti.

Tale contrasto sarebbe “indiretto”, data la finalità dell’operazione economica, «sostanzialmente e oggettivamente elusiva» della normativa di contrasto dei fenomeni di riciclaggio.

L’articolato e crescente apparato rimediale delineato dalla suddetta disciplina, specie di provenienza sovranazionale, pone, dunque, il problema della sorte del contratto di cessione di grandi quantità di crediti, a fronte di corrispettivi di particolare entità, specie laddove intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti nell’albo ex art. 106 TUB e, consequenzialmente, non qualificati, né vigilati, né, ancor meno, conformati nel proprio assetto organizzativo dagli obblighi in funzione antiriclaggio.

Nel caso di specie, si tratta, dunque, di chiarire quali conseguenze giuridiche discendano in relazione alle cessioni in blocco dal predetto quadro regolatorio, ogniqualvolta lo stesso, per effetto, delle modalità soggettive dei negozi traslativi, violi, rectius, eluda, le predette norme antiriciclaggio. 

Ebbene, ad avviso del giudice remittente, il principio di effettività del diritto comunitario dovrebbe imporre la più radicale delle sanzioni, ovverosia la nullità o, comunque, la neutralizzazione degli effetti del contratto, mediante l’istituto della disapplicazione degli effetti prodotti dallo stesso.

Volendo opinare diversamente, l’effetto utile del diritto unionale ne risulterebbe grandemente frustrato.

L’esegesi che fa discendere dalla violazione dell’obbligo di iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e della connessa vigilanza conseguenze sul solo piano amministrativo è inidonea ad assicurare il principio di effettività della tutela in una materia di sicuro rilievo sovranazionale e comunitario, anche in considerazione dei noti fenomeni di globalizzazione economica. Invero, ritenere che un così articolato apparato normativo, fondato su una pluralità di livelli di intervento, in costante evoluzione, possa essere aggirato, sic et simpliciter, da una mera operazione economica volta alla traslazione dei crediti deteriorati fra soggetti non qualificati e non vigilati, rappresenterebbe una evidente e macroscopica contraddizione in termini.

L’interesse tutelato deve individuarsi nell’esigenza, di indubbio rilievo comunitario, di contrastare il riciclaggio del denaro di provenienza illecita, oltre che nelle già evidenziate ragioni di garanzia della stabilità dei mercati finanziari. Difatti, gli intermediari, iscritti nell’albo ex art. 106 Tub, sono soggetti alla predisposizione di una serie di misure, tra cui l’adozione di sistemi di vigilanza interna, preordinati a impedire che le attività, da essi poste in essere, possano essere piegate a fini di riciclaggio.

Deve, pertanto, ritenersi che i superiori obblighi comunitari possano essere soddisfatti solo dalla neutralizzazione degli effetti delle transazioni economiche cui sia sotteso il rischio di riciclaggio: rischio che può essere oggettivamente contenuto solo se si riserva la negoziazione in blocco dei crediti ai soggetti iscritti e presidiando con la sanzione della nullità gli atti in contrasto con i predetti obblighi.

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Altrettanto evidente è la volontà del legislatore comunitario di apprestare un’adeguata tutela in favore del consumatore, quale soggetto asseritamente debole sotto il profilo della forza contrattuale e del bagaglio informativo e, in quanto tale, bisognevole, di una particolare protezione.

Tale tutela non può prescindere dalla neutralizzazione di ogni forma opacità dei meccanismi negoziali in danno della figura del consumatore, così come degli stessi fenomeni di circolazione del credito che avvengano con modalità non trasparenti.

Ciò, mediante l’apprestamento di adeguati obblighi informativi, in capo agli attori delle descritte vicende circolatorie, trovanti fondamento nei generali principi di buona fede e di effettività della tutela.

Peraltro, poiché i cessionari, nel contesto previgente al recepimento della Direttiva 2021/2167/UE (c.d. Direttiva SMD), non soggiacevano all’obbligo d’iscrizione in alcun elenco, tenuto dall’Autorità di vigilanza di settore, e al correlato monitoraggio, gli stessi non erano sanzionabili e, dunque, doveva ritenersi violato il principio di una tutela effettiva, in via sanzionatoria, degli interessi di rilievo anche comunitario.

Per quanto concerne la normativa interna di fonte secondaria, deve ritenersi che sia configurabile un evidente vulnus rispetto ai superiori dettami comunitari nella parte in cui sottrae alla nozione di attività di finanziaria, seppur alle richiamate condizioni, la fattispecie della cessione in blocco.

Dunque, il dubbio di conformità all’ordinamento euronitario non è limitato alla singola norma, ma all’intero microsistema normativo delle cessioni in blocco dei crediti deteriorati, il quale, allo stato, può divenire «agevole strumento di concretizzazione della finalità della criminalità organizzata di celare la provenienza del denaro investito».

È la combinazione della “disefficienza” delle singole scelte di disciplina nazionali che ineriscono a profili diversi (cessione, iscrizione ecc.), ma correlati allo stesso fenomeno, a ingenerare il predetto contrasto, concorrendo a delineare un quadro di anticomunitarietà «sistemica». Di talché, sembra prefigurabile una sorta di vizio di legittimità c.d. “di sistema”, specie, per quanto concerne il periodo anteriore all’approvazione del decreto attuativo della dir. 2167 del 2021[5].

L’approccio sistemico appare utile anche sotto altro e diverso profilo, essendo evidente che l’anticomunitarietà della disciplina nazionale nasce, a sua volta, dal raffronto con l’insieme delle norme comunitarie, sia in termini di disposizioni puntuali sia di principi. È fuor di dubbio che potrebbe profilarsi un’ipotesi di sopravvenuta anticomunitarietà della disciplina, non solo per il carattere postumo del parametro comunitario e per l’introduzione di regole sempre più stringenti (anche in virtù del passaggio dallo strumento della direttiva a quello del regolamento), ma anche perché è stato il mutare del quadro fattuale e, in particolare, il proliferare delle cessioni anche in favore  di soggetti non iscritti, a porre il problema della eurocompatibilità di tale statuto normativo.

Ciò dovrebbe far addivenire, secondo l’opinione del giudice remittente, al divieto, comunitariamente imposto, della cessione fra soggetti non iscritti, con la conseguente necessità di presidiare tale violazione con la sanzione della nullità o altra idonea forma rimediale.

Fra le summenzionate opzioni esegetiche, l’unica comunitariamente conforme, in quanto idonea ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza, pare essere quella rigorosa della radicale nullità della cessione, almeno quando a venire in rilievo sia la cessione di crediti nei confronti di una pluralità di consumatori.

Da ultimo, per quanto concerne la forma dei contratti di cessione, il giudice brindisino propone una impostazione innovativa, senz’altro meritevole di condivisione: si tratterebbe di un’ipotesi di forma scritta imposta, non da una norma interna, bensì dal generale principio euronitario di trasparenza, da intendersi nell’accezione di «conoscibilità delle vicende giuridiche e degli effetti che ineriscono alla propria sfera giuridica»; ciò al fine di approntare i rimedi giurisdizionali o anche stragiudiziali in maniera consapevole e, dunque, effettiva. D’altronde, «scientia potentia est», mutuando Francesco Bacone.

Il contrasto dell’ordinamento italiano parrebbe sussistere anche rispetto al principio di effettività della tutela, di buona fede oggettiva con i suoi noti corollari in punto di obblighi informativi, oltre che protettivi e conservativi.

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Post-fazione.

Si narra che, non lontano dal castello di Sanssouci, a Potsdam, il mugnaio Arnold, si trovo, tutto di un tratto, nell’impossibilità di far fronte al pagamento delle tasse, dovute al conte di Schmettau, perché il barone von Gersdof aveva deviato certe acque per interessi personali e il mulino di Arnold non poteva più funzionare correttamente. Schmettau trascino’ Arnold innanzi a un giudice locale, che lo condanno’, con il conseguente rischio di perdere il proprio mulino. Il mugnaio, però, non si rassegno’ e riusciva a portare la questione sino al Tribunale di Berlino. Qui, all’inizio, alcuni giudici si pronunciarono ancora contro di lui, ma, alla fine, Federico il Grande, esaminando gli atti e, constatando come il poveretto fosse palesemente vittima di una ingiustizia, lo reintegrò nei suoi diritti.

Arnold, debitore non ceduto in blocco, trovò il giudice a Berlino.

La speranza di molti debitori è che, stavolta, si possa trovare giustizia presso la Corte di Lussemburgo. Con buona pace di Bertold Brecht (cui pare sia stata erroneamente attribuito l’iconico auspicio).

 

 

 

 

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[1] Il riferimento è a Trib. Brindisi, 16 aprile 2024, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione crediti, iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e possibile “anticomunitarietà” del contratto: il Tribunale di Brindisi rimette alla Corte Suprema di Cassazione, 18 aprile 2024, Cessione crediti, iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e possibile “anticomunitarietà” del contratto: il Tribunale di Brindisi rimette alla Corte Suprema di Cassazione. – Diritto del Risparmio.

[2] Il riferimento è a Cass. 17 maggio 2024, già annotato su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione in blocco di crediti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Tribunale di Brindisi, 17 maggio 2024, Cessione in blocco di crediti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Tribunale di Brindisi. – Diritto del Risparmio.

[3] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità, 19 marzo 2024, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio.

[4] Cfr. Trib. Modena, Sez. III, 26 marzo 2024, in questo Portale, con nota di A. Zurlo, In direzione “parzialmente” ostinata e contraria: l’ordinanza del Tribunale di Modena sulla mancata iscrizione della servicer nell’albo 106 TUB (dopo il dictum della Cassazione), 26 marzo 2024, In direzione “parzialmente” ostinata e contraria: l’ordinanza del Tribunale di Modena sulla mancata iscrizione della servicer nell’albo 106 TUB (dopo il dictum della Cassazione). – Diritto del Risparmio; Trib. Firenze, Sez. III, 27 maggio 2024, in questo Portale, con nota di A. Zurlo, Omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB: per il Tribunale di Firenze la nullità è l’ottimo paretiano delle sanzioni civilistiche, 28 maggio 2024, Omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB: per il Tribunale di Firenze la nullità è l’ottimo paretiano delle sanzioni civilistiche. – Diritto del Risparmio; Trib. Alessandria, Sez. I, 18 giugno 2024, in questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il Tribunale di Alessandria senza “metus reverentiàlis” sulla nullità ex art. 106 TUB, 18 giugno 2024, Il Tribunale di Alessandria senza “metus reverentiàlis” sulla nullità ex art. 106 TUB. – Diritto del Risparmio; Trib. Firenze, 14 agosto 2024, in questo Portale, con massima redazionale, Firenze vs Cassazione: la delegata all’attività di recupero crediti deve essere iscritta all’albo ex art. 106 TUB, 5 settembre 2024, Firenze vs Cassazione: la delegata all’attività di recupero crediti deve essere iscritta all’albo ex art. 106 TUB. – Diritto del Risparmio; Trib. Treviso, Sez. II, 20 settembre 2024, n. 1612, in questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco: il Tribunale di Treviso si disallinea dalla Cassazione sull’art. 106 TUB (condividendo le indicazioni di Banca d’Italia), 24 settembre 2024, Cessione di crediti in blocco: il Tribunale di Treviso si disallinea dalla Cassazione sull’art. 106 TUB (condividendo le indicazioni di Banca d’Italia). – Diritto del Risparmio.

[5] Il riferimento è al D.lgs. 30 luglio 2024, n. 116, Decreto legislativo 30 luglio 2024, n. 116: pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di recepimento della Direttiva SMD. – Diritto del Risparmio.

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