Nota a Trib. Treviso, Sez. II, 20 settembre 2024, n. 1612.
Nel caso in esame la società veicolo ha conferito procura per la riscossione dei propri crediti a una società non iscritta all’albo ex art. 106 TUB ed è discusso in giurisprudenza se, per effetto della violazione dell’art. 2, l. n. 130/1999, la procura sia affetta da nullità per violazione di norma imperativa, sicché la società procuratrice risulterebbe priva del potere di rappresentanza sostanziale non potendo riscuotere i crediti in nome e per 3 4 conto di quest’ultima. Tale nullità si potrebbe riverberare sul potere di rappresentanza processuale della società incaricata ex art. 77 c.p.c. Sulla questione, il Tribunale trevigiano osserva che la legge n. 130/1999 detta le disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti e, quindi, sulla cessione ed esternalizzazione di certe attività da parte dell’Istituto di credito cedente (o della società veicolo cessionaria) a società terze. Ai sensi dell’art. 1, la legge si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, individuabili in blocco, quando il cessionario sia una società costituita ad hoc per la cartolarizzazione dei crediti (c.d. società veicolo), unitamente ad altre condizioni. Ai sensi dell’art. 2, comma 6, “i servizi indicati nel comma 3, lettera c), possono essere svolti da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Gli altri soggetti che intendono prestare i servizi indicati nel comma 3, lettera c), chiedono l’iscrizione nell’albo previsto dall’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, anche qualora non esercitino le attività elencate nel comma 1 del medesimo articolo purché possiedano i relativi requisiti”. Il richiamato comma 3, lett. c), prevede la riscossione dei crediti ceduti e i servizi di cassa e di pagamento. Secondo una esegesi, dal combinato disposto dei commi 6 e 3 dell’art. 2, l. n. 130/1999, si dovrebbe dedurre che, ad essere riservati agli intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’art. 106 TUB, sarebbero i soli “servizi di cassa e pagamento”, ovvero l’attività bancaria in senso proprio. Ciò in quanto, letteralmente, il comma 6 riserva agli intermediari finanziari i soli “servizi” e non la riscossione dei crediti, attività che è indicata in altra e antecedente parte del comma 3, lett. c). Ritiene il Tribunale che non possa darsi adesione questa proposta interpretativa in quanto contrasta con il chiaro tenore di circolari e note di chiarimenti di Banca d’Italia, autorità preposta alla vigilanza del settore creditizio. Il Testo Unico Bancario e il Testo Unico della Finanza attribuiscono alla Banca d’Italia il potere di regolamentare numerosi aspetti dell’attività degli intermediari bancari e finanziari, per assicurare stabilità, efficienza e competitività al sistema finanziario. Nella circolare di Banca d’Italia n. 288/2015, all’art. 5.1. rubricato “esternalizzazioni”, l’attività di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e pagamento di cui all’art. 2, comma 3, lett. c), della l. n. 130/99 è considerata unitariamente. L’autority ha precisato che “per lo svolgimento di queste attività e per gli altri compiti affidati in base al contratto o al prospetto informativo, i servicer possono avvalersi di soggetti terzi nel rispetto della disciplina generale in materia di esternalizzazione di cui alla sez V” (pag. 166 e ss. Circolare). Già solo questo dato conforta nel ritenere che il richiamo operato dal comma 6 alla lett. c) del comma 3 vada inteso all’intero sintagma di cui alla lettera c), dovendosi considerare anche la riscossione un servizio ai sensi del prefato comma 6.
Nella recente nota a chiarimenti del 24/7/2023 sulla circolare n. 288/2015, Banca d’Italia ha risposto a due quesiti. Il primo quesito devoluto (sub a) era di chiarire se le attività di servicing, in operazioni di cartolarizzazione, possono essere esercitate solo da soggetti iscritti o in corso di iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB. Il secondo (sub b) era se l’attività di “sub- servicing” sia assimilabile all’attività di servicing e, quindi, anch’essa soggetta a riserva di attività ovvero se sia possibile derogare alla riserva in presenza di un “master servicer”. È stato, altresì, chiesto se anche le banche possono avvalersi esclusivamente di soggetti vigilati per l’attività di recupero.
Ebbene, con riferimento al quesito sub a), Banca d’Italia ha fatto presente che il servicer in operazioni di cartolarizzazione è il soggetto al quale, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. c) della legge 30 aprile 1999, n. 130, la società veicolo di cartolarizzazione (SPV) affida la riscossione dei crediti ceduti e i servizi di cassa e pagamento[1]. In altri termini, Banca d’Italia ha chiaramente escluso la possibilità di delegare a soggetti non iscritti nell’albo ex art. 106 TUB sia il servizio di riscossione, sia l’attività di verifica di conformità dell’operazione alla legge e al prospetto informativo.
“Con riferimento al quesito sub b), la Circolare 288 ammette la possibilità che i servicer – come sopra definiti – affidino, mediante contratti di esternalizzazione, lo svolgimento di attività connesse con la riscossione dei crediti ceduti e con i servizi di cassa e pagamento a soggetti terzi. Questi ultimi – fermo restando il rispetto del regime delle riserve di attività previsto dal nostro ordinamento e della disciplina di settore eventualmente rilevante – possono anche essere soggetti diversi da banche e intermediari finanziari iscritti nell’albo ex art. 106 TUB. Non può, invece, essere delegato a terzi il controllo sul corretto espletamento delle operazioni di cui all’art. 2, comma 6-bis della legge n. 130/1999. Alla luce di quanto sopra, quale che sia la denominazione usata nei contratti e nel prospetto informativo per l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’operazione (master servicer, sub servicer, ecc. ), è essenziale che i servicer si assicurino che la ripartizione delle competenze non ostacoli il corretto espletamento delle funzioni ad essi affidate e, in particolare, garantiscano un’aderenza sostanziale e non solo formale alle norme di legge che ad essi affidano, tra l’altro, funzioni di “garanzia” nei confronti del mercato circa il corretto espletamento delle operazioni di cartolarizzazione”[2]. In buona sostanza, rispondendo al quesito sub b), Banca d’Italia ha chiarito che possono essere affidati a sub servicer solamente attività connesse ed ancillari alla riscossione, con esclusione quindi dell’attività stretto senso intesa di recupero del credito.
“Da ultimo, per quanto riguarda l’obbligo per le banche di avvalersi di soggetti vigilati per il recupero delle partite deteriorate, si fa presente che l’obbligo di ricorrere ad una banca o ad un intermediario finanziario previsto dalla legge n.130/1999 opera limitatamene alle attività di riscossione dei crediti ceduti nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione. Fuori da tali casi, le banche che intendano affidare a terzi le attività di recupero di crediti deteriorati nel rispetto della disciplina in materia di esternalizzazione prevista dalla Circolare 285, non sono tenute ad avvalersi di soggetti vigilati, fermo restando il rispetto delle riserve di attività previste dall’ordinamento e delle discipline di settore eventualmente applicabili”.
Il giudice veneto, dall’autorevole interpretazione fornita da Banca d’Italia, ricava alcuni principi; segnatamente:
- l’attività di recupero di un credito oggetto di cartolarizzazione, sia essa giudiziale o stragiudiziale, è riservata a soggetti iscritti all’albo ex 106 TUB;
- l’attività di recupero stragiudiziale di crediti non oggetto di cartolarizzazione può essere svolta anche da soggetti non iscritti all’albo ex art. 106 TUB e muniti di licenza del questore ex 115 TULPS.
L’argomento secondo il quale alla facoltà (prevista dall’art. 2, comma 2, D.M. n. 53/2015), in capo alla società munita di licenza del questore, di acquistare crediti, conseguirebbe logicamente la possibilità di curare di recupero di qualsivoglia credito di terzi, prova troppo. Innanzitutto perché, come precisato, l’attività di recupero di un credito cartolarizzato è riservata dalla legge n. 130/99 ai soli intermediari ex art. 106 TUB, norma speciale e posteriore nel tempo rispetto al regio decreto n. 773/31 contenente il TULPS che ha, all’evidenza, un diverso ambito applicativo ed è stato emanato in un’epoca di molto antecedente rispetto all’emersione del recente fenomeno globale della cartolarizzazione dei crediti. Inoltre, perché il credito trasferito ai sensi dell’art. 2, comma 2, d.m. n. 53/2015 sarebbe, all’evidenza, un credito ceduto alla società munita di licenza TULPS in forza di uno specifico contratto di cessione; trattasi di operazione negoziale completamente diversa rispetto alla massiva attribuzione dell’attività di recupero stragiudiziale di centinaia di posizioni oggetto di cessioni in blocco. Da ultimo, si osserva che, anche ove si ritenesse, contrariamente a quanto chiarito da Banca d’Italia, che i soggetti titolari di licenza TULPS possano curare il recupero stragiudiziale dei crediti deteriorati, ciò non potrebbe avvenire con atto di precetto. L’atto di precetto è l’ultima intimazione che il creditore fa al proprio debitore di adempiere l’obbligo di cui al titolo esecutivo, minacciando l’esecuzione forzata per il caso di persistente inadempimento. Scopo del precetto è innanzitutto quello di preannunciare l’esecuzione forzata e ha la finalità di attualizzare il diritto da tutelare esecutivamente: dal punto di vista oggettivo, esso precisa la somma dovuta, in particolare indicando gli interessi e le spese successive alla formazione del titolo; dal punto di vista soggettivo, individua le parti del processo esecutivo, in particolare laddove vi sia una successione nel diritto di credito (art. 475) o nell’obbligo (art. 477) di cui al titolo esecutivo. Ha, altresì, la finalità di consentire al debitore di proporre opposizione ex art. 615 per contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, instaurando un processo a cognizione piena. Anche aderendo alla tesi (dominante in giurisprudenza) secondo la quale il precetto ha carattere stragiudiziale, esso è nondimeno atto preliminare al processo esecutivo e contiene una minaccia di esecuzione. Minaccia che, ove non provenisse da un soggetto legittimato ad agire esecutivamente, si risolverebbe in un illecito ai limiti dell’estorsione. Pare chiaro che chi non è legittimato ad agire instaurando un processo esecutivo non può legittimamente neppure minacciare l’esecuzione: innanzitutto perché, dal punto di vista processuale, il debitore reagendo con l’opposizione preventiva risulterebbe sempre vittorioso (ottenendo una pronuncia che accerta l’assenza del diritto e della legittimazione dell’intimante a procedere esecutivamente). Inoltre, perché la natura anche giudiziale processuale dell’atto di precetto è confermata dal fatto che il precetto ha senz’altro la funzione, propria della domanda giudiziale, di individuare il diritto di cui si richiede la tutela, individuandone esattamente l’azione, determinando tutti gli elementi in base ai quali il potere astratto di procedere in forza del titolo si traduce in potere concreto. Ancora, la notificazione dell’atto di precetto produce gli effetti sostanziali della domanda (impedimento di decadenza, interruzione e sospensione della prescrizione, produzione degli interessi, si veda, in particolare, la disposizione dell’art. 2943 c.c.).
In questo panorama normativo, come noto, si sono inserite due recenti pronunce della Corte di Cassazione. In particolare, il Primo Presidente, dichiarando inammissibile il rinvio pregiudiziale[3] ex 363-bis c.p.c. sollevato dal Tribunale di Brindisi[4], ha ribadito il principio enunciato da Cass. n. 7243/2024[5], secondo la quale nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione ex legge n. 130/1999, l’attività di recupero del credito da parte di un soggetto non iscritto nell’albo previsto dall’art. 106 TUB, non incide sulla legittimità dell’azione esecutiva da quest’ultimo intrapresa alla stregua dell’incarico ricevuto dal titolare del credito; l’omessa iscrizione nel medesimo albo potrà rilevare sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici. La Suprema Corte, ha preliminarmente affermato che “la questione non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa, giacché nella giurisprudenza di legittimità si rinviene l’enunciazione di principi suscettibili di orientare la risoluzione del dubbio posto dal rimettente”. La Corte ha, dapprima, richiamato il principio statuito con l’ordinanza del 20 febbraio 2024 ricordando poi che, con altra recentissima pronuncia resa dalla Terza Sezione Civile, è stato precisato che “Soccorre altresì Cassazione Sez. III, 18 marzo 2024 n. 7243 la quale ha stabilito che il conferimento dell’incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell’albo di cui all’art. 106 TUB e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità, in quanto l’art. 2, comma 6, della legge n. 130/1999 non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all’autorità di vigilanza e presidiati da norme penali, con la conseguenza che l’omessa iscrizione nel menzionato albo può assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con la predetta autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici. Nella pronuncia da ultimo evocata, la Terza Sezione ha affermato che dall’omessa iscrizione nell’albo ai sensi dell’art. 106 Tub del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici. Di qui la conclusione secondo cui, ai fini della validità del controricorso, non rileva che la società (rappresentante sostanziale di altra società a sua volta mandataria della società veicolo, cessionaria del credito bancario) sia iscritta, oppure no, nell’albo degli intermediari finanziari”. Di conseguenza, secondo le Sezioni Unite investite del rinvio pregiudiziale, “le due richiamate decisioni delineano un quadro convergente e forniscono, nel quadro di una nomofilachia circolare, precise indicazioni, utilizzabili dal giudice di merito ai fini della risoluzione del caso sottoposto al suo esame, concernendo, l’una, i presupposti per l’applicazione dell’art. 106 TUB (obbligo di iscrizione nell’albo degli intermediari finanziari), e, l’altra, l’esclusione di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito”.
Pur dando atto che cospicua giurisprudenza di merito non si è allineata all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, argomentando che le disposizioni di cui all’art. 106 TUB avrebbero valenza imperativa, con conseguente nullità delle procure conferite a società non iscritte presso l’albo di cui all’art. 106 TUB, nel caso in esame, la questione deve ritenersi risolta sul piano processuale, con l’intervenuta costituzione in giudizio della titolare del credito, che può, certamente, agire in giudizio per la riscossione del proprio credito, conferendo procura ad un legale; sicché ogni nullità deve ritenersi sanata e il profilo di cesura è assorbito dalla costituzione in giudizio.
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Quanto alla prova dell’effettiva stipula del contratto di cessione e dell’inclusione del credito in questione nel perimetro della cessione, l’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione di crediti in blocco è idoneo a dimostrare la legittimazione attiva della cessionaria se contiene l’indicazione, necessaria e sufficiente, delle caratteristiche oggettive dei crediti ceduti, che permettano di individuare con certezza che il credito in contestazione è ricompreso nell’oggetto della cessione. Nel caso in esame, l’avviso pubblicato era preciso nell’includere nel perimetro della cessione tutti i rapporti bancari a sofferenza stipulati in un determinato arco temporale; inoltre era stato espressamente indicato il link presso il quale rinvenire l’elenco dei crediti ceduti. Nell’elenco delle posizioni cedute, pubblicato assieme all’avviso di cessione sul sito web, viene indicato il numero NDG corrispondente all’anagrafica del debitore riportato sulla proposta contrattuale allegata al mutuo e prodotta in giudizio unitamente al titolo esecutivo. Inoltre, la dichiarazione sottoscritta dalla cedente che attesta che il credito è stato da lei ceduto alla cessionaria rappresenta una prova liquida, che conferma la titolarità della posizione soggettiva azionata dalla cessionaria, non avendo alcun interesse la cedente a rendere una dichiarazione a sé contraria[6].
A tal proposito, anche la Corte di Cassazione ha affermato che “non può neppure esservi un ostacolo a che la stessa prova della cessione avvenga con documentazione successiva alla pubblicazione della notizia in Gazzetta Ufficiale, offerta in produzione nel corso del giudizio innescato proprio dall’intimazione al ceduto notificata dal cessionario”, ed in particolare che “la dichiarazione del cedente infine notiziata dal cessionario intimante al debitore ceduto con la produzione in giudizio, al pari della disponibilità del titolo esecutivo, era un elemento documentale rilevante, potenzialmente decisivo”[7]. Nel caso in esame, la dichiarazione della cedente, debitamente sottoscritta da un funzionario identificato, è precisa ed univoca nell’indentificare il mutuo e il debitore.
Ne deriva che, pur non avendo la convenuta fornito prova diretta della titolarità del credito mediante la produzione del contratto di cessione, la stipula del contratto e l’inclusione nel perimento negoziale dello specifico credito oggetto di causa debbono ritenersi provate mediante presunzioni gravi, precise e concordanti. Quanto all’esistenza di un’effettiva operazione di cartolarizzazione, devono ritenersi presunzioni gravi precise e concordanti la pubblicazione dell’operazione in G.U. e la qualità del cessionario di società veicolo ex art. 106 TUB. Inoltre, la mancanza di una effettiva operazione di cartolarizzazione non pare idonea ad inficiare di nullità la procura conferita a (o il negozio di cessione), quanto piuttosto comporterebbe l’operatività dell’art. 1264 c.c. e, quindi, l’onere di notifica della cessione al debitore ceduto ai fini dell’opponibilità, questione tuttavia che non è stata sollevata in questa sede. Difatti, per le medesime ragioni espresse dalle recenti pronunce della Corte di Cassazione, la mancata emissione, “a valle”, di strumenti finanziari da parte della società cessionaria non è idonea a ripercuotersi, “a monte”, sulla validità della (previa) stipula del contratto di cessione, intervenuta tra due soggetti legittimati a contrarre (banca e società veicolo iscritta all’albo ex art. 106 TUB).
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[1] “Per espressa previsione normativa (art. 2, comma 6 legge 130/1999) il ruolo di servicer in operazioni di cartolarizzazione può essere assunto esclusivamente da banche o intermediari iscritti nell’albo ex art. 106 TUB. Non sarebbe pertanto in linea con il dettato normativo il conferimento da parte del dell’incarico di servicer (tanto per i servizi di riscossione, quanto di verifica della conformità dell’operazione alla legge e al prospetto informativo) ad un soggetto diverso da quelli sopra richiamati”: così, nota a chiarimenti del 24.07.2023, pagg. 15-16.
[2] Cfr. nota a chiarimenti del 24.07.2023, pagg. 15-16.
[3] Il riferimento è a Cass. 17 maggio 2024, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione in blocco di crediti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Tribunale di Brindisi. – Diritto del Risparmio, 17 maggio 2024.
[4] Il riferimento è a Trib. Brindisi, 16 aprile 2024, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione crediti, iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e possibile “anticomunitarietà” del contratto: il Tribunale di Brindisi rimette alla Corte Suprema di Cassazione. – Diritto del Risparmio, 18 aprile 2024.
[5] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio, 19 marzo 2024.
[6] Cfr. App. Milano, Sez. I, 24.01.2023; App. Venezia, Sez. II, 02.01.2023, n. 3.
[7] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 16 aprile 2021, n. 10200, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione. – Diritto del Risparmio, 20 aprile 2021.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it