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Nota a ACF, 25 ottobre 2023, n. 6938.

Segnalazione a cura dell'Avv. Umberto Del Pesce.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, parte ricorrente deduceva, nell’ambito di due operazioni di acquisto di titoli obbligazionari, l’inadempimento degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza, da parte dell’Intermediario resistente. In particolare, veniva imputato all’Intermediario di aver avuto un ruolo attivo e sostanzialmente consulenziale nella scelta degli strumenti finanziari su cui investire. A tal riguardo, deve essere rilevato che, se, da un lato, i due contratti-quadro sottoscritti tra le parti prevedono anche la prestazione del servizio di consulenza, dall’altro lato, nei moduli dispositivi degli investimenti dedotti in lite risulta indicato che l’operatività di che trattasi non è stata oggetto di un preventivo consiglio personalizzato, ma è stata autonomamente richiesta dall’istante. In ogni caso, la circostanza che l’Intermediario abbia in concreto reso, in entrambi i casi, una valutazione di adeguatezza consente di superare, nella sostanza, la questione.

Ciò precisato e facendo riferimento alle questioni relative alla profilatura e alle valutazioni di adeguatezza/appropriatezza, nel fascicolo sono presenti tre interviste di profilazione, datate 5 gennaio 2006, relative a ciascuno dei ricorrenti e tra loro identiche, non sottoscritte (ma, sostanzialmente, riconosciute in atti), nelle quali è indicato l’obiettivo di investimento di sviluppare il patrimonio volendo ottenere un incremento significativo dello stesso, accettando il rischio di perdite parziali, l’aver investito in obbligazioni e/o prodotti a capitale garantito, il fatto di seguire occasionalmente i mercati finanziari ed il ritenere gli investimenti in titoli azionari possibili in quantità contenute. È stato depositato in atti anche il riepilogo delle domande e risposte rilasciate alle interviste di adeguatezza di appropriatezza in data 24 novembre 2015 (successivamente al primo investimento). Nel documento di raccolta delle informazioni per l’adeguatezza, la prima domanda è volta a individuare quale tra i tre cointestatari si intende prendere a riferimento, e la scelta è ricaduta sul ricorrente odierno, al quale può ritenersi riferita anche la situazione finanziaria ivi rappresentata; nella sezione “obiettivi di investimento”, l’istante ha dichiarato di attendere dai propri investimenti un’elevata oscillazione del capitale con un rendimento atteso e rischio di perdita elevati, in un’ottica di lungo periodo. Nell’intervista per l’appropriatezza, poi, egli ha rappresentato di aggiornarsi settimanalmente sull’andamento dei mercati finanziari e risulta aver risposto correttamente alle domande volte a vagliare la sua conoscenza in materia finanziaria.

In caso di rapporti cointestati, la scelta di uno solo dei soggetti come termine di riferimento della profilatura e della conseguente verifica di adeguatezza, può ritenersi legittima a condizione che essa abbia formato oggetto di un accordo frutto di apposita negoziazione tra le parti[1] e che l’intermediario abbia predisposto, a monte, adeguate procedure che garantiscano che la citata scelta di uno solo dei cointestatari sia compiuta su basi oggettive e razionalmente giustificabili[2]. In ogni caso, tale scelta non deve essere tale da pregiudicare in maniera eccessiva gli interessi degli altri investitori contraenti e, in particolare, di quelli in posizione più debole e l’intermediario, in mancanza di un diverso accordo tra i cointestatari, deve profilarli tutti e poi svolgere la relativa valutazione di adeguatezza o appropriatezza tenendo conto del profilo “più conservativo”[3].

Nella fattispecie in esame, il contraente più debole risulta fosse la ricorrente-cointestataria, alla quale, anche in ragione dell’età (ultrasettantenne), non poteva dirsi confacente un obiettivo di lungo periodo, né la preferenza per un’oscillazione elevata del capitale investito, con relativa attesa di rendimenti o perdite elevati. In relazione a tale specifico aspetto, la condotta dell’Intermediario non può, dunque, dirsi esente da censure, ancor più gravi ove si consideri che trattavasi di profilatura ben risalente nel tempo.

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Per quanto concerne la composizione del dossier a valere sul quale è stato disposto l’acquisto delle obbligazioni MPS, esso era inizialmente composto da un titolo emesso dall’Intermediario di circa 110.000,00 euro (con Kilovar pari a 23 nel 2012, e 17 nel 2013) ed un titolo del settore telefonia per circa 22.000,00 euro (con Kilovar pari a 19 nel 2012, e 21 nel 2013), a cui poi si è aggiunto un fondo comune di investimento di circa 50.000 euro (con Kilovar pari a 18 nel 2013). Nel 2014, oltre alle obbligazioni in lite, per cui è indicato un Kilovar pari a 39, il fondo è stato rimborsato e si sono aggiunti nove altri fondi comuni di investimento, due dei quali in dollari statunitensi, per un valore complessivo di circa 180.000,00 euro (alcuni dei quali, per circa 50.000,00 euro, risultano contabilizzati prima dell’operazione de quo) e quasi tutti (tranne uno) con un Kilovar superiore a 27.

All’esito della valutazione di adeguatezza dell’operazione, l’Intermediario confermava laconicamente che, a seguito dell’operazione, il portafoglio dei clienti sarebbe rimasto inadeguato (come già affermato in precedenza) per eccesso di concentrazione; non si rintracciano, pur tuttavia, elementi di valutazione esplicativi e informazioni specifiche relative all’operazione qui controversa, che sarebbe stato utile invece per i clienti acquisire previamente, non foss’altro che per rendere per loro chiaro che la messa in esecuzione dell’investimento non avrebbe arrecato benefici in termini di riduzione del livello di concentrazione.

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L’acquisto delle seconde obbligazioni in data 21 settembre 2016 (Astaldi) è stato valutato alla luce delle successive interviste, sempre del ricorrente, del novembre 2015, le quali risultano complessivamente scarne e non idonee a raccogliere compiutamente il profilo del cliente, in particolare per la mancata rilevazione di informazioni in merito alla sua effettiva esperienza in materia finanziaria, aspetto ovviamente di assoluto rilievo per la valutazione di appropriatezza. In occasione delle nuove operazioni, l’Intermediario rappresentava, sempre piuttosto laconicamente, l’eccesso di concentrazione, senza accompagnare il giudizio con indicazioni o consigli specifici sull’opportunità o meno di eseguire l’operazione. Neppure tale valutazione di adeguatezza risulta dunque sufficientemente circostanziata e corredata dei necessari elementi informativi esplicativi, atteso che con essa si evidenzia una problematica di concentrazione già sussistente e si indica che a seguito dell’operazione essa continuerà a sussistere, ma, a ben vedere, non è dato cogliere da essa quale sia il giudizio specifico sull’operazione, ovvero se essa avrebbe in sé aggravato, attenuato o lasciato inalterata la criticità.

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Passando all’esame delle censure relative al rispetto degli obblighi informativi, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza arbitrale, l’Intermediario è tenuto a dimostrare di aver assolto gli obblighi informativi precontrattuali “in concreto” e non in modo meramente formalistico, in quanto solo il loro effettivo assolvimento può consentire al cliente di valutare le reali caratteristiche dell’operazione e conseguentemente permettergli di compiere una consapevole scelta d’investimento[4].

Nel caso di specie, dai documenti in atti risulta che i suddetti obblighi sono stati soltanto parzialmente adempiuti. Per quanto riguarda le obbligazioni MPS, le informazioni contenute nel modulo d’ordine e nell’esito della valutazione di adeguatezza rappresentano il titolo come “obbligazione estera ordinaria subordinata”, indicano la sigla “NR” nel campo relativo al rating, che l’Intermediario ha indicato significare “no rating” ed un Kilovar pari a 40. Nel documento con cui è stata resa la valutazione di adeguatezza viene precisato che il Kilovar è una misura statistica del rischio degli investimenti adottata dall’Intermediario, in una scala da 1 a 1.000, e che la rischiosità di un 10 investimento è da considerarsi alta (grado massimo della scala di riferimento) laddove detto Kilovar sia superiore a 28.

Ebbene, in fattispecie consimili, è stata reiteratamente affermata l’importanza che l’intermediario prestatore di servizi d’investimento richiami l’attenzione del cliente, al momento dell’investimento, sulle particolari caratteristiche che connotano lo strumento finanziario, tra cui, in particolare, la eventuale presenza di una clausola di subordinazione, in quanto essa determina quantomeno un rischio più elevato di perdita del capitale[5]. Del che, però, non si riscontra alcuna idonea evidenza in atti.

Per quanto concerne le seconde obbligazioni, le informazioni contenute nel modulo d’ordine e nell’esito della valutazione di adeguatezza rappresentano il titolo come “obbligazione estera ordinaria”, con rating B (che la legenda presente nella stessa pagina indica essere speculativo), e con un Kilovar pari a 8 (che, secondo la relativa legenda, corrisponde ad un livello di rischiosità medio-bassa). Il resistente ha versato nel fascicolo istruttorio una scheda prodotto, sottoscritta da parte Ricorrente, in cui risultano descritte le caratteristiche dell’emissione, comprese le possibili date e condizioni di rimborso anticipato e la facoltà di richiedere il rimborso (clausole put e call), nonché l’indicazione espressa del fatto che il rating fosse di tipo speculativo.

Ad avviso del Collegio sono fondate le contestazioni di parte ricorrente, ove si duole di aver ricevuto, in corso di rapporto, un’informazione contraddittoria sui titoli in lite, atteso che la rendicontazione periodica ricevuta rappresentava l’andamento decrescente del valore dello strumento nel tempo ma, contestualmente, assegnava un Kilovar in costante miglioramento, che corrispondeva, secondo la legenda dell’Intermediario, ad un livello di rischiosità dell’investimento classificato come basso. Il che non poteva non essere considerata un’informativa dal tenore quantomeno potenzialmente decettivo.

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In conclusione, ritenuti accertati i fatti contestati per quanto e nei termini sopra esplicitati, venendo alla quantificazione del danno occorso, con riferimento all’operatività sulle obbligazioni MPS, sulla base dei principi applicati in casi analoghi, il risarcimento da riconoscersi a favore degli odierni ricorrenti pari, in linea capitale, alla differenza tra il controvalore dell’investimento, quanto percepito a titolo di cedole durante il rapporto e il controvalore delle azioni post conversione coattiva, al momento della loro riammissione a quotazione nell’ottobre 2017[6].

Con riferimento alle obbligazioni Astaldi, in linea con decisioni già assunte su analoghe fattispecie, deve essere riconosciuto un risarcimento commisurato alla valorizzazione delle stesse al momento della prima giornata di quotazione successiva alla diffusione del comunicato stampa sulla domanda di concordato preventivo dell’emittente del settembre 2018.

 

 

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[1] In tal senso, non può ritenersi tale la risposta resa, da uno dei cointestatari del rapporto, all’intervista da lui solo rilasciata e sottoscritta, mancando la prova del fatto che tale scelta fosse condivisa da tutti i soggetti interessati.

[2] Cfr. ACF, 22.08.2023, n. 6727.

[3] Cfr. ACF, 13.07.2023, n. 6692.

[4] V. da ultimo ACF, 29.09.2023, n. 6859.

[5] V. ACF, 22.07.2022, n. 5679.

[6] Ovverosia, allorquando parte ricorrente ben avrebbe potuto porre in essere (ex art. 1227 c.c.) comportamenti attivi funzionali a mitigare l’entità del danno occorso.

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