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Nota a App. Lecce, Sez. Taranto, 24 settembre 2024, n. 328.

Massima redazionale

Nel caso di specie, parte appellante ha censurato la decisione del primo giudice, che ha ritenuto l’intermediario finanziario inadempiente agli obblighi informativi, sul medesimo incombente, nonostante la corretta profilatura dei due clienti e le segnalazioni riportate nei tre ordini effettuati.

Orbene, gli obblighi informativi degli intermediari finanziari sono esaustivamente indicati e specificati nell’art. 21, commi 1 e 1bis, art. 21 TUF e nel Reg. Consob n. 16190/2007 (in particolare gli artt. 26, 27, 28, 39 e 40); dalla richiamata normativa discende l’obbligo di verificare preliminarmente a quale categoria appartenga il cliente (cliente professionale, operatore qualificato o cliente al dettaglio) e di controllare l’adeguatezza ed appropriatezza dell’investimento, attraverso la raccolta delle informazioni, in merito:

  1. a) alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo di strumento o di servizio;
  2. b) alla situazione finanziaria;
  3. c) agli obiettivi di investimento.

Ebbene, a parere della Corte territoriale, l’inesatto adempimento di tali obblighi è comprovato dalla scollatura rinvenibile tra i dati raccolti dalla banca e i risultati espressi nella scheda finanziaria dei due clienti, allegata al contratto-quadro, risultando inadeguata la capacità dell’intermediario di valutare correttamente il grado di esperienza e la effettiva capacità degli stessi di comprendere le caratteristiche del prodotto in procinto di acquistare, ovverosia delle azioni non quotate

Invero, pur correttamente classificati come meri clienti al dettaglio, veniva associato un profilo di esperienza di tipo ALTA[1], nonostante gli stessi, al quesito “svolge o ha svolto in passato, un’attività lavorativa per la quale ritenere di avere conoscenze/esperienze in ambito finanziario” avessero risposto di NO e nonostante gli stessi al quesito “In quale dei seguenti strumenti finanziari ha già investito?” avessero risposto “obbligazioni semplici (ad esempio titoli di stato), obbligazioni strutturate, polizze index/unit linked, fondi sicav, gestioni patrimoniali, azioni (ma solo ordinarie)”, ed avessero dichiarato di non conoscere strumenti finanziari quali i fondi comuni di investimento chiusi, gli warrans, le opzioni, i futures ed i derivati OTP, evidenziando pertanto di non aver mai acquistato strumenti finanziari assimilabili a quelli oggetto di acquisto, di aver investito in obbligazioni semplici o strutturate, e che non richiedevano una gestione da parte loro.

Ancora, anche le altre informazioni raccolte, in ordine al rischio di mercato non sono coerenti con il livello di esperienza e conoscenza del mercato finanziario attribuito agli attori e, comunque, approdano a valutazioni finali contraddittorie ed incoerenti; infatti, nonostante entrambi i coniugi avessero dichiarato di volersi assumere un rischio MEDIO, desiderando incrementare il proprio capitale in maniera sensibile, veniva loro attribuito un obiettivo di investimento – rischio di mercato di tipo 6 “elevata rivalutabilità[2] e agli stessi veniva proposto di acquistare le azioni oggetto di controversia, che, essendo azioni al di fuori dei mercati regolamentati, non possono essere considerati strumenti finanziari con media probabilità di perdite in conto capitale, ma piuttosto strumenti finanziari con media o alta o elevata probabilità di perdite in conto capitale e/o con scarsa liquidità, sì coerenti con il profilo di maggior valore loro assegnato (il 6), ma non certo con il rischio medio di mercato che avevano dichiarato di essere disponibili ad assumersi, né con la dichiarata ignoranza di strumenti finanziari molto rischiosi e con la dichiarata conoscenza di strumenti finanziari come le azioni ordinarie e di risparmio, ma non certo con le azioni non quotate.

Inoltre, la verifica di adeguatezza della banca deve essere effettuata in occasione dell’acquisto di ogni singolo prodotto, affinché il cliente presti il consenso all’esecuzione dell’operazione proposta in modo consapevole. Se tali operazioni comportano l’assunzione di rischi elevati, prima di effettuare tali tipologie di operazioni, l’investitore (specie il cliente al dettaglio) deve assumere tutte le informazioni rilevanti sulle medesime, le norme applicabili ed i rischi conseguenti. Ebbene, nella specie, non è stata data adeguata prova che la Banca abbia comunicato ai clienti le precipue caratteristiche, in particolare la illiquidità dei prodotti venduti. Più nello specifico, è premura del Collegio tarantino evidenziare come:

  • nell’ordine di acquisto del maggio 2010, il prodotto finanziario è indicato come mera “azione”, con l’indicazione della Banca emittente, e la dicitura “conflitto di interesse […]”. Non solo alcun cenno è fatto alla illiquidità del prodotto, che è non quotato, e quindi insuscettibile di essere scambiato in un mercato regolamentato, con conseguente difficoltosa monetizzazione e recupero della somma investita, atteso che il loro riacquisto avrebbe potuto essere effettuato solo dalle stesse banche del gruppo emittente, non tenute in ogni caso a comprarle, ma, la mera locuzione relativa alla sussistenza di un conflitto di interessi non appare affatto sufficiente a rendere l’investitore concretamente consapevole delle conseguenze sulla sicurezza dell’operazione di investimento prescelta, in particolare in ragione della peculiare asimmetria sussistente tra la sua posizione contrattuale.
  • Nell’ordine di acquisto del gennaio 2013, le obbligazioni convertibili acquistate sono state segnalate dall’intermediario come titoli non quotati; negoziate in un regime di “execution only”; orbene, non risulta esserci un adeguato ordine scritto da parte degli attori, in cui si dà atto delle specifiche avvertenze ricevute dall’intermediario, ed in particolare della natura illiquida delle predette azioni, caratterizzate dalla difficoltà di smobilizzo a condizioni significative e dalla difficoltà che tanto potesse avvenire entro un lasso di tempo ragionevole. Per converso, l’ordine di acquisto è criptico e per nulla esplicativo, in quanto si dà atto che si esegue la verifica di adeguatezza tra strumento finanziario e le informazioni rilasciate dal cliente con il questionario MIFID, ma non si dà indicazione dell’esito di tale verifica e meno che mai delle ragioni dello stesso, ma solo che trattasi di titolo non quotato, senza alcuna altra indicazione significativa sulla conseguente difficoltà di smobilizzo e dei tempi stessi dello smobilizzo.
  • Nell’ordine di acquisto del luglio 2014, viene segnalata la illiquidità del titolo, nonché l’inadeguatezza dell’operazione e l’attestazione di esecuzione su iniziativa del cliente, con superamento del test di appropriatezza, ma tali espressioni non dimostrano che i coniugi siano stati effettivamente edotti del loro significato, poiché a fronte di tali risultati (inadeguatezza dell’operazione) l’investitore avrebbe dovuto consigliare agli stessi, meri clienti al dettaglio, e tenuto conto della loro effettiva conoscenza degli strumenti finanziari e del loro obiettivo di rischio (medio), di desistere dall’investimento, in quanto non appropriato, eventualmente dirigendo il loro interesse verso altre più sicure forme di investimento.

 

 

 

 

 

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[1] Si badi, il massimo su una scala di valori da 1 a 4.

[2] Si badi, pari al massimo in una scala di 1 a 6.

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