Nota a App. Messina, Sez. I, 23 dicembre 2022, n. 853.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta”[1].
Nel caso in esame, a fronte di un mancato riconoscimento, deve essere accolta l’eccezione svolta dall’appellato, nella comparsa di risposta, attinente al difetto di legittimazione, per difetto di prova dell’inserimento del credito per cui vi è controversia. Trattasi, peraltro, di questione rilevabile anche d’ufficio.
Ciò premesso, la Corte messinese evidenzia come la mera indicazione dei dati della cessione in blocco, come riportati nella copia della Gazzetta Ufficiale, prodotta dalla parte, non consente di verificare se il credito oggetto di lite sia incluso nella stessa cessione, rendendosi, a tal fine, necessario il contratto di cessione[2] (non prodotto, nella fattispecie).
Peraltro, nell’estratto della Gazzetta Ufficiale non figura la specifica individuazione dei debitori, facendosi unicamente e genericamente riferimento ai debitori classificati “in sofferenza”; testualmente: «…comunica che in data 23 dicembre 2019 ha concluso un contratto di cessione pro soluto, con effetti economici alla data del 30 settembre 2019,…di tutti i crediti derivanti da finanziamenti erogati in diverse forme tecniche, vantati verso debitori classificati come in sofferenza, nel periodo tra il mese di ottobre 1983 e il mese di agosto 2019, come risultanti da apposita lista cui è indicato, con riferimento a ciascun debitore ceduto, il codice identificativo del rapporto da cui ha avuto origine uno o più dei crediti vantati dai Cedenti nei confronti del relativo debitore ceduto.».
Di tal guisa, il mero deposito della pubblicazione di un avviso del tenore letterale riportato non fornisce indicazioni bastevoli ad accertare che il credito oggetto di causa fosse stato effettivamente incluso nell’operazione di cessione in blocco, oggetto di contestazione. D’altra parte, l’annotazione dell’atto di cessione nel Registro delle imprese non è rilevante ai fini della prova della titolarità, dal momento che tali adempimenti pubblicitari sono funzionali ad altri e diversi scopi; invero, «una cosa è l’avviso della cessione necessaria ai fini dell’efficacia del trasferimento, un’altra cosa è la prova della esistenza di un contratto di cessione e del suo specifico contenuto»[3], che, come rilevato, avrebbe dovuto essere offerta al momento della proposizione dell’appello, con la produzione del contratto di cessione.
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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 5 novembre 2020, n. 24798; Cass. Civ., n. 5857/2022.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, n. 12739/2021.
[3] Cfr. n. 2780/2019.
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