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Nota a Trib. Taranto, 24 febbraio 2022, n. 488.

di Antonio Zurlo

 

Sulla difformità TAEG/ISC.

Con la recente sentenza in oggetto, il Tribunale tarantino evidenzia come solo nel caso di credito al consumo l’art. 125bis TUB preveda espressamente la nullità della clausola relativa agli interessi e la sostituzione con quelli di legge, laddove sia stato omesso o sia stato indicato in modo “fallace” il TAEG (letteralmente, quando l’indicazione dei costi in contratto sia in contrasto con il TAEG pubblicizzato prima della stipula). Nella specie, non trattandosi si un contratto di credito al consumo, è applicabile unicamente l’art. 117 TUB.

Il testo del contratto dedotto in giudizio riporta le indicazioni delle condizioni praticate, anche dei maggiori oneri applicabili in caso di mora, non ricorrendo, quindi, la fattispecie descritta ai commi 4 e 7 del prefato articolo. Peraltro, dall’art. 117, comma 4, TUB non si desume che, in caso di errata indicazione della percentuale del TAEG/ISC in sé considerata debba conseguire la nullità della clausola; è, altresì, dubbio che l’art. 125bis TUB (previsto, come detto, in tema di credito al consumo) preveda tale conseguenza per il solo fatto che il TAEG sia erroneo nella sua indicazione percentuale.

 

Sulla (in)determinatezza del tasso EURIBOR.

Il riferimento al tasso EURIBOR, per il periodo in cui il tasso variabile avrebbe trovato applicazione, non implica la violazione dell’art. 1346 c.c., dal momento che si tratta di un rinvio per relationem a una fonte della quale è possibile ricavare la percentuale e anche l’ora del giorno della quotazione da prendere in considerazione. Peraltro, nella perizia di parte, veniva supportata la nullità del tasso de quo poiché determinato sulla base di un cartello da considerare illecito, illiceità trasfusa “a valle” anche sulla clausola relativa agli interessi. A giudizio del Tribunale di Taranto non è ipotizzabile un parallelismo analogico con la recente statuizione delle Sezioni Unite in tema di fideiussione omnibus, laddove si è ipotizzato un “collegamento funzionale” di tal guisa; invero, nel caso del tasso EURIBOR, rileva unicamente la determinabilità o meno del tasso pattuito, senza il compimento di ulteriori indagini.

 

Sull’anatocismo da ammortamento “alla francese”.

Da ultimo, in tema di ammortamento c.d. “alla francese”, il giudice tarantino condivide la tesi per cui occorra un quid pluris per poter configurare una forma di anatocismo vietato, ai sensi dell’art. 1283 c.c., ovverosia che l’obbligazione relativa agli interessi sia scaduta e su questa siano applicati ulteriori interessi. Ciò non sembra accadere nel caso di ammortamento “alla francese”, nel quale la rata costante prevede all’inizio del piano una quota capitale più bassa (e, quindi, un vantaggio per la banca rappresentato dalla maggiore porzione di interessi incassati), ma tale circostanza non pare possa tradursi in una forma vietata di anatocismo.

 

Qui la sentenza.

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