Nota a Trib. Brindisi, 5 dicembre 2023.
«Est modus in rebus, sunt certi denique fines
quos ultra citraque nequit consistere rectum»
C’è una giusta misura nelle cose, ci sono giusti confini
al di qua e al di là dei quali non può sussistere la cosa giusta
(Quinto Orazio Flacco)
Il Tribunale di Brindisi, con la recentissima ordinanza in oggetto, inaugura quella che potrebbe, prima facie, sembrare una nuova tesi interpretativa sull’atteggiarsi dell’onere probatorio nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti in blocco; un terzo filone ermeneutico, tra l’indirizzo definito “semplificatorio” e quello della “prova documentale diretta”, che rappresentano i due antipodi e che necessiterebbero di una reductio ad unum (già auspicata) da parte del massimo consesso della giurisprudenza di legittimità. Si battezza una sorta di via mediana, di tacitiana memoria, che, per quanto innovativa (anche considerando l’assenza di riferimenti a pronunciamenti pregressi, nel testo dell’ordinanza, a differenza delle due tesi più “estreme”) pare risolversi, con la proposta enucleazione di un variegato elenco di elementi asseritamente sintomatici (dell’intervenuta cessione) nella specificazione di quelle ricostruzioni che quasi contingentano (se non, addirittura, stigmatizzano) le esigenze di «semplificazione probatoria», imposte «dalla logica dell’istituto» (riaffermate dalla più recente giurisprudenza di legittimità).
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Premessa sistematica è la rilevabilità d’ufficio del diritto ad agire in executivis. Ebbene, la ricorrenza della titolarità attiva del credito azionato rappresenta un profilo suscettibile di essere rilevato ex officio[1], in quanto riconducibile al novero degli elementi costitutivi del diritto sottostante al titolo esecutivo. Nihil sub sole novum. Ne consegue che, sotto il profilo dell’onere della prova, la titolarità, essendo elemento costitutivo della domanda (e attenendo al merito della decisione), debba essere allegata e comprovata dall’attore (salvo il riconoscimento da parte del convenuto).
Ciò posto, la cessione dei crediti in blocco, ai sensi dell’art. 58 TUB, introduce un meccanismo derogatorio, rispetto all’impianto codicistico, consentendo (e prevedendo) che la Banca cessionaria dia «notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana» e che, altresì, «Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del codice civile». In altri termini, è previsto un meccanismo formale di pubblicità succedaneo ed equipollente, atto a preservare quelle «semplici modalità comunicative, idonee a realizzare una funzione di partecipazione conoscitiva».
Il giudice brindisino evidenzia, difatti, come «l’innovativa modalità pubblicitaria, con effetti meramente dichiarativi e non costitutivi, ha una chiara finalità semplificatoria delle cessioni in blocco», con il legislatore che, nel bilanciamento tra efficienza e velocità delle operazioni di cessione, da un lato, e conoscibilità dell’atto, dall’altro, ha propeso per le prime, anche in precipua considerazione dell’agevole consultabilità della Gazzetta Ufficiale.
Si apre, quindi, il dilemma del contenuto dell’onere probatorio della cessione.
La prova della cessione può, innanzitutto, avvenire anche con documentazione successiva alla pubblicazione della notizia in Gazzetta Ufficiale, prodotta a giudizio già pendente, a condizione che la cessione sia stata posta in essere prima della notifica al ceduto dell’intimazione opposta[2].
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Per l’indirizzo apostrofato “semplificatorio”, rappresentato anche dal più recente pronunciamento in seno alla giurisprudenza di legittimità[3], è bastevole, ai fini della prova del fatto storico dell’avvenuta cessione, la produzione dell’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, recante l’indicazione, per categorie, dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra, ad adiuvandum, «una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano d’individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione». Nella specie, gli ermellini, dopo aver riproposto le istruzioni di Banca d’Italia[4] per cui per “rapporti giuridici individuabili in blocco” devono intendersi i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo”, chiarendo che lo stesso «può rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti», hanno evidenziato come la possibilità di fare riferimento alle caratteristiche dei rapporti ceduti, quale criterio per l’individuazione dell’oggetto del contratto, non rappresenti un’anomalia rispetto alla disciplina generale dettata dall’art. 1346 c.c., il quale, prescrivendo che l’oggetto del contratto dev’essere “determinato o determinabile”, non richiede che lo stesso sia necessariamente indicato in maniera specifica, a condizione che esso possa essere identificato con certezza sulla base di elementi obiettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto[5]. La conseguenza è pressoché necessitata: in caso di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 TUB, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano d’individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, sicché, ove i crediti ceduti sono individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base all’origine entro una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze in conformità alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, il giudice di merito ha il dovere di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di origine dello stesso e alle altre caratteristiche del rapporto, quali emergono delle prove raccolte in giudizio, la pretesa azionata rientri tra quelle trasferite alla cessionaria o sia al contrario annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione.
Parte della giurisprudenza di merito si è posta senza soluzione di continuità con questa che, a ragione, potrebbe scientemente definirsi alla stregua di bastevolezza “ponderata” dell’avviso in Gazzetta Ufficiale[6].
A giudizio del Tribunale, tale orientamento sosterrebbe una sovrapposizione ingiustificata tra il piano della prova della pubblicità e quello dell’avvenuto perfezionamento della traslazione del credito, non potendosi, al contempo, sottacere «il carattere estremamente generico e impreciso di molti avvisi che si limitano a locuzioni laconiche come “sono ceduti tutti i rapporti giuridici in blocco”. Ciò, senza alcuna analitica descrizione dell’oggetto della cessione». Anche questo passaggio desta alcune perplessità, dal momento che è la stessa Prima Sezione Civile, nella summenzionata ordinanza, a occuparsi di perimetrare, funditus, la bastevolezza dell’avviso, elidendone dalla casistica proprio la genericità del contenuto, così come, d’altronde, è lo stesso giudicante, in un passaggio immediatamente successivo, a evidenziare. Insomma, omogeneità (dei crediti ceduti, nda) non può diventare sinonimo di genericità (dell’avviso di cessione, nda); nulla quaestio.
Ulteriore corollario della intelligibilità dell’avviso di cessione è la comprensibilità sia materiale-grafica, sia semantico-linguistica, con la stigmatizzazione della prassi di ricorrere a codici interni dell’intermediario, di semplificazione delle procedure di individuazione e gestione delle singole pratiche; tali sintesi alfanumeriche (il c.d. “NDG”, su tutte) sarebbero asseritamente «di difficile comprensione» per il cliente, perché prive di immediatezza nel riscontro[7].
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Diametralmente opposta è la soluzione, descritta come maggioritaria, che vincola la prova della cessione al più tradizionale canone della produzione del testo contrattuale, con la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale derubricata ad elemento ancillare, di carattere meramente indiziario, stante la struttura informativa minimale[8]. L’adempimento pubblicitario, al netto del suo contenuto specifico, non sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza della cessione, in quanto non ne prova il perfezionamento della fattispecie traslativa, non produce il relativo effetto, né, tantomeno, ha valenza costitutiva o può sanare eventuali vizi dell’atto[9]. Che l’onere di comprovare l’inclusione del credito azionato nel novero di quelli ceduti in blocco debba essere ascritto in capo al creditore-attore non pare possa dubitarsi. Tra la copiosa giurisprudenza di merito, merita un richiamo anche l’ordinanza n. 17944, del 22 giugno 2023 (non richiamata nell’ordinanza annotata), sebbene “smentita” dalla successiva pronuncia n. 21821/2023, per cui «In caso di azione (di cognizione o esecutiva) volta a far valere un determinato credito da parte di soggetto che si qualifichi cessionario dello stesso, occorre distinguere: la prova della notificazione della cessione da parte del cessionario al debitore ceduto, ai sensi dell’art. 1264 c.c., rileva al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente ed è del tutto estranea al perfezionamento della fattispecie traslativa del credito; quest’ultima, laddove sia oggetto di specifica contestazione da parte del debitore (e solo in tal caso), deve essere oggetto di autonoma prova, gravante sul creditore cessionario, anche se la sua dimostrazione può avvenire, di regola, senza vincoli di forma e, quindi, anche in base a presunzioni. Tali principi valgono anche in caso di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari a tanto autorizzati, ai sensi dell’art. 58 T.U.B.. In tale ipotesi (e solo per tali specifiche operazioni), la pubblicazione da parte della società cessionaria della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale, prevista dal secondo comma della suddetta disposizione, tiene luogo ed ha i medesimi effetti della notificazione della cessione ai sensi dell’art. 1264 c.c., onde non costituisce di per sé prova della cessione. Se l’esistenza di quest’ultima sia specificamente contestata dal debitore ceduto, la società cessionaria dovrà, quindi, fornirne adeguata dimostrazione e, in tal caso, la predetta pubblicazione potrà al più essere valutata, unitamente ad altri elementi, quale indizio. Laddove, peraltro, l’esistenza dell’operazione di cessione di crediti “in blocco” non sia in sé contestata, ma sia contestata la sola riconducibilità dello specifico credito controverso a quelli individuabili in blocco oggetto di cessione, le indicazioni sulle caratteristiche dei rapporti ceduti di cui all’avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale potranno essere prese in considerazione onde verificare la legittimazione sostanziale della società cessionaria e, in tal caso, tale legittimazione potrà essere affermata solo se il credito controverso sia riconducibile con certezza a quelli oggetto della cessione in blocco, in base alle suddette caratteristiche, mentre, se tali indicazioni non risultino sufficientemente specifiche, la prova della sua inclusione nell’operazione dovrà essere fornita dal cessionario in altro modo».
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Tra l’indiziarietà della Terza Sezione e la bastevolezza (per quanto ponderata) della Prima, pare porsi la tesi mediana brindisina, della prova indiretta qualificata, che, scontentando i sostenitori di ambedue gli orientamenti rassegnati (tanto i puristi della semplificazione, quanto quelli della contrattualizzazione della prova), relaziona una serie di elementi documentali sintomatici, che, dalla loro stigmatizzazione in chiave atomistica, sono assoggettati a una sorta di riabilitazione congiunta, stante la loro natura indiziaria; segnatamente:
- l’avviso in Gazzetta Ufficiale, contenente la menzione del credito ceduto, anche per il tramite di indicazioni alfanumeriche (come rilevato, censurate unitariamente);
- carteggi con comunicazione della avvenuta cessione;
- dichiarazioni del cedente (che, reiteratamente, sono state considerate, dalla giurisprudenza di merito, prive di valore probatorio, perlomeno a sé stanti).
In conclusione, il giudice ritiene di non potersi esimere dalla verifica d’ufficio dell’effettiva esistenza del titolo o, perlomeno, di circostanze di fatto, convergenti e univoche, dotate di idonea capacità dimostrativa della circostanza per cui la cessione vi sia veramente stata. Elementi che, nel dispositivo, sono così puntuati:
- estratto autentico dell’atto di cessione (da non confondersi con l’estratto in Gazzetta Ufficiale);
- elementi documentali da cui desumere l’avvenuta cessione;
- avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
- carteggi;
- dichiarazioni della cedente;
- eventuali atti di riconoscimento espresso o tacito dell’esistenza della posizione debitoria.
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In definitiva, se con cento conigli mai si metterà insieme un cavallo, con cento sospetti si metterà insieme una prova.
Con buona pace di Fëdor Dostoevskij.
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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16 aprile 2021, n. 10200, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione, 20 aprile 2021, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione. – Diritto del risparmio.
[3] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 2023, n. 21821, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco e bastevolezza dell’avviso in Gazzetta Ufficiale: il rasoio di Occam della Prima Sezione Civile della Cassazione, 31 luglio 2023, Cessione di crediti in blocco e bastevolezza dell’avviso in Gazzetta Ufficiale: il rasoio di Occam della Prima Sezione Civile della Cassazione. – Diritto del risparmio.
[4] Il riferimento è alla circolare n. 229 del 21 aprile 1999.
[5] Cfr. Cass. n. 31188/2017, che ha cassato la sentenza con la quale il giudice di merito aveva ritenuto insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione, recante l’indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione, omettendo di verificare se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle predette categorie: la Corte, in particolare, dopo aver evidenziato che “la trascrizione dello avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, riportata a corredo del motivo di impugnazione, consente … di rilevare che i crediti ceduti erano individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base alla pendenza ad una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze, conformemente alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, …”, ha, di conseguenza, ritenuto che “non avrebbe dunque potuto sottrarsi il Tribunale al compito di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di chiusura del conto ed alle altre caratteristiche del rapporto, la pretesa azionata rientrasse tra quelle trasferite alla cessionaria (e da quest’ultima trasferite all’attrice, per effetto dell’incorporazione) o fosse annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione”. V., più di recente, Cass. n. 4277/2023, la quale, invece, ha confermato una sentenza con la quale il giudice di merito aveva “ritenuto l’idoneità asseverativa dell’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale … in ordine a plurime circostanze: l’esistenza di una cessione di crediti «in blocco» …, la chiara determinazione dell’oggetto della stessa, riferita ai crediti «in sofferenza», la univoca definizione di siffatta categoria di crediti, l’inclusione nell’àmbito di essa della pretesa creditoria azionata con il contestato precetto”.
[6] Cfr. Trib. Monza, Sez. III, 8 agosto 2023, n. 1823; Trib. Brescia, Sez. II, 4 novembre 2022, n. 2672.
[7] Sul punto, Trib. Catanzaro, 22 novembre 2020.
[8] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 20 luglio 2022, n. 22754; Cass. 2 marzo 2016, n. 4116; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5617.
[9] V. Trib. Napoli Nord, Sez. IV, 14 marzo 2023, n. 1055.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it