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Nota a ACF, 2 maggio 2023, n. 6519.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Oltre alle contestazioni attinenti a violazioni asseritamente poste in essere nella fase genetica degli investimenti, i ricorrenti formulano un rilievo riferibili a inadempimenti non consumatisi istantaneamente al momento dell’esecuzione delle operazioni, ma perpetrati in corso di rapporto; trattasi della doglianza relativa al fatto che l’Intermediario non avesse segnalato l’illiquidità delle azioni in questione neppure negli estratti del conto titoli, che fa evidente riferimento agli obblighi di rendicontazione periodica, ex art. 56 Reg. Intermediari ratione temporis vigente e alla previsione della Comunicazione Consob n. 9019104/2009, in base a cui nel set informativo periodicamente inviato ai clienti doveva essere chiaramente esplicitato (per i prodotti illiquidi) il fair value del prodotto e il presumibile valore di realizzo determinato sulla base delle condizioni applicabili effettivamente al cliente in caso di smobilizzo.

Dall’esame degli estratti del conto titoli periodicamente inviati, dal 12 maggio 2012 in poi, risulta che i rendiconti al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012 non recavano l’indicazione dell’illiquidità dei titoli, corredata dal fair value e dal valore di smobilizzo e che tali informazioni sono state poi inserite a partire dal rendiconto al 31 dicembre 2013. L’omissione informativa contestata riguarda, quindi, solo i rendiconti al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012. In proposito, non può anzitutto convenirsi con la tesi dell’intermediario per cui la Comunicazione Consob del 2 marzo 2009 (in cui sono indicate le informazioni da includere, in caso di prodotti illiquidi, nel set informativo inviato periodicamente ai clienti) non è (neppure astrattamente) applicabile alla sottoscrizione dei titoli in questione, in quanto essa non ha valenza normativa e non riguarda, in ogni caso, i titoli azionari. La predetta Comunicazione, infatti, riguarda tutti i prodotti illiquidi intesi come quei prodotti “che determinano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative, ossia tali da riflettere, direttamente o indirettamente, una pluralità di interessi in acquisto e in vendita” e fornisce un’indicazione meramente esemplificativa della tipologia di prodotti riconducibili a tale definizione, sulla cui base non è sostenibile che i titoli azionari possano, per loro stessa natura, esserne esclusi. Sebbene, poi, detta comunicazione non abbia natura regolamentare, essa assolve comunque (come ammesso dallo stesso Intermediario) una funzione interpretativa, con la conseguenza che essa non impone obblighi aggiuntivi rispetto a quelli già previsti sul piano normativo (nel caso di specie, l’art. 56 del Reg. Intermediari ratione temporis vigente) e la relativa inosservanza costituisce pur sempre inosservanza di obblighi preesistenti, da interpretarsi alla luce della Comunicazione stessa.

L’accertamento di una siffatta violazione presuppone, altresì, più in concreto, che le azioni (pacificamente illiquide a partire dal rendiconto al 31 dicembre 2013) lo fossero già in precedenza e che, quindi, le informazioni correlate alla loro illiquidità dovessero essere già riportate nei rendiconti precedenti e, segnatamente, negli estratti del conto titoli al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012. Al riguardo, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza arbitrale quello per cui «se è vero che la liquidità, cosi come per converso l’illiquidità, di uno strumento finanziario è una situazione di fatto, e che dunque è ben possibile, con riferimento ad un medesimo strumento finanziario, che quella situazione si modifichi nel corso del tempo, sicché uno strumento che prima era liquido divenga illiquido, o viceversa, […] è evidentemente preciso onere dell’intermediario fornire una prova adeguata del fatto contrario, vale a dire del fatto che, invece, […] esisteva la asserita condizione di liquidità»[1]. Nel caso di specie, l’Intermediario si è limitato ad allegare che le azioni erano liquide al momento degli acquisti, senza però provare (e neppure allegare) che tale condizione di liquidità ricorreva – per quel che interessa in questa sede – al momento dell’emissione degli estratti del conto titoli al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012, con la conseguenza che – non avendo dimostrato la liquidità delle azioni – queste ultime devono considerarsi illiquide già prima del 2013 e che, pertanto, l’Intermediario avrebbe dovuto indicarle come tali già nei rendiconti al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012.

Pur a ciò avuto riguardo, dal canto loro gli odierni ricorrenti, su cui incombeva il relativo onere probatorio, non hanno fornito alcun elemento, neppure di natura indiziario, atto a comprovare che essi avrebbero almeno tentato, al tempo, di disfarsi dei titoli ove fossero stati a conoscenza della loro condizione di illiquidità. Per converso, questi si sono limitati ad affermare nel ricorso che, «avendo necessità di disinvestire le azioni a loro intestate […], si sono visti negare tale richiesta, sentendosi rispondere che le azioni erano bloccate e non potevano essere vendute», senza precisare, però, in che circostanze di tempo sono avvenuti tali tentativi di vendita e, in ogni caso, senza fornire alcuna prova al riguardo. Peraltro, il comportamento tenuto dai clienti, dopo essere venuti sicuramente a conoscenza della illiquidità delle azioni, fa, piuttosto, propendere per il contrario, non risultando alcun documentato tentativo di vendita neppure dopo la ricezione dell’estratto del conto titoli al 31 dicembre 2013, che ormai conteneva l’indicazione dell’illiquidità dei titoli, e non avendo neppure ritenuto di aderire all’Offerta Pubblica di Acquisto promossa dall’Intermediario nel 2018 che avrebbe loro consentito di recuperare almeno parte della perdita subita.

Peraltro, assumere che le azioni fossero già illiquide nel 2012, se per un verso consente di ritenere integrata la violazione informativa contestata per avere l’Intermediario omesso di darne indicazione, unitamente alle informazioni di corredo, già nei rendiconti al 30 giugno 2012 e al 31 dicembre 2012, per altro verso non permette di ritenere che la loro eventuale vendita sarebbe andata a buon fine. Comportando la condizione di illiquidità «ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative», è infatti da ritenersi “più probabile che non” che i Ricorrenti, quand’anche avessero tentato di vendere le azioni, non ci sarebbero comunque riusciti proprio in ragione della loro illiquidità, con la conseguenza che l’omissione informativa dell’Intermediario non ha causato alcun danno da mancata vendita, in quanto quest’ultima non avrebbe ragionevolmente potuto in ogni caso realizzarsi. Tale circostanza sembra avvalorata anche da quanto allegato dagli stessi ricorrenti, i quali nel ricorso alludono al fatto che «dal 10/12/2010 la compravendita delle azioni […] è stata definitivamente bloccata».

In conclusione, in ossequio a quanto complessivamente rilevato, il Collegio non può che respingere il ricorso.

 

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[1] V. ex multis ACF, 15 marzo 2023, n. 6411.

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