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Nota a Trib. Verona, 6 ottobre 2020.

di Antonio Zurlo 

 

 

 

 

Con la recente e (secondo la stessa interpretazione autentica) di “natura eccentrica” sentenza in oggetto, il Tribunale di Verona si è espresso a favore dell’inapplicabilità della tutela anticoncorrenziale al soggetto fideiussore, perché non sussumibile nel novero dei destinatari della legge antitrust n. 287/1990.

Più nello specifico, dopo aver rassegnato i principali pronunciamenti intervenuti sull’ormai famigerata questione della (in)validità delle fideiussioni omnibus (conformi allo schema ABI) per violazione della normativa anticoncorrenziale, secondo il giudice veronese, come è dato ricavarsi dalla letteralità del Provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005, la sanzione ivi comminata è da ricondursi all’intenzione di sterilizzare gli effetti pregiudizievoli di una standardizzazione dei testi contrattuali per i clienti delle banche. Ciò premesso, in termini di stretto diritto, la fideiussione integra un atto proveniente dal fideiussore (e non già dalla Banca), che non è cliente dell’Istituto, trattandosi di soggetto evidentemente diverso da quello che usufruisce del credito garantito e, dunque, terzo rispetto allo stesso rapporto principale. Al contempo, la diffusione di un modello di garanzia più gravoso per il garante si traduce in un vantaggio indiretto per lo stesso debitore, che, in considerazione della più stringente garanzia prestata, può addivenire a una concessione del credito più facilmente e a migliori condizioni.

Ne consegue l’impossibilità di condividere la commistione, avvalorata dalla giurisprudenza maggioritaria, tra il cliente della Banca e il suo fideiussore, con quest’ultimo che, a fronte della concessione di un credito, subordinato al rilascio di una garanzia personale, non avrà concretamente modo di scegliere tra più prodotti “fideiussori” in concorrenza quello per sé più favorevole, dal momento che il solo modello di garanzia non rifiutato dalla Banca sarà quello più atto al soddisfacimento del proprio credito.

A giudizio del Tribunale non è meritevole di condivisione l’assunto attoreo per cui «il garante, nell’ipotesi oggetto di causa, vede così svilito il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza» sul presupposto che «tale diritto viene leso tutte le volte in cui viene legittimata l’adozione in contratti bancari di clausole predisposte in attuazione di accordi che violano il libero gioco della concorrenza», per un duplice ordine di motivi; segnatamente:

  • la standardizzazione delle condizioni contrattuali è sostanzialmente inidonea a “menomare” il diritto a una scelta effettiva per il garante, tra prodotti in concorrenza, dal momento che tale diritto non può scientemente ritenersi sussistente in capo a quest’ultimo;
  • la fideiussione non integra un contratto bancario, dovendosi ritenere esclusa dall’assoggettamento alla mediazione obbligatoria e, al contempo, essendo il fideiussore soggetto terzo rispetto al rapporto di credito.

Il giudice veronese conclude, quindi, per la necessità di dover valutare un’eventuale lesione della concorrenza esclusivamente nei confronti del cliente e non anche di quelli del garante, che è terzo non operante in un mercato strictu sensu concorrenziale; ne deriva l’esclusione di quest’ultimo dall’ambito di tutela approntato dalla legge antitrust.

 

 

Qui la pronuncia.