Nota a Cass. Civ., Sez. II, 5 giugno 2024, n. 15685.
Massima redazionale
La Corte d’appello di Bari[1] respingeva i ricorsi proposti avverso la delibera Consob n. 20584, del 13 settembre 2018, emessa all’esito di procedimento ex art. 195 TUF, in seguito ad attività ispettiva della Banca d’Italia e a successiva propria attività di vigilanza. Come noto, mediante tale delibera sono state irrogate sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti della Banca Popolare di Bari soc. coop. p.a., nonché delle persone che ne avevano rivestito cariche amministrative e/o direttive, per la violazione dell’art. 94, secondo comma, TUF, per avere la Banca, nell’ambito delle operazioni di aumento di capitale 2014 e 2015, omesso di riportare nei Prospetti 2014 e 2015 informazioni complete in merito alla determinazione del prezzo di offerta delle azioni BPB, avuto riguardo alle valutazioni formulate dal consulente incaricato di assistere la Banca nella stima del valore delle azioni, così determinando l’impossibilità per gli investitori di acquisire notizie utili al conseguimento di un fondato giudizio sulle azioni offerte.
Più nel dettaglio, quanto al prospetto 2014, non risultavano “incluse, infatti, le informazioni in merito: – alle valutazioni di Deloitte relative ai diversi intervalli di valorizzazione delle azioni emesse da BPB e, in particolare, all’intervallo di valore delle azioni BPB indicato da Deloitte, sulla base di che, …, era a livello allargato compreso tra Euro 7,0 ed Euro 8,0; per altro tali informazioni risultano diverse da quelle relative ai moltiplicatori di mercato concernenti le banche popolari non quotate, incluse nel par. 5.3.1, Sezione Seconda, del Prospetto 2014; – alla circostanza che tale intervallo, compreso tra Euro 7,0 ed Euro 8,0, fosse sensibilmente inferiore rispetto al prezzo, pari ad Euro 9,53, considerato dal Consiglio di Amministrazione ai fini della determinazione del prezzo di offerta dell’aumento di capitale 2014, tramite l’applicazione a quest’ultimo valore di uno sconto pari al 6%; – che detto prezzo di Euro 9,53 si collocava nella parte superiore dell’intervallo di valorizzazione delle azioni espresse da Deloitte”.
Con precipuo riferimento al prospetto 2015, non risultavano incluse “le informazioni in merito: – alle valutazioni di Deloitte relative ai diversi intervalli di valorizzazione delle azioni emesse da BPB e, in particolare, all’intervallo di valore delle azioni BPB indicato da Deloitte, sulla base dei che conduceva a stime più basse comprese nell’intervallo allargato tra 8,7 e 8,9 Euro; per altro tali informazioni risultano diverse da quelle relative ai moltiplicatori di mercato concernenti le banche popolari non quotate, incluse nel par. 5.3.1, Sezione Seconda, del Prospetto 2015; – alla circostanza che tale intervallo, compreso tra Euro 8,7 ed Euro 8,9 fosse inferiore rispetto al prezzo, pari a 9,53 Euro, considerato dal Consiglio di Amministrazione ai fini della determinazione del prezzo di offerta dell’aumento di capitale 2015, tramite l’applicazione a quest’ultimo valore di uno sconto pari al 6%”.
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È premura della Seconda Sezione Civili anteporre, alla decisione, una rassegna dei passaggi più rilevanti della sentenza della Corte d’Appello barese. Ebbene, i giudici pugliesi hanno affermato: «[n]eppure fondate sono le doglianze attinenti la sussistenza delle contestate violazioni amministrative all’art. 94, comma secondo, TUF, a norma del quale, il prospetto – imposto dal primo comma in presenza di offerte al pubblico, qual è quella relativa all’operazione di aumento di capitale – contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene altresì una nota di sintesi la quale, concisamente e con linguaggio non tecnico, fornisce le informazioni chiave nella lingua in cui il prospetto è stato in origine redatto. Il formato e il contenuto della nota di sintesi forniscono, unitamente al prospetto, informazioni adeguate circa le caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari che aiutino gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti. Più nel dettaglio, il par. 5.3.1 dell’All. III Reg. 809/2004/CE, in tema di “Informazioni minime da includere nella nota informativa sugli strumenti finanziari relativa ad azioni”, prevede l’indicazione del prezzo al quale saranno offerti gli strumenti finanziari. Se il prezzo non è noto, o se non esiste un mercato consolidato e/o liquido per gli strumenti finanziari, indicare il metodo di determinazione del prezzo dell’offerta, nonché i soggetti che hanno fissato i criteri o sono formalmente responsabili della determinazione. Indicazione dell’ammontare delle spese e delle imposte specificamente poste a carico del sottoscrittore o dell’acquirente. La disciplina in argomento è, all’evidenza, dettata a tutela degli investitori al fine di consentire a ciascuno la corretta percezione dei dati occorrenti al compimento di scelte consapevoli (cfr. Cass. Sez. 1, n. 15707/2018). Tale esigenza impone, quindi, l’indicazione del metodo di determinazione del prezzo di offerta, ogniqualvolta difetti un mercato consolidato e/o liquido che offra sufficienti garanzie in ordine all’attendibilità e all’oggettività del prezzo offerto. Nel caso in esame, va esclusa la configurabilità di un mercato consolidato e/o liquido e, pertanto, si imponeva l’indicazione chiara e trasparente delle modalità di determinazione del prezzo d’offerta, ai fini della scelta consapevole da parte dell’investitore, alla luce della corretta valutazione delle condizioni economiche dell’offerta, finalità certamente non soddisfatta dalla mera enunciazione del prezzo di emissione, ex art. 2528 cod. civ., unilateralmente determinato dall’assemblea sociale BPB, scontato del 6%. In altri termini, l’indispensabile confronto tra i dati esposti pubblicamente attraverso il Prospetto, in funzione della valutazione di convenienza del prezzo di offerta, risulta frustrato dal fatto che il termine di confronto e il dato da confrontare si sovrappongono, a parte la decurtazione del 6%. Inoltre, il sistema di scambio interno alla Banca, cui la stessa fa richiamo, non presentava i requisiti minimi, secondo la Direttiva MIFID “1” (2004/39/CE), per essere qualificato come “mercato non regolamentato”, nel quale – come emerge dal rapporto ispettivo di Banca d’Italia del 21/3/2017 – avrebbero potuto includersi i MTF ovvero gli internalizzatori sistematici intendendosi per essi, a norma dell’art. 4 Dir. MIFID “1” cit., quelle imprese di investimento che, in modo organizzato, frequente e sistematico, negoziano, per conto proprio, eseguendo gli ordini dei clienti, al di fuori del mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione (quest’ultimo cioè gestito da una impresa d’investimento e da un gestore del mercato attraverso il quale è reso possibile l’incontro – secondo regole ben definite e non discrezionali – di plurime offerte di acquisto e di vendita di titoli). Come condivisibilmente osservato dalla difesa CONSOB, sulla base dei rilievi di Banca d’Italia espressi nel suo rapporto ispettivo, il sistema di scambio interno a BPB non offriva sufficienti garanzie di liquidità per plurime ragioni: a) predeterminazione ed immodificabilità del prezzo nel corso dell’anno; b) previsione di sole due aste al mese, costituente limitazione alla libera circolazione delle azioni, per altro chiaramente evidenziata dalla stessa Banca nel Prospetto 2014, ove era posta in risalto la possibilità, collegata alla mancata ammissione delle azioni BPB alla negoziazione su un mercato regolamentato o su mercati equivalenti, di difficoltà nella vendita, in difetto di controparti disponibili all’acquisto in tempi ragionevolmente brevi o “a prezzi in linea con le proprie aspettative”, non assumendo l’Emittente impegni di riacquisto, riservandosi la Banca “la facoltà di intervenire in contropartita diretta in ciascuna sessione di negoziazione utilizzando il Fondo Acquisto azioni proprie nei limiti previsti dalla legge e dai regolamenti tempo per tempo vigenti”, nonché non assumendo impegni anche nel mantenere in futuro il sistema di negoziazione interno, neanche assimilabile – come già evidenziato – all’attività di internalizzazione sistematica o al sistema multilaterale di negoziazione, entrambe soggette ad autorizzazione della CONSOB. Nello stesso Prospetto 2014, vengono evidenziati i tempi medi per la vendita delle azioni, indicati in 70,4 giorni, certamente incompatibili con la pronta liquidità delle azioni, quest’ultima esclusa anche dal fatto che, nel medesimo Prospetto, BPB ha ritenuto di non limitarsi ad indicare il prezzo d’offerta, spingendosi alla parziale specificazione delle modalità di calcolo, così dichiarando “Tale ultimo Prezzo di Emissione è stato stabilito ai sensi dell’art. 2528 c.c., tenendo in considerazione il patrimonio netto della Banca e tenendo anche presente nel calcolo del prezzo la metodologica dei multipli di transazioni comparabili ed in particolare il multiplo “price/tangible book value” (P/TBV), che rapporta il prezzo dell’azione al patrimonio netto tangibile, e che è ampiamente utilizzato sul mercato per rappresentare il valore di una banca”. Orbene, l’esigenza avvertita dalla stessa BPB di estendere le informazioni, nel Prospetto, anche alle modalità di determinazione del prezzo di emissione ex art. 2528 cod. civ., avrebbe ragionevolmente imposto, in ossequio al dovere di correttezza, trasparenza e buona fede, la necessità di enunciare tutte le metodologie di calcolo analizzate in sede di determinazione del prezzo stesso, quand’anche non utilizzate poi in concreto, quindi anche quelle – invece trascurate da BPB – che davano luogo a intervalli di prezzo più bassi: tanto avrebbe consentito agli investitori l’acquisizione di un più completo quadro informativo, per una scelta più consapevole sulla convenienza dell’offerta. D’altronde, come sottolineato dalla difesa di CONSOB e confermato dal Supremo Collegio, il Regolamento 809/2004/CE fornisce unicamente le “informazioni minime”, di carattere non esaustivo, che devono corredare i prospetti, mentre l’art. 94 TUF contiene una previsione di carattere decisamente elastico e residuale, essendo ivi previsto che il prospetto debba comunque contenere “tutte le informazioni” necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. L’ampiezza dell’art. 94 TUF e, al contempo, il carattere non esaustivo di schemi e moduli allegati al Regolamento consentono, dunque, di escludere che le informazioni da inserire nei prospetti siano esclusivamente quelle riconducibili al Regolamento medesimo, dovendosi anzi ritenere che, proprio per la loro funzione (quella, cioè, di consentire un investimento consapevole) i prospetti vadano corredati da informazioni da adattare, nel rispetto del “minimo” prescritto dalla normativa unionale, alle circostanze del caso concreto (cfr. in termini, in motivazione, Cass. Sez. 2^ n. 8806/2018). Ciò consente di ritenere che, nel caso in esame, proprio per l’esigenza, avvertita anche dalla stessa Banca, di non limitare le informazioni riportate nei Prospetti all’indicazione del prezzo dell’offerta pari a quello di emissione decurtato del 6%, per altro di determinazione unilaterale ed in difetto di possibilità di conforto dalle risultanze di mercati consolidati e liquidi, il panorama informativo diretto agli investitori avrebbe dovuto estendersi a tutti gli aspetti analizzati (quindi anche alle metodologie produttive di un intervallo di prezzo più basso di quello poi prescelto), in sede di determinazione del prezzo di emissione, dall’ente investito della consulenza (Deloitte). D’altronde, se è pur vero che, concettualmente il prezzo di emissione e cosa diversa dal prezzo dell’offerta, è anche vero che nel caso concreto, la necessità di approfondimento informativo in ordine ai criteri di determinazione del primo è la ragionevole e naturale conseguenza del criterio – prescelto dal C.d.A. BPB – di determinazione del prezzo d’offerta, commisurato al primo, sebbene decurtato del 6%. In altre parole, il collegamento stretto tra i metodi di determinazione dei due prezzi riviene proprio dalla scelta operativa di BPB, che intese ricavare in maniera diretta il secondo dal primo. Pertanto, una completa ed adeguata informazione non avrebbe potuto prescindere dall’inserimento di intervalli di prezzo più bassi emersi nelle perizie di Deloitte relative agli anni 2014 e 2015, con effetto benefico per gli investitori, indotti ad una maggiore e migliore ponderazione sulla convenienza degli investimenti. Non v’è ragione, poi, per escludere l’utilità della suddetta informazione, se è vero, com’è vero, che essa era stata pure ritenuta non superflua dalla stessa Deloitte nelle sue perizie, tanto che aveva esposto le metodologie dei “multipli di transazioni comparabili” ovvero dei “multipli del mercato secondario di banche non quotate”, con enunciazione dei relativi range di prezzo, sebbene a soli fini rappresentativi in un unico e inscindibile processo di valutazione, così qualificato dalla stessa consulente. In definitiva, posto che l’addebito mosso a BPB attiene ad un aspetto meramente formale, quello cioè dell’incompletezza dell’informazione contenuta nei Prospetti 2014 e 2015, non anche alla congruità dei prezzi di offerta, l’esclusione delle suddette informazioni non può trovare giustificazione ragionevole nella ritenuta superfluità dei dati omessi, perché il loro inserimento avrebbe comunque consentito un risultato informativo più completo per l’investitore, ai fini di una sua scelta più consapevole. D’altronde – si ribadisce – che l’informazione, nei sensi richiesti da CONSOB, non fosse di per sé superflua, come ritenuto invece dalla difesa della Banca, si desume dalla semplice circostanza che le medesime informazioni furono comunque ritenute utili da Deloitte nelle sue perizie del 2014 e del 2015. Neanche fondamento hanno le censure mosse dagli opponenti in ordine all’imputabilità alle persone fisiche delle violazioni accertate ed alla quantificazione della sanzione pecuniaria. In primo luogo, a tutti i componenti del consiglio di amministrazione è attribuibile la predisposizione dei prospetti, approvati nelle riunioni del 29/9/2014 e del 31/12/2014. È pur vero che, all’esito delle stesse, fu delegato al presidente del consiglio di amministrazione e al direttore generale il compito di completare il documento in oggetto e/o di modificarlo e/o di integrarlo secondo necessità e/o opportunità. È anche vero, tuttavia, che, con il conferimento della delega, gli altri consiglieri non avrebbero potuto ritenersi esautorati da ogni doveroso intervento, restando a loro carico, quanto meno, il compito di vigilare e di informarsi sull’operato degli organi e funzionari delegati, al fine di assicurarsi che fosse dagli stessi portato a termine il compito affidato in maniera puntuale e corretta (in tal senso, cfr. Cass. Sez. 2, n. 2737/2013; Sez. 1, n. 17799/2014; Sez. 2, n. 18683/2014; Sez. 2 n. 5606/2019). D’altronde, nulla è stato provato, né tanto meno allegato, per dimostrare la diligente, quanto infruttuosa, attivazione di ciascun amministratore al fine di impedire la consumazione degli illeciti amministrativi oggetto di causa. Il presidente del consiglio di amministrazione […], il direttore generale […] e l’amministratore delegato nonché direttore generale subentrato al […], inoltre, rispondono delle violazioni accertate in misura maggiore, rilevante ai fini della quantificazione della sanzione, in considerazione del ruolo qualificato, agli stessi affidato, che li ha visti coinvolti in prima persona nella predisposizione dei Prospetti, risultati incompleti sotto il profilo informativo, nei sensi sopra evidenziati. Per altro, il presidente del C.d.A. sottoscrisse, per entrambi i Prospetti, le dichiarazioni, previste dall’All. 1° Regolamento Consob n. 11971/1999 e dall’art. 94/2 TUF, e tanto induce a ritenere maggiore la responsabilità per gli illeciti in argomento, ai fini della quantificazione della sanzione. Sicché, corretta e condivisibile è la quantificazione operata da Consob a suo carico, diversa e più severa, sia rispetto a quella irrogata a carico di tutti i componenti il consiglio di amministrazione, sia rispetto a quella inflitta agli altri delegati (direttori generali e amministratore delegato). Quanto ai componenti il collegio sindacale […], la loro responsabilità discende dal ruolo istituzionale dagli stessi ricoperto, ruolo implicante una funzione di controllo sul corretto adempimento, da parte degli altri organi societari, dei rispettivi doveri, a mente dell’art. 2403 e seg. cod. civ. Non va trascurato, al riguardo, che, per un verso, i componenti del collegio sindacale erano pienamente consapevoli e informati delle delibere del C.d.A. in merito all’adozione dei Prospetti 2014 e 2015 e, per altro verso, spettava agli stessi, anche singolarmente, un potere ispettivo che avrebbe loro consentito di verificare, in qualsiasi momento, l’esecuzione, da parte degli organi incaricati, delle deleghe conferite dal C.d.A. al proprio presidente e ai direttori generali.».
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L’art. 191 TUF (rubricato “Offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita”), nella formulazione ratione temporis applicabile, sanzionava “chiunque” effettua un’offerta al pubblico in violazione degli articoli 94, comma 1 e 98ter, comma 1; nella specie, ai ricorrenti è stata contestata la violazione dell’art. 94, secondo comma, TUF, per avere la Banca, nell’ambito delle operazioni di aumento di capitale 2014 e 2015, omesso di riportare nei Prospetti 2014 e 2015 informazioni complete in merito alla determinazione del prezzo di offerta delle azioni BPB, avuto riguardo alle valutazioni formulate dal consulente incaricato di assistere la Banca nella stima del valore delle azioni, così determinando l’impossibilità per gli investitori di acquisire notizie utili al conseguimento di un fondato giudizio sulle azioni offerte.
Il prefato art. 94, secondo comma, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti di causa, stabilisce che il prospetto contiene, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene, altresì, una nota di sintesi e i due documenti devono fornire informazioni adeguate circa le caratteristiche fondamentali dei prodotti finanziari che aiutino gli investitori al momento di valutare se investire in tali prodotti.
Ebbene, la Corte territoriale ha concluso che, in ossequio al dovere di correttezza, trasparenza e buona fede, vi fosse necessità di enunciare tutte le metodologie di calcolo analizzate in sede di determinazione del prezzo stesso, quand’anche non utilizzate poi in concreto (quindi, pure quelle trascurate da BPB) che davano luogo a intervalli di prezzo più bassi, aspetto analizzato, in sede di determinazione del prezzo di emissione, dall’ente investito della consulenza. La norma, per come vigente, sanzionava “chiunque” effettuasse un’offerta al pubblico violando le prescrizioni inerenti alla pubblicazione del relativo prospetto informativo, pur non essendone l’offerente, l’emittente od il responsabile del collocamento, ancorché egli si limitasse ad operare nell’ambito di un’attività di collocamento svolta alle dipendenze del soggetto responsabile.
In particolare, la pubblicazione del “prospetto informativo” è prevista nelle ipotesi di sollecitazione all’investimento, ai sensi dell’art. 94, commi 1 e 2, TUF, caratterizzate per essere l’offerta comunque rivolta, secondo lo schema dell’art. 1336 c.c., a un numero indeterminato ed indistinto di investitori in modo uniforme e standardizzato, cioè a condizioni di tempo e prezzo predeterminati[2]. La sentenza impugnata ha considerato che, perché il prospetto contenesse, in forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che occorrevano agli investitori per pervenire ad un fondato giudizio sul se investire nei prodotti offerti, sarebbe stato necessario non soltanto indicare il prezzo ed il metodo di determinazione del prezzo, ma anche fornire ulteriori informazioni circa i criteri di determinazione del prezzo non seguiti, che avrebbero dato luogo ad intervalli più bassi. Si tratta di interpretazione conforme alle prescrizioni sui requisiti informativi già stabiliti dal paragrafo 5.3.1 dell’Allegato III al Regolamento n. 809/2004/CE in materia di “fissazione del prezzo”, nonché alle migliori prassi di mercato seguite dagli emittenti quotati[3]. Anche ove l’emittente fornisca nel prospetto il prezzo definitivo di offerta, vi possono essere circostanze, legate fondamentalmente allo svolgimento di negoziazioni su detti strumenti finanziari al di fuori di un mercato consolidato e/o liquido, che rendono raccomandabile l’inserimento nel prospetto medesimo di ulteriori informazioni circa i criteri di determinazione del prezzo. Ciò, in particolare, ove gli strumenti finanziari siano trattati in un mercato non regolamentato, che non assicura meccanismi trasparenti per la formazione e pubblicazione dei prezzi in esso registrati. L’accertamento della adeguatezza del prospetto rispetto agli scopi prefissati dall’art. 94, secondo comma, TUF è, comunque, frutto di apprezzamento che spetta ai giudici del merito e che non è sindacabile in sede di legittimità mediante censura per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
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[1] Il riferimento è a App. Bari, 2 settembre 2019, n. 1855.
[2] Cfr. Cass. n. 18039/2012; Cass. n. 8733/2016; Cass. n. 7575/2019.
[3] Cfr. Cass. n. 8806/2018.
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