Nota a Trib. Pistoia, 10 settembre 2024, n. 663.
Massima redazionale
In primo luogo, il Tribunale pistoiese analizza l’eccezione di nullità della procura, sollevata da parte opponente, in ossequio alla tesi per cui la procura conferita alla società sarebbe nulla per violazione di norma imperativa, atteso che la stessa società di riscossione non risulterebbe iscritta nello specifico albo dedicato agli intermediari finanziari previsto all’art. 106 TUB, con conseguente nullità di tutti gli atti posti in essere dalla medesima società, ivi incluso l’atto di precetto opposto; inoltre, sul presupposto secondo cui l’art. 106 TUB avrebbe natura di norma imperativa, la relativa eccezione di nullità sarebbe rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
Ebbene, secondo il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità[1], cui il Tribunale ritiene di aderire, alla norma che parte opponente assume essere stata violata (ossia, l’art. 106 TUB) non può essere riconosciuta natura imperativa; difatti, «il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di pagina 5 di 11 disposizioni del cd. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il T.U.B. o il T.U.F.); − in particolare, ad avviso del Collegio, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali; − conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”».
Dovendo, pertanto, escludersi la natura imperativa dell’art. 106 TUB, all’eccezione di nullità formulata da parte opponente non può riconoscersi natura di eccezione in senso lato, come tale “rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado del processo” e, conseguentemente, la stessa deve ritenersi inammissibile, in quanto formulata solo in sede di memoria, ex art. 171ter, n. 3, c.p.c. e, quindi, tardivamente.
Quanto al motivo di opposizione concernente il difetto di titolarità del credito in capo alla società opposta il giudice toscano osserva che, dal complessivo esame degli scritti difensivi, emerge che parte opponente non ha contestato l’esistenza in sé dell’operazione di cessione, quanto piuttosto la mancata produzione in giudizio del contratto di cessione, il quale costituirebbe unico elemento idoneo a dimostrare che il credito specifico per il quale la società cessionaria agisce in via esecutiva sia effettivamente riconducibile all’operazione di cartolarizzazione e, quindi, sia effettivamente divenuto di titolarità della stessa. Ebbene, secondo il recente orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, «laddove, l’esistenza dell’operazione di cessione di crediti “in blocco” non sia in sé contestata, ma sia contestata la sola riconducibilità dello pagina 6 di 11 specifico credito controverso a quelli individuabili in blocco oggetto di cessione, le indicazioni sulle caratteristiche dei rapporti ceduti di cui all’avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale potranno essere prese in considerazione onde verificare la legittimazione sostanziale della società cessionaria e, in tal caso, tale legittimazione potrà essere affermata solo se il credito controverso sia riconducibile con certezza a quelli oggetto della cessione in blocco, in base alle suddette caratteristiche, mentre, se tali indicazioni non risultino sufficientemente specifiche, la prova della sua inclusione nell’operazione dovrà essere fornita dal cessionario in altro modo»[2].
Nel caso di specie, l’avviso di cessione versato in atti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale ben specifica la tipologia di crediti ceduti e rende disponibili a chiunque le correlate informazioni tramite l’accesso al sito internet, che consente di visualizzare la pagina con tutte le informazioni relative alla cessione, con l’estratto pubblicato in Gazzetta Ufficiale e l’allegazione dell’elenco delle pratiche oggetto di cessione; nello specifico, cliccando sul link si apre un elenco di n. 197 pagine riportanti le posizioni cedute, per ciascuna delle quali viene indicata la denominazione della Banca cedente, il NDG e il numero identificativo del rapporto. Ebbene, dalla dichiarazione resa dalla cedente ai sensi dell’art 50 TUB, sì come dalla dichiarazione di avvenuta cessione sottoscritta dalla medesima, risulta che le posizioni oggetto di cessione che hanno coinvolto – quale debitore ceduto – la società sono individuate con NDG e n. 3 identificativi rapporti, tutte riportate alla pagina n. 169 dell’elenco consultabile accedendo al predetto sito web.
In ogni caso, oltre che dall’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale – di per sé già sufficiente, per le proprie caratteristiche, a dimostrare la titolarità del credito in capo alla cessionaria – la cessione risulta provata anche alla luce della ulteriore documentazione prodotta dalla società opposta e inerente la specifica posizione ceduta; trattasi, in particolare, delle già richiamate dichiarazioni rese dalla Banca cedente e dello stesso titolo esecutivo costituito dal contratto di mutuo stipulato, entrambi elementi documentali nella disponibilità della cessionaria, come tali rilevanti e potenzialmente decisivi ai fini della prova dell’avvenuta cessione[3]. Da tutto quanto sopra esposto, pertanto, deve ritenersi documentalmente provata la titolarità del credito e, dunque, la sussistenza di legittimazione attiva.
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Parimenti infondato è l’ulteriore motivo di opposizione dedotto dagli odierni opponenti e concernente l’inidoneità del contratto di mutuo a fungere da valido titolo esecutivo ai sensi dell’art 474 c.p.c. Premesso che un atto pubblico può costituire titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c. solo laddove rechi l’indicazione di un diritto certo ed esigibile e sempre che tali requisiti risultino dal titolo, va ulteriormente tenuto presente che è solito, nei contratti di mutuo ipotecario, che gli istituti di credito, al fine di cautelarsi, prevedano in contratto che la somma finanziata venga costituita in garanzia, da svincolarsi una volta ottenuta la prova dell’iscrizione dell’ipoteca di primo grado nonché adempiuti gli obblighi assicurativi. La giurisprudenza si è più volte occupata della questione relativa alla compatibilità di tali clausole con la natura reale del contratto di mutuo, concludendo nel senso che il mutuo, pur avendo natura di contratto reale, non richiede la traditio intesa come consegna materiale del denaro nelle mani del mutuatario, postulando, piuttosto, il mero conseguimento della disponibilità giuridica della somma in favore del mutuatario; ipotesi questa che ricorre tutte le volte in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione al patrimonio di quest’ultimo[4]. In particolare, tale fattispecie è stata, più volte, esaminata nei casi in cui la somma erogata venga contestualmente costituita in deposito o in pegno e, in tali casi, deve ritenersi sussistente la traditio, dal momento che la costituzione del deposito presuppone giuridicamente che la somma sia entrata nella sfera giuridica del mutuatario.
Nel caso concreto, all’art. 1 del contratto di mutuo si legge che “La Banca …omissis… concede a titolo di mutuo fondiario… alla parte mutuataria che accetta la somma di Euro 330.000,00 … L’importo del mutuo viene contestualmente erogato dalla alla parte mutuataria la quale con la sottoscrizione del presente atto ne dà quietanza. La Banca e la parte mutuataria danno atto della riconsegna da parte di quest’ultima della somma mutuata costituendola in deposito cauzionale infruttifero…”. Il tenore letterale della clausola citata, unitamente al fatto che il mutuatario ha, nell’atto pubblico, espressamente prestato quietanza, consente di concludere nel senso che, già al momento della stipulazione del contratto, la parte mutuataria è entrata nella disponibilità giuridica della somma mutuata. In altri termini, dalla lettura del contratto si evince che la mutuataria abbia disposto della somma mutuatale autorizzandone il versamento su un deposito infruttifero vincolato alla Banca mutuante, a garanzia dell’adempimento di determinati obblighi, il che presuppone il conseguimento da parte della mutuataria dell’immediata disponibilità giuridica della somma erogata e, quindi, la configurabilità del contratto di mutuo come titolo esecutivo. Quanto, poi, alle ulteriori argomentazioni spese dall’opponente circa la necessità che la Banca cedente fornisca prova, al fine di poter agire in sede esecutiva giudiziale, della caducazione della garanzia dalla stessa definita “autoesecutiva” e rappresentata dal deposito cauzionale infruttifero, le stesse si rivelano del tutto inconferenti ai presenti fini, atteso che la somma costituita in deposito cauzionale ha il precipuo scopo, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento, di consentire di rientrare della somma dovuta.
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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 18.03.2024, n. 7243, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 22.06.2023, n. 17944, già annotata su questo Portale, con massima redazionale, Cessione di crediti in blocco: ripartizione onere della prova (in relazione all’oggetto delle contestazioni del debitore ceduto), Cessione di crediti in blocco: ripartizione onere della prova (in relazione all’oggetto delle contestazioni del debitore ceduto) – Diritto del Risparmio.
[3] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16.04.2021, n. 10200, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione. – Diritto del Risparmio.
[4] Cfr. Cass. n. 17194/2015; Cass. n. 11116/1992; Cass. n. 9074/2001.
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