Nota a ACF, 10 luglio 2024, n. 7479.
Massima redazionale
Quanto al rispetto degli obblighi informativi al momento dell’acquisto, l’Intermediario ha sostenuto che è stata resa informativa mediante un link presente nella piattaforma, che riportava al sito di Borsa Italiana, nella sezione dedicata agli strumenti finanziari scambiati sul segmento interessato (esibendo una “Scheda prodotto” datata 5.11.2009 che riporta il logo di Borsa Italiana-ExtraMOT). L’Intermediario ha esibito, altresì, un file relativo a un’estrazione informatica tratta dal registro ordini, che riepiloga le operazioni eseguite dal Ricorrente sostanzialmente tra il 2015 ed il 2021, all’interno del quale figura anche l’acquisto contestato, ma che non contiene i log dei vari passaggi eseguiti dal disponente nel corso dell’operatività online, mancando, quindi, elementi idonei a confermare la presenza o l’eventuale consultazione del citato link nel corso dell’operazione.
In ogni caso, anche assumendo che in tale contesto il collegamento fosse effettivamente accessibile, non si può ritenere che l’Intermediario abbia dimostrato di aver assolto i propri obblighi informativi in modo diligente e conforme alla normativa di settore, ove solo si consideri che l’evocata scheda prodotto riporta informazioni riferite al momento dell’emissione del prestito, dunque risalenti a quasi sei anni prima dell’acquisto. Diversamente da ciò e secondo l’oramai consolidato orientamento dell’Arbitro, gli obblighi informativi preventivi devono essere adempiuti “in concreto” e non in modo meramente formalistico, il che ovviamente vale anche per la prestazione online di servizi d’investimento, non esonerando ciò l’intermediario prestatore dei servizi dall’obbligo di mettere a disposizione del cliente tutte le informazioni sulle caratteristiche ed i rischi degli strumenti finanziari, così da poterne far scaturire scelte d’investimento consapevolmente informate. Non possono, in ogni caso, considerarsi esaustive le informazioni presenti nella documentazione sui rischi generali degli investimenti, che il Ricorrente dichiarava di aver ricevuto in occasione della stipula/rinnovo del contratto, posto che, al di là della genericità delle nozioni in essa contenute, la loro somministrazione al Ricorrente avveniva comunque negli anni 2007 e 2008, ovverosia in epoca ben risalente rispetto all’operazione attenzionata.
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In relazione alla valutazione dell’investimento, l’art. E9, comma 4, del contratto disponeva testualmente: «Nella prestazione dei servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti e/o di ricezione e trasmissione di ordini aventi ad oggetto strumenti finanziari non complessi (azioni, obbligazioni non strutturate) effettuata dalla Banca su iniziativa esclusiva del Cliente, la Banca medesima non valuta l’appropriatezza dell’operazione richiesta. Il Cliente dà atto che la Banca lo ha informato prima di prestare il servizio che, nella situazione disciplinata in questo comma, egli non beneficia della protezione offerta dalle disposizioni in materia di appropriatezza di cui al precedente comma 3». Ebbene, una simile clausola contrattuale – che, di fatto, finisce con il lasciare al cliente la valutazione di quali strumenti possano restare esclusi dal regime di appropriatezza – non può dirsi rispondente ai generali canoni di chiarezza informativa richiesti dalla disciplina di cui all’art. 43 del Regolamento Consob n. 16190/2007, in special modo se l’avvertenza non viene reiterata al momento dell’operazione (come non risulta essere accaduto nel caso di specie).
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