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Sulla (ennesima) “occasione mancata” di chiarezza sull’applicazione dell’art 106 TUB.

Commento al provvedimento della Prima Presidente della Corte Suprema di Cassazione del 17 maggio 2024.

È di venerdì 17 maggio la pubblicazione del provvedimento di inammissibilità ex art 363 bis cpc[1] dell’ordinanza del Tribunale di Brindisi del 16 aprile u.s.[2] (e quindi a una velocità incredibile dato che 30 giorni, a livello giudiziario, spesso non bastano neanche a sciogliere ordinarie riserve istruttorie) della Prima Presidente della Cassazione.

Nel merito, in sintesi, si legge che la questione sollevata (rivolta, invero, alla verifica dell’effettiva compatibilità alla normativa antiriciclaggio delle note pratiche di cessioni in blocco di crediti bancari e relative prassi di recupero a mezzo di soggetti non iscritti all’Albo ex art 106 TUB) non è di “grave difficoltà interpretativa” e dunque è inammissibile perché -sostanzialmente- la Cassazione si sarebbe già pronunciata in merito.

Il riferimento espresso è rispettivamente alle ordinanze del 20 febbraio 2024, n 4227, e del 18 marzo 2024, n 7243[3].

Tutto, quindi, si è “consumato” in poco più di soli tre mesi (dal 20 febbraio ad oggi, in pratica).

Il riferimento alla prima ordinanza (SC 4227/24), tuttavia, non pare pertinente al caso esposto dal Tribunale di Brindisi. Il precedente richiamato, infatti, si riferiva dichiaratamente a casi di cessioni di credito (non bancario ma di credito di un trasportato verso una compagnia aerea) e con “versamento del corrispettivo della cessione meramente eventuale in quanto condizionato al buon esito della riscossione del credito ceduto”. Tale condizione caratterizzante la fattispecie esaminata, però, non è mai presente in tema di cessione del credito cartolarizzato. In tali casi, infatti, le cessioni sono sempre onerose -i.e. dietro corrispettivo non condizionato- e come tali ontologicamente diverse da quelle giudicate nell’ord. 4227/24. Salvo prova contraria delle cessionarie, infatti, tali cessioni prevedono sempre un corrispettivo e come tali non corrispondono appunto a quella testè richiamata dalla Cassazione.

L’indiscutibile natura onerosa delle operazioni di cessione dei crediti cartolarizzati (salvo esibizione di contratti di cessione a titolo gratuito o condizionato da parte delle cessionarie), quindi, rende dichiaratamente inapplicabile l’ord. 4227/24 al tema di cessione dei crediti cartolarizzati.

D’altra parte, tale ordinanza giudicava su un credito di un “trasportato” verso una “compagnia aera[4] e, sotto ogni angolo visuale, risulta difficile ricondurre il predetto caso al complesso sistema della cartolarizzazione di crediti bancari.

Infine, sul punto in questione, i seri dubbi sollevati dal Tribunale di Brindisi sulla compatibilità di tale sistema alla normativa antiriciclaggio non sono in alcun modo affrontati né implicitamente risolti. Il richiamo al caso del ‘trasportato’ dovrebbe, quindi, tacitare ogni riserva in merito senza, però, argomentare su tale presunta compatibilità.

Anche il riferimento alla seconda ordinanza (SC n. 7243/2024) non sortisce miglior conclusione. Trattasi, come è noto, di una ordinanza emessa dalla Corte senza alcuna reale necessità in merito (visto l’esito nel merito di tale decisione) e, in ogni caso, adottata partendo da un presupposto giuridico oggettivamente errato che -inevitabilmente- ha portato ad una conclusione errata se non proprio a un monstrum giuridico quale è quello di sostenere che un comportamento configurante ipotesi di reato non comporti -anche e a maggior ragione- una sanzione civilistica.

Infatti, a parere di chi scrive, in tale ‘frettolosa’, stringata e non richiesta ordinanza, la Cassazione (purtroppo acriticamente ripresa anche dalla Prima Presidente nel provvedimento in commento) parte dal presupposto secondo cui l’interesse sotteso alle norme in esame (L 130/99, art 106 TUB, art 132 TUB) sarebbe la “rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie finanziarie” negando così la natura imperativa dell’art 106 TUB.

Così, tuttavia, non è (come la stessa Corte di Cassazione, anche a SSUU, ha avuto modo più volte di chiarire). Infatti, l’interesse tutelato da tali norme deve essere individuato nella necessità di (i) tutelare il risparmio pubblico ex art. 47 Cost., (ii) la pubblica legalità (i.e. antiriciclaggio), (iii) gli investitori, il tutto nel rispetto della riserva dell’attività bancaria alle sole imprese autorizzate.

La natura di norma imperativa dell’art. 106 TUB, infatti, è sempre stata pacificamente confermata dalla Cassazione stessa.

Per esempio, la Cass. Civ., Sez. II, Sentenza, 30 gennaio 2013, n. 2220 ha confermato che “l’attività finanziaria svolte nei confronti del pubblico, rientra nell’area della riserva di cui all’art. 106 TUB ed è, perciò, nulla per contrasto con norma imperativa” ogni disposizione che deleghi tale attività a società non titolari di tali requisiti. Anche la sentenza n. 4760 del 2018 della Suprema Corte ha rilevato la nullità per contrasto alle norme imperative del TUB del contrato di “deposito e risparmio concluso da soggetto professionalmente dedito all’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico, ma privo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria” (oggi ex art. 106 TUB) “stante (…) gli interessi pubblici sottesi alla riserva dell’attività bancaria alle imprese autorizzate”.

Addirittura, la Cassazione a Sezione Unite n 26724 del 2007 ha dichiarato che “le norme che dettano la disciplina dell’attività di intermediazione mobiliare (dunque in via analogica anche all’attività bancaria ovviamente, ndr) hanno carattere imperativo, nel senso che esse essendo emanate non solo nell’interesse del singolo contraente di volta in volta implicato, ma anche nell’interesse generale all’integrità dei mercati finanziari, si impongono inderogabilmente alla volontà dei contraenti.

Ed ancora, sempre le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 8472 del 15 marzo 2022 (peraltro di particolare importanza proprio perché relativa al tema dei contratti conclusi da imprese svolgenti attività riservata in assenza della prescritta autorizzazione ex art. 106 TUB) hanno confermato che la nullità non apparirebbe più eludibile (…) allorquando si qualificasse in termini imperativi la norma che pone requisiti a monte dell’esercizio di un’attività bancaria”. Il “focus dell’indagine sulla imperatività della norma violata si appunta ora sulla natura dell’interesse leso che si individua nei preminenti interessi generali della collettività (cfr. da ultimo Cass n.2316 del 2022, n.27120 del 2017)”.

Per le argomentazioni sopra svolte, quindi, è evidente che l’interesse tutelato dalla normativa in esame non sia quello erroneamente individuato dall’ordinanza della Cass. del 18 marzo 2024, ma sia quello del risparmio, del mercato e della legalità in senso concreto, rendendo perciò innegabile che la sua violazione risulti inammissibile in quanto imperativa, anche perché discende (sempre per usare le parole delle SSUU) “dalla violazione di norme aventi contenuti sufficientemente specifici, precisi e individuati” quali sono certamente l’art. 106 TUB nonché gli artt. 2,3,4 L 130/1999.

Se dunque la normativa in questione è (come certamente è) imperativa e inderogabile, non è conseguentemente condivisibile la successiva dichiarazione della ordinanza della Cassazione ord. 7243/23 (ripresa dall’odierno provvedimento in commento) secondo cui “le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica” dato che la violazione di una norma imperativa (addirittura costituente fattispecie di reato) ha ovviamente effetti civilistici.

Questi ultimi, infatti, possono (anche) determinare la nullità dei relativi contratti in esecuzione di tali “condotte difformi degli operatori” (come definite appunto dalla Cassazione stessa) allorquando la loro violazione pone a rischio l’interesse tutelato.

Conferma di tale riflesso civilistico, peraltro, si ricava anche dall’art. 132 bis del TUB che, anche in caso solo di “sospetto che una società svolga attività di raccolta del risparmio, attività bancaria, attività di emissione di moneta elettronica, prestazione di servizi di pagamento o attività finanziaria in violazione degli articoli 130, 131, 131-bis, 131-ter, e 132” prescrive appunto che “la Banca d’Italia o l’UIC possono denunziare i fatti al pubblico ministero ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’art 2409 cc, ovvero possono richiedere al tribunale l’adozione dei medesimi provvedimenti”.

A tutto ciò deve pertanto conseguire (come appunto riconosciuto da decine di Tribunali di merito) che l’unica sanzione “idonea ad assicurare effettività alla prescrizione legale” (cfr. anche Cass. 16281/2005) è la nullità dell’atto posto in sua violazione ossia -nei casi di specie- ogni mandato della cessionaria a società prive dell’iscrizione ex art 106 TUB.

In conclusione, quindi, pur dovendo prendere atto del fatto che la Cassazione in questo ultimo trimestre ha emesso tali provvedimenti (18 marzo e venerdì 17 maggio 2024), si deve altresì -e a maggior ragione- ricordare che la stessa (e a SSUU) negli ultimi (quasi) venti anni ha ben chiarito il tema in oggetto. È quindi proprio nel rispetto di tali prevalenti decisioni (come sopra citate) che i Giudici di merito, che saranno chiamati a pronunciarsi sulle questioni in oggetto ex art 106 TUB, dovranno e potranno richiamarsi per una corretta ricostruzione giuridica e -soprattutto- per una decisione giusta (in fatto e in diritto).

 

 

 

 

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[1] Il riferimento è a Cass. 17 maggio 2024, già pubblicato su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione in blocco di crediti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Tribunale di Brindisi, 17 maggio 2024, Cessione in blocco di crediti: la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del Tribunale di Brindisi. – Diritto del Risparmio.

[2] Il riferimento è a Trib. Brindisi, 16 aprile 2024, già pubblicato su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione crediti, iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e possibile “anticomunitarietà” del contratto: il Tribunale di Brindisi rimette alla Corte Suprema di Cassazione, 18 aprile 2024, Cessione crediti, iscrizione all’albo ex art. 106 TUB e possibile “anticomunitarietà” del contratto: il Tribunale di Brindisi rimette alla Corte Suprema di Cassazione. – Diritto del Risparmio.

[3] Già pubblicata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità, 19 marzo 2024, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio.

[4] Il “che c’azzecca?” di dipietrana memoria sorge spontaneo.

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