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Nota a ACF, 24 gennaio 2024, n. 7144 e ACF, 26 gennaio 2024, n. 7150.

Con due distinte pronunce, la decisione n. 7144 del 24 gennaio 2024 e la decisione n. 7150 del 26 gennaio 2024, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ha riconosciuto la responsabilità dell’Intermediario per condotte negligenti legate, rispettivamente, alla violazione dei principi di adeguatezza e corretta informazione, nonché all’impossibilità di utilizzare la piattaforma di trading on-line per un difetto organizzativo.

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Nella prima decisione viene in evidenza la sottoscrizione, avvenuta nel 2013, di una polizza unit linked in regime di consulenza, sottoposta ratione temporis alla disciplina di cui agli artt. artt. 25-bis del TUF e 85 ss. del Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007[1].

L’ACF, prendendo in considerazione il questionario Mifid sottoscritto contestualmente alla polizza, ne evidenzia l’estrema sinteticità, laddove in esso viene riportata solo la risposta scelta dalla cliente e non anche tutte le opzioni selezionabili, utili a comprendere la portata delle informazioni raccolte. Di qui l’emersione di “criticità sulla valenza informativa e attendibilità della risposta resa, nella misura in cui non risulta rispettato il principio della simmetricità tra rischio e rendimento, prospettandosi un rendimento elevato a fronte di una perdita media, senza tra l’altro decodificare, anche attraverso simulazioni percentuali, l’entità del rischio effettivamente correlato all’investimento proposto”. Inoltre, le dichiarazioni rese sull’esistenza di un orizzonte temporale lungo e sulla conoscenza dei prodotti assicurativi sarebbero nei fatti sconfessate, per l’assenza di altri investimenti in prodotti similari e per il dato anagrafico della cliente (una donna di 87 anni).

Orbene, il verbale di esito della consulenza aveva qualificato l’operazione proposta come adeguata; esso, tuttavia, secondo lo scrutinio dell’ACF, risulterebbe corredato da formule standard e dichiarazioni generiche, atte a “riprodurre, nella sostanza, la definizione dei concetti di appropriatezza e di adeguatezza, senza riferimenti specifici alle valutazioni concretamente svolte e alle correlate motivazioni”.

Si rilevano talune perplessità anche in merito alla profilazione del prodotto, il cui rischio appare sottostimato rispetto a quanto indicato dall’emittente.

Il Collegio richiama, infine, l’art. 85 del Regolamento Intermediari n. 16190 cit., vigente al momento dei fatti, prevedendo questa norma specifiche regole per l’ipotesi in cui, quando la distribuzione dei prodotti fosse abbinata al servizio di consulenza, come nel caso di specie, era richiesta una sorta di “adeguatezza rafforzata”, con la preventiva raccolta delle informazioni circa le esigenze assicurative, volte a certificare la volontà del cliente.

L’Intermediario, nel caso de quo, non avrebbe assolto ai suddetti obblighi in quanto, “pur dichiarando di aver raccolto le esigenze assicurative della cliente, non ne ha dato specificato e motivato conto nel report di consulenza, esplicitando le ragioni che lo inducevano a consigliare il prodotto in lite”[2].

In accoglimento del ricorso, dunque, l’Intermediario è condannato al risarcimento dei danni, quantificati nell’ammontare della perdita subita, oggetto di rivalutazione.

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Nella seconda decisione viene, invece, in rilievo l’impossibilità per il cliente di inoltrare ordini di vendita attraverso la piattaforma on-line dell’Intermediario, a causa di un temporaneo malfunzionamento.

L’ACF precisa come l’Intermediario non abbia fornito alcuna prova circa il corretto funzionamento della piattaforma di trading on-line, a differenza del ricorrente che ha addotto fatti e depositato documenti idonei a provare evidenti anomalie.

Ad avviso del Collegio la clausola di esclusione della responsabilità, contenuta nell’accordo quadro, sarebbe riferibile solo ai malfunzionamenti non imputabili all’Intermediario, con la possibilità di sospendere il servizio solo a fronte di peculiari situazioni. Del resto, una completa esclusione di responsabilità per i disservizi sopravvenuti sarebbe incompatibile con i principi generali dell’ordinamento di settore in materia di presidi organizzativi.

L’art. 21, co. 1, lett. d), TUF impone, infatti, agli intermediari di “disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività”. Invero, già con la comunicazione n. DI/30396 del 21/4/2000, su trading on line e regole di comportamento, la CONSOB aveva fatto presente che “gli intermediari che prestano servizi di trading on line devono dotarsi di sistemi informativi interni adeguati a garantire, tenuto conto dei volumi delle transazioni disposte, il rispetto dell’obbligo di eseguire con tempestività gli ordini impartiti dagli investitori […]”. Ai fini dell’efficienza del sistema, “può risultare opportuno concludere accordi con Internet provider e con altri soggetti coinvolti nel processo, idonei a garantire la funzionalità efficiente del servizio prestato. In ogni caso è necessario che l’intermediario predisponga adeguate procedure e risorse per far fronte ad eventuali “cadute” (anche temporanee) del sistema automatizzato, dotandosi di strumenti alternativi, efficienti e strutturati, che consentano alla clientela di proseguire l’operatività” (cfr. Comunicazione DI/30396 cit.).

Nel caso di specie un elemento pregnante della responsabilità viene individuato dal Collegio anche nel mancato avviso, da parte dell’Intermediario, di qualsivoglia disservizio nell’eseguire le operazioni di trading. Per converso parte ricorrente, riscontrata la criticità, si sarebbe immediatamente attivata per effettuare comunque l’operazione, contattando il proprio consulente finanziario e il call center dell’Intermediario, senza ottenere risposta[3]. Sul punto, l’ACF, in un’altra decisione relativa a una fattispecie analoga, ha stabilito che l’Intermediario “ha l’obbligo di far sì che i sistemi di home banking e trading on-line siano sempre correttamente funzionanti, dovendo oltretutto garantire anche – in caso di difettoso funzionamento – l’esistenza di sistemi di back up ovvero possibilità per il cliente di operare anche attraverso modalità alternative (v. decisione n. 2095, dell’11 dicembre 2019).

Il Collegio condanna l’Intermediario al risarcimento del danno differenziale[4] osservando, peraltro, che la diligenza esigibile dal cliente non poteva essere tale da imporre la trasmissione dell’ordine via fax: tale condotta avrebbe richiesto uno sforzo eccessivo per il cliente e non sarebbe comunque stata in grado di consentire un celere svolgimento dell’operazione.

 

 

 

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[1] Il Ricorrente, in qualità di erede della madre defunta, lamenta che la de cuius, cliente di lungo corso dell’Intermediario convenuto e la cui operatività si era sempre caratterizzata per investimenti a capitale garantito, all’età di 87 anni, su suggerimento del consulente di riferimento, sottoscriveva una polizza unit linked, all’uopo conferendo un ingente somma. A seguito del decesso della madre, il ricorrente, divenuto beneficiario del contratto, rilevava una perdita di oltre dieci mila euro, non compatibile con l’obiettivo di preservare il capitale del defunto genitore.

[2] La decisione evince come la cliente, in maniera acritica, abbia finito per barrare tutti i “sì”. L’unica esigenza assicurativa effettiva, ancorché non esplicitata nel report di consulenza, poteva essere – secondo l’ACF – quella di beneficiare della specifica disciplina successoria a cui sono soggette le polizze assicurative. Nel caso di specie il beneficiario era anche l’unico erede della contraente, una donna di 87 anni, la quale avrebbe potuto effettivamente avere un interesse specifico alla sottoscrizione del prodotto in parola nel solo caso in cui il suo patrimonio fosse stato superiore ad 1 milione di euro, potendo così evitare al figlio di dover corrispondere l’imposta di successione.

[3] Nel caso di specie il ricorrente non ha potuto inserire gli ordini neppure telefonicamente attraverso il call center dell’intermediario.

[4] Il quantum del danno risarcibile è pari alla differenza tra il controvalore degli 8.000 cerificates in portafoglio al prezzo del 19 maggio 2020, quando è stato impossibile impartire ordini di vendita, e il controvalore degli stessi titoli il 20 maggio 2020, quando è stata effettuata la vendita.

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