Sussiste la competenza della Sezione specializzata in materia di impresa in ordine alla domanda di nullità della fideiussione omnibus riproduttiva del contenuto dello schema contrattuale predisposto dall’ABI, per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a), della legge n. 287/1990, poiché l’azione volta alla declaratoria di invalidità del contratto “a valle” implica l’accertamento della nullità dell’intesa vietata[1].
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Ai sensi dell’art. 1419 c.c. vige la regola secondo cui la nullità parziale non si possa estendere all’intero contenuto della disciplina negoziale, se permane l’utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice; al contrario, l’estensione all’intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata[2]. Ebbene, tale ultima evenienza è di ben difficile riscontro nel caso in esame; invero, avuto riguardo alla posizione del garante, la riproduzione nelle fideiussioni delle clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI ha certamente prodotto l’effetto di rendere la disciplina più gravosa per il medesimo, imponendogli maggiori obblighi senza riconoscergli alcun corrispondente diritto, sicché la loro eliminazione ne alleggerirebbe la posizione. D’altro canto, il fideiussore, salvo rigorosa allegazione e prova del contrario, avrebbe, in ogni caso, prestato la garanzia, anche senza le clausole predette, essendo generalmente portatore di un interesse economico al finanziamento bancario. Al riguardo, il surriferito provvedimento n. 55/2005 osserva che il fideiussore è normalmente cointeressato, in qualità di socio d’affari o di parente del debitore, alla concessione del finanziamento in favore di quest’ultimo e, quindi, ha un interesse concreto e diretto alla prestazione della garanzia. Al contempo, anche l’imprenditore bancario ha interesse al mantenimento della garanzia, anche espunte le clausole de quibus a lui favorevoli, attesa che l’alternativa sarebbe quella dell’assenza completa della fideiussione, con minore garanzia per i propri crediti.
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Trattasi di una nullità speciale, prevista dagli artt. 2, comma 2, lett. a), l. n. 287/1990 e 101 TFUE, la cui ratio si rinviene nella esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico economico. Ne discende la rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice, nei limiti stabili dalla giurisprudenza di legittimità, a presidio del principio processuale della domanda. Deve, quindi, predicarsi, senza soluzione di continuità con la giurisprudenza delle Sezioni Unite[3], che i contratti di fideiussione omnibus, stipulati “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle, siano non dissimilmente affetti da nullità parziale, ai sensi degli artt. 2, comma 3, l. n. 287/1990 e 1419 c.c., in relazione alle sole clausole riproduttive dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata (salvo che sia desumibile dal contratto o, comunque, diversamente comprovata una diversa volontà delle parti).
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Si rileva che, nel contratto autonomo di garanzia (ai fini della cui distinzione dalla fideiussione non è decisivo l’impiego, o meno, di espressioni quali “a prima richiesta” o “a semplice richiesta scritta”, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia), il garante, improntandosi la relazionalità tra lo stesso e il creditore beneficiario a piena autonomia, non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa e che, per il tramite del contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall’ordinamento.
Giova rammentare come le Sezioni Unite abbiano espressamente statuito che la clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” valga, di per sé, a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che, per converso, caratterizza il contratto di fideiussione[4]. In tale ipotesi, la previsione del carattere incondizionato dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo pari all’ammontare dell’obbligazione garantita esclude l’applicabilità della normativa sulla fideiussione alla garanzia, la quale si deve ritenere svolgere una funzione analoga a quella del deposito cauzionale. Nel caso di specie, per contro, il carattere autonomo della garanzia non si desume dal dato testuale, che si riferisce alla figura della fideiussione, né, tantomeno, dalla disciplina dell’escussione della garanzia, per cui «il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta» e che è evidentemente riferita alle modalità dell’escussione e ai tempi del pagamento da parte del garante, ma non limita in alcun modo le eccezioni da questo opponibili. Peraltro, ove si ritenesse dubbia l’interpretazione del testo, dovrebbe preferirsi l’opzione per la fideiussione, dal momento che questa configura una fattispecie tipica, alla quale si deve presumere indirizzata la comune volontà delle parti.
In conclusione, è priva della necessaria decisività, ai fini della qualificazione del contratto di garanzia come autonomo o accessorio all’obbligazione, la clausola di “pagamento a prima richiesta” o altra equipollente[5].
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Da ultimo, deve essere dichiarata la decadenza della convenuta dall’escussione della garanzia prestata dall’attore, con riferimento alle obbligazioni derivanti dal contratto di conto corrente e dagli affidamenti stipulati, rispetto ai quali la Banca comunicò il recesso, in mancanza di prova che la convenuta abbia fatto valere le proprie ragioni, con domanda giudiziale, proposta entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. A tal proposito, è applicabile la disposizione de qua venendo in rilievo nella fattispecie una fideiussione e non un contratto autonomo di garanzia ed essendo, al contempo, nulla la clausola di deroga allo stesso articolo, per violazione della normativa antitrust. È, dunque, applicabile l’art. 1957 c.c. e, ai fini di cui al secondo comma, rileva, quale “istanza”, la sola iniziativa giudiziale, non potendosi valorizzare gli atti stragiudiziali; tale disposizione è finalizzata a promuovere iniziative sollecite e serie da parte del creditore, per il recupero del proprio credito: di talché, il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato[6].
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[1] Cfr. Cass. n. 6523/2021.
[2] Cfr. Cass. n. 11673/2007.
[3] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 30.12.2021, n. 41994.
[4] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 18.02.2010, n. 3947.
[5] Cfr. Cass. n. 16825/2016.
[6] Cfr. Cass. n. 1724/2016.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it