Nota a Trib. Roma, Sez. XVII, 7 aprile 2022, n. 339.
Massima redazionale (segnalazione dell’Avv. Nicola Stiaffini)
Nella specie, il Tribunale romano, dopo essersi allineato con il recentissimo pronunciamento delle Sezioni Unite Civili n. 41994/2021, rileva l’infondatezza della domanda di nullità, integrale o parziale, della fideiussione prestata dalle Società opponenti, per violazione della normativa antitrust, in considerazione del fatto che nei confronti della stessa non trovano applicazione né il noto Provvedimento n. 55/2005, reso da Banca d’Italia in qualità di Autorità antitrust tra Istituti creditizi, né, tantomeno, i principi sanciti dal prefato pronunciamento del massimo consesso.
Invero, Banca d’Italia ha dichiarato che gli artt. 2, 6 e 8 del modello ABI di fideiussione omnibus, predisposto nell’ottobre del 2002, contenesse disposizioni che, ove applicate in modo uniforme, risultavano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a), l. n. 287/1990.
Ciò premesso, l’inapplicabilità alla fideiussione de qua del Provvedimento n. 55/2005 (con tutto quello che ne consegue in termini di nullità delle fideiussioni “a valle”), non deriva tanto dal fatto che si tratta di una fideiussione specifica, anziché di una fideiussione omnibus, quanto piuttosto dal fatto che non è stata prestata su un modello predisposto dalla Banca conforme allo schema ABI, censurato dall’Autorità antitrust, ma è contenuta al punto “VI – FIDEJUSSIONI” dell’allegato “Capitolato delle condizioni che formano parte integrante del contratto di finanziamento”.
Le Sezioni Unite, nel chiarire la natura del “collegamento funzionale”, che deve sussistere per estendere la nullità antitrust dell’intesa “a monte” alla fideiussione “a valle”, ha precisato che tale violazione della normativa antitrust «è riscontrabile in ogni caso in cui tra atto a monte e contratto a valle sussista un nesso che faccia apparire la connessione tra i due atti a produrre un effetto anticoncorrenziale». A tale riguardo, hanno, poi, precisato che «la funzionalità in parola si riscontra con evidenza quando il contratto a valle (nella specie una fideiussione) è interamente o parzialmente riproduttivo dell'”intesa” a monte, dichiarata nulla dall’autorità amministrativa di vigilanza, ossia quando l’atto negoziale sia di per sè stesso un mezzo per violare la normativa antitrust, ovvero quando riproduca – come nel caso concreto – solo una parte del contenuto dell’atto anticoncorrenziale che lo precede, in tal modo venendo a costituire lo strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale». In tal senso, le Sezioni Unite affermano che «Non è certo la deroga isolata – nei singoli contratti tra una banca ed un cliente – all’archetipo codicistico della fideiussione, ed in particolare agli artt. 1939, 1941 e 1957 c.c., a poter, invero, determinare problemi di sorta, come è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità, in termini di effetto anticoncorrenziale». Difatti, il predetto “nesso funzionale” tra l’intesa vietata “a monte” e la fideiussione “a valle” è evidente quando le menzionate deroghe all’archetipo codicistico vengano reiteratamente proposte in più contratti, così determinando un potenziale abbassamento del livello qualitativo delle offerte rinvenibili sul mercato. La serialità della riproduzione dello schema ABI adottato “a monte” viene, difatti, a connotare negativamente la condotta degli Istituti di credito, erodendo la libera scelta dei clienti-contraenti e incidendo negativamente sul mercato.
Soltanto dopo aver accertato la sussistenza di tale “nesso funzionale” tra intesa restrittiva della concorrenza e reiterazione seriale in più contratti delle clausole contenute nello schema ABI ritenute illecite per violazione della normativa antitrust, il giudice deve limitarsi valutare (ai fini dell’accertamento della nullità parziale delle corrispondenti clausole delle fideiussioni “a valle”) se le disposizioni convenute contrattualmente (anche a distanza di anni dal citato provvedimento) coincidono o meno con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva della concorrenza.
Mancando, nella fattispecie in esame, la serialità della riproduzione dello schema ABI adottato “a monte”, diventa irrilevante, ai fini della decisione, verificare se le clausole pattuite nel caso in esame corrispondono o meno a quelle dello schema ABI in contrasto con la normativa antitrust. Pertanto, la circostanza che la fideiussione specifica di cui trattasi non è stata rilasciata sul modello corrispondente allo schema ABI più volte richiamato, ma è contenuta in un apposito articolo del “Capitolato delle condizioni che formano parte integrante del contratto di finanziamento”, impedisce di rinvenire quel necessario “nesso funzionale” tra l’intesa vietata “a monte” e la fideiussione rilasciata dalle opponenti che fa apparire il secondo come funzionale a produrre l’effetto anticoncorrenziale del primo.
In definitiva, mancando il presupposto della reiterata riproduzione (totale o parziale) in più contratti seriali “a valle” dello schema ABI adottato “a monte”, deve escludersi, in difetto di prova contraria, che la serialità della riproduzione dello schema ABI abbia eroso la libertà dei fideiussori incidendo negativamente sul mercato. Deve essere, consequenzialmente, rigettata la domanda di nullità totale o parziale della fideiussione in contestazione per violazione della normativa antitrust.
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