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Nota a Trib. Terni, 29 maggio 2025, n. 419.

Massima redazionale

Preliminarmente il Tribunale umbro rigetta le eccezioni di prescrizione formulate dalla convenuta. Più in particolare, in relazione all’azione di annullamento, il dies a quo del termine quinquennale di prescrizione dell’azione decorre dal giorno in cui è stato scoperto l’errore o il dolo ex art. 1422, comma 2, c.c. che, nel caso di specie, può essere collocato alla data dell’approvazione del bilancio BPB 2015 (ovverosia, in data 24.04.2016). Per quanto concerne, invece, la risoluzione per inadempimento ed il conseguente risarcimento danni, dette richieste ineriscono la responsabilità contrattuale della banca e, dunque, la prescrizione è decennale con decorrenza del termine a far data dall’acquisto dei titoli o, più correttamente, dalla data certa del declassamento o minusvalenza di valore dei titoli che, anche in questo caso, va collocata alla data dell’approvazione del bilancio 2015 sopra citata, momento in cui è avvenuto il declassamento delle azioni BPB per il 20% circa del suo valore. In nessuno dei due casi, quindi, può dirsi astrattamente decorso il termine di prescrizione.

Passando al merito delle domande, può ritenersi sussistente, in considerazione della documentazione prodotta, il mancato rispetto degli obblighi informativi a carico della Banca, circostanza che può validamente fondare la risoluzione. In primo luogo, infatti, deve essere tenuta in considerazione la particolare natura dei titoli di causa ovvero il fatto che si trattasse di azioni illiquide e, quindi, assimilabili ad altri prodotti finanziari più complessi rispetto ai quali, non avendo significative pregresse esperienze di investimento, l’attrice non aveva mai orientato i propri interessi. Nello specifico, esaminando il portafoglio titoli dell’attrice si evince che la stessa, unitamente al suo defunto marito, avesse investito tutti i suoi risparmi nei titoli BPB, non risultando presenti altre tipologie di investimenti. Inoltre, facendo riferimento al questionario sulla profilatura del rischio compilato nel 2011, risulta che l’attrice ha dichiarato di possedere reddito sino a 50.000,00 euro proveniente da pensione o lavoro, con patrimonio complessivo fino ad euro 200.000,00, di avere debiti per un importo inferiore ai 50.000 euro e di aver effettuato, negli ultimi 12 mesi, investimenti in strumenti finanziari per un importo fino a 5.000 euro. Poste queste premesse, occorre osservare che gli obblighi informativi previsti dalla normativa a carico dell’intermediario finanziario al momento di proporre l’acquisto di strumenti finanziari, sono finalizzati a riequilibrare l’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti, in favore dell’investitore, parte debole del rapporto, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole[1], indipendentemente dal livello di esperienza e di conoscenza dello stesso investitore. L’operato dell’intermediario finanziario deve essere “altamente professionale, prudente e diligente”, una condotta positiva diretta a fornire le informazioni idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne la rischiosità[2] e, ai sensi dell’art. 23, comma 6, TUF, incombe sull’intermediario la prova di tali circostanze in giudizio[3].

La dichiarazione del cliente nella quale si affermi di aver ricevuto un’informazione completa sulle caratteristiche e sui rischi dei medesimi prodotti, non può essere considerata confessione stragiudiziale, a norma dell’art. 2375 c.c., perché rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo, ed intrinsecamente inidonea ad accertare quali concrete informazioni siano state fornite al cliente in ordine allo specifico prodotto finanziario[4].

Nel caso di specie, i prospetti informativi dei vari aumenti di capitale BPB a cui ha aderito l’attrice erano composti da moltissime pagine e contenevano informazioni strettamente tecniche e certamente non comprensibili anche per una persona comune e non “addetta al mestiere”. A ciò deve essere soggiunto che la profilatura del prodotto “azioni BPB” proposta era assolutamente non congrua in quanto il prodotto era valutato come basso (sino al 2012) e come medio (sino al 31.12.2015), medio alto ed illiquido solo nel periodo successivo al 2015, valutazione che, stante la natura del prodotto, non appare adeguata poiché lo stesso presentava significative difficoltà di smobilizzo entro un lasso temporale congruo e esponeva il risparmiatore al rischio della perdita dell’intero capitale. Dalla documentazione informativa prodotta, infatti, si evince solamente che “gli azionisti potrebbero incontrare difficoltà in futuro, ove vogliano vendere, in tutto o anche solo in parte, le proprie azioni. Essi potrebbero, infatti, non trovare controparti disponibili all’acquisto in tempi ragionevolmente brevi o a prezzi in linea con le proprie aspettative”, informazione scritta che, stante la particolarità del prodotto, non può dirsi idonea ad assolvere l’onere informativo gravante sull’intermediario, non vi era alcun avvertimento della possibile illiquidità totale delle azioni o del “rischio default” della banca, circostanza che avrebbe potuto provocare la perdita totale dei risparmio, in ogni caso, sarebbe stato necessario un avvertimento circa la possibilità di perdere integralmente il capitale.

È evidente, quindi, che il dovere dell’intermediario di comportarsi secondo correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi non appare rispettato nel caso di specie in quanto non è stata offerta un’informativa stringente e puntuale ponderando le conoscenze e l’esperienza del cliente con i rischi di mercato, società emittente e liquidità del prodotto.

Trova certa applicazione al caso di specie il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità[5],  per cui “in tema di intermediazione finanziaria, nel caso in cui l’investitore proceda al compimento di un’operazione inadeguata, deve ritenersi assolto l’obbligo informativo gravante sull’intermediario ai sensi dell’art. 29 del reg. Consob n. 11522 del 1998 allorché quest’ultimo, valutati gli elementi di giudizio in suo possesso, abbia offerto all’investitore un’effettiva spiegazione delle ragioni dell’inadeguatezza e l’investitore ne abbia autorizzato l’esecuzione esternando la sua volontà mediante ordine scritto o su altro supporto equivalente in cui sia esplicitato il riferimento alle avvertenze ricevute; tuttavia, in caso di contestazione del cliente, che alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che, invece, quelle informazioni siano state fornite, ovvero che non fossero dovute”.

In ogni caso, dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario al fine di consentire al cliente una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati. Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto e dell’assenza di prova scritta specifica, unica idonea ad assolvere all’onere probatorio incombente sulla convenuta e ad esplicare efficacia liberatoria, avendo la convenuta prodotto solo documentazione informativa generica, deve affermarsi che l’inadempimento di parte convenuta risulta particolarmente pregnante e di gravità tale da determinare la risoluzione contrattuale degli ordini di acquisto dei titoli BPB ai sensi dell’art. 1453 c.c., con i conseguenti obblighi restitutori-risarcitori.

 

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 06.12.2022, n. 35789.

[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 21.04.2016, n. 8089.

[3] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 15.03.2016 n. 5089; Cass. Civ., Sez. I, 09.08.2016, n. 16828.

[4] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 05.08.2019, n. 29899.

[5] Cfr. Cass. n. 23570/2020.

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