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Nota a Cass. Civ., Sez. III, 4 dicembre 2024, n. 31105.

La fideiussione a prima richiesta è una fideiussione? È questo il dubbio esistenziale che attanaglia, oramai da tempo, tale centrale forma di garanzia personale. Non si tratta di un dibattito giuridico fine a se stesso poiché, per buona parte della attuale giurisprudenza di merito, ricondurre una garanzia alla fideiussione ovvero al contratto autonomo di garanzia determina importanti ricadute pratiche. Difatti, a mente del riferito orientamento giurisprudenziale, solo ove se ne accertasse la natura di fideiussione, l’istanza avanzata dalla banca, nei sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, dovrà assumere di necessità veste giudiziale per impedire la decadenza dal suo diritto di agire verso il fideiussore. Diversamente, ove si concludesse per la sua natura di garanzia autonoma, sarebbe sufficiente una mera istanza stragiudiziale ad impedire la decadenza medesima.

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 31105/2024 affronta due questioni centrali nel diritto delle garanzie personali: la distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia in presenza di clausole “a prima richiesta”, e la problematica della nullità delle fideiussioni conformi allo schema ABI. La pronuncia offre importanti spunti di riflessione e linee guida operative per i professionisti e per gli operatori del settore.

Il caso nasce da una controversia relativa a un contratto di fideiussione contenente una clausola che prevedeva l’obbligo del fideiussore di “pagare immediatamente all’Azienda di credito, a semplice richiesta scritta, anche in caso d’opposizione del creditore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio”. La Corte d’Appello di Salerno aveva qualificato tale pattuizione come contratto autonomo di garanzia, ritenendo che la previsione del pagamento immediato fosse sufficiente a configurare una deroga al principio di accessorietà tipico della fideiussione.

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha invece ritenuto che la mera presenza di una clausola “a prima richiesta” non sia decisiva ai fini della qualificazione del contratto come garanzia autonoma, dovendo il giudice di merito accertare l’effettiva volontà delle parti attraverso un’indagine più approfondita dell’intero regolamento negoziale.

La pronuncia si inserisce nel percorso evolutivo della giurisprudenza in materia di garanzie personali, che ha visto un momento fondamentale nella sentenza delle Sezioni Unite n. 3947/2010. Quest’ultima aveva individuato quale elemento distintivo tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia la presenza di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni”, ritenuta incompatibile con il principio di accessorietà caratterizzante la fideiussione.

La giurisprudenza successiva ha progressivamente affinato questa impostazione, precisando che la deroga all’art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita nella mera presenza di una clausola di “pagamento a prima richiesta”. Tale disposizione, infatti, esprime un’esigenza di protezione del fideiussore che può essere considerata meritevole di tutela anche quando manchi un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale.

La Cassazione ha elaborato un principio di diritto secondo cui “in materia di garanzie personali, la presenza nell’accordo di garanzia di una clausola a prima richiesta non è decisiva ai fini di stabilire se le parti abbiano inteso stipulare una fideiussione o un contratto autonomo di garanzia, rendendosi a tal fine necessario accertare, per mezzo di una indagine diretta a ricostruire, facendo uso degli ordinari strumenti interpretativi nella disponibilità del giudice, l’effettiva volontà delle parti, lo scopo che queste hanno inteso perseguire per mezzo dell’intervenuta stipulazione”.

Questo orientamento si fonda su diverse considerazioni:

  1. La clausola “a prima richiesta” può assumere significati diversi nel contesto negoziale, potendo riferirsi sia a garanzie autonome sia a garanzie fideiussorie;
  2. L’interpretazione deve considerare l’intero regolamento contrattuale e non solo la singola clausola;
  3. La qualificazione come fideiussione o garanzia autonoma deve emergere da una chiara manifestazione di volontà delle parti.

La Corte sottolinea, peraltro, come sia particolarmente significativo il fatto che la clausola sia inserita in un contratto espressamente qualificato come fideiussione. Questa circostanza deve essere valorizzata nell’interpretazione della volontà delle parti, in quanto indica una presumibile intenzione di mantenere il carattere accessorio della garanzia.

L’approccio della Suprema Corte privilegia quindi un’interpretazione sistematica del contratto, che tenga conto non solo del dato letterale delle singole clausole, ma anche del complessivo assetto di interessi che le parti hanno inteso realizzare.

Quanto alla questione della nullità delle clausole conformi allo schema ABI, sebbene la Corte non sia entrata nel merito per ragioni processuali, il tema mantiene una notevole rilevanza pratica. Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia aveva infatti accertato la natura anticoncorrenziale di alcune clausole dello schema ABI per la fideiussione omnibus.

La Cassazione, pur non affrontando direttamente questo tema, ha ribadito il principio secondo cui le nullità negoziali non rilevate d’ufficio in primo grado possono essere esaminate in appello o in cassazione solo se i relativi fatti costitutivi sono stati ritualmente allegati dalle parti.

In definitiva, è possibile affermare che la sentenza ha importanti ricadute sulla prassi contrattuale e sull’operatività degli istituti di credito. In particolare:

  1. È necessaria maggiore attenzione nella redazione delle clausole di garanzia, esplicitando chiaramente l’eventuale volontà di derogare al principio di accessorietà;
  2. L’interpretazione delle garanzie esistenti dovrà tenere conto non solo delle singole clausole ma dell’intero contesto contrattuale;
  3. La qualificazione come fideiussione o garanzia autonoma non può basarsi sulla mera presenza di formule standardizzate.

La pronuncia in commento rappresenta un importante contributo alla sistematizzazione della materia delle garanzie personali, privilegiando un approccio sostanzialistico che guarda all’effettiva volontà delle parti piuttosto che al mero dato formale delle clausole contrattuali.

La sentenza si caratterizza per un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di certezza dei rapporti giuridici e la necessità di tutelare il fideiussore, confermando la tendenza della giurisprudenza a una valutazione complessiva del regolamento contrattuale che non si arresti al dato letterale delle singole clausole.

Le indicazioni fornite dalla Corte costituiranno un importante riferimento per la prassi contrattuale e per l’interpretazione delle garanzie personali, richiedendo agli operatori una maggiore attenzione nella redazione delle clausole e una più approfondita valutazione dell’intero contesto negoziale.

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