Nota a Trib. Salerno, Sez. I, 3 gennaio 2024.
Nella specie, parte opponente deduceva che la Banca opposta non fosse effettivamente titolare del credito azionato (e sul quale si fondava il decreto ingiuntivo), non avendo comprovato una delle cessioni seriali precedenti al proprio subingresso.
Il Tribunale salernitano ritiene il motivo de quo fondato e, pertanto, meritevole di accoglimento. Invero, occorre premettere che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità[1], «La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio, è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto, sicché, in coerenza, le contestazioni, da parte di quest’ultimo, della titolarità del rapporto controverso dedotta, hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, poiché, al contempo, la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile d’ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa».
Tanto comporta, in primo luogo, che, nel caso di specie, non si controverta tecnicamente di difetto di legittimazione (attiva) della parte opposta con riferimento al diritto di credito attivato mediante deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, essendo sufficiente per la sussistenza della suddetta condizione dell’azione la coincidenza tra chi si afferma di essere titolare del giudizio e chi agisce processualmente per la tutela del diritto stesso; trattasi, per converso, della sussistenza o meno della titolarità del diritto di credito contestato in capo alla parte opposta e, dunque, attenendo la predetta titolarità agli elementi costitutivi ex art. 2697 c.c. della domanda, alla fondatezza della stessa.
Fatta questa premessa, la società che si afferma successore della parte originaria e assuma, quindi, di essere cessionaria di crediti bancari in blocco è onerata dal fornire la prova della propria legittimazione; la cessione del credito, in particolare, opera una successione nel lato attivo dell’obbligazione e trova la propria disciplina generale nell’art. 1260 c.c., ai sensi del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore; in caso di cessione in blocco di crediti, a norma dell’art. 58 TUB, «La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana …». Tale norma, introducendo una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 1264 c.c., si pone nell’ottica di agevolare la pubblicità e l’opponibilità di trasferimenti interessanti vasti portafogli di crediti, in modo tale che la pubblicazione dell’atto di cessione, ponendosi sullo stesso piano degli oneri prescritti dalla disciplina codicistica per la notificazione dell’atto al debitore ceduto, ne realizzi di fatto il medesimo effetto di pubblicità.
Nell’ipotesi di cessione di azienda bancaria e di cessione di crediti oggetto di cartolarizzazione, pertanto, la pubblicazione dell’atto di cessione sulla Gazzetta Ufficiale sostituisce a ogni effetto la notificazione dell’atto, ovverosia l’accettazione da parte del debitore ceduto, con la conseguenza che, mentre secondo la disciplina ex art. 1264 c.c. è sufficiente che il cessionario provi la notificazione della cessione ovvero l’accettazione da parte del debitore, la disciplina speciale richiede semplicemente la prova che la cessione sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, oltre all’iscrizione nel registro delle imprese.
In base alla disciplina speciale prevista dall’art. 58 TUB, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione esonera la cessionaria dalla notificazione al debitore ceduto, ma non necessariamente l’avvenuta pubblicazione può ritenersi sufficiente a fornire la prova dell’esistenza della cessione stessa, in quanto una cosa è l’avviso della cessione, un’altra è la prova della sua esistenza e del suo specifico contenuto[2]. Allegare la copia dell’estratto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, pertanto, non è da solo sufficiente a provare l’avvenuta cessione di quello specifico credito[3], soprattutto tutte le volte in cui tale avviso pretenda di individuare il contenuto del contratto di cessione “in blocco” mediante riferimento a criteri eccessivamente generici e non individualizzanti. Costituisce inoltre principio ormai consolidato[4], quello secondo cui «La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del D.lgs. n. 385 del 1993, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta».
Inoltre, di recente, la Corte Suprema di Cassazione[5], ha ulteriormente chiarito che «In definitiva, in caso di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 TUB, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano d’individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, sicché, ove i crediti ceduti sono individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base all’origine entro una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze in conformità alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, il giudice di merito ha il dovere di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di origine dello stesso e alle altre caratteristiche del rapporto, quali emergono delle prove raccolte in giudizio, la pretesa azionata rientri tra quelle trasferite alla cessionaria o sia al contrario annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione».
È intervenuta anche una diversa ordinanza[6], la quale si segnala per avere risolto in modo chiaro gli aspetti relativi all’onere della prova circa la titolarità attiva in capo alla parte che assume di essere cessionaria del credito oggetto di ingiunzione (o, eventualmente, di esecuzione forzata). Con la pronuncia indicata, in una vicenda del tutto analoga a quella di cui al presente giudizio (concernendo un caso in cui vi era stata una pluralità di cessioni), gli ermellini hanno così statuito: «Il ricorrente contesta il rigetto del motivo di opposizione con il quale egli aveva contestato la legittimazione sostanziale della società intimante, la quale assume di avere acquistato la titolarità del credito oggetto dell’intimazione, in origine spettante a __ – , in base ad una serie di cessioni successive (precisamente: da poi da questa a quest’ultima all’intimante ” ). ., .. , infine da Sostiene che la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente, a tal fine, che egli fosse semplicemente stato reso edotto delle suddette cessioni, pur in mancanza di una effettiva prova delle stesse, nonché della prova che il credito intimato rientrasse tra quelli oggetto dell’operazione di cessione in blocco da ultimo intervenuta in favore della società intimante. Il motivo è fondato. 1.1 Nella motivazione della sentenza impugnata, la corte d’appello, nella sostanza, si limita a dare atto della sussistenza di adeguata prova della avvenuta notificazione al debitore ceduto delle cessioni che si assumono intervenute con riguardo al credito oggetto del precetto opposto, ai sensi dell’art. 1264 e.e. e dell’art. 58 del decreto legislativo 1 ° settembre 1993 n. 385 {T.U.B.). In tal modo, si finisce però per confondere il requisito della “notificazione” della cessione al debitore ceduto, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo e dell’esclusione del carattere liberatorio dell’eventuale pagamento dal medesimo effettuato in favore del cedente, con la prova dell’effettiva avvenuta stipulazione del contratto di cessione e, quindi, dell’effettivo trasferimento della titolarità di quel credito, prova necessaria per dimostrare l’effettiva legittimazione sostanziale ad esigerlo da parte del preteso cessionario, laddove tale qualità sia contestata dal debitore ceduto. 1.2 Essendo stati, in proposito, richiamati alcuni precedenti di questa stessa Corte in cui sembrerebbe in qualche modo adombrato che la pubblicazione, da parte della banca cessionaria, nella Gazzetta Ufficiale, della notizia di un’operazione di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell’art. 58, comma 2, del decreto legislativo 1 ° settembre 1993 n. 385 {T.U.B.) costituisca di per sé prova della cessione, la Corte ritiene opportuno effettuare le seguenti precisazioni. In linea generale, ai fini della prova della cessione di un credito, benché non sia di regola necessaria la prova scritta, di certo non può ritenersi idonea, di per sé, la mera notificazione della stessa operata al debitore ceduto dal preteso cessionario ai sensi dell’art. 1264 e.e., quanto meno nel caso in cui sul punto il debitore ceduto stesso abbia sollevato una espressa e specifica contestazione, trattandosi, in sostanza, di una mera dichiarazione della parte interessata. Tale principio vale, ovviamente, in qualunque forma sia avvenuta la cessione e in qualunque forma sia avvenuta la relativa notificazione da parte del cessionario al ceduto; quindi, almeno di regola, anche se la cessione sia avvenuta nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari a tanto autorizzati e la notizia della cessione sia eventualmente stata data dalla banca cessionaria mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B. I precedenti di questa Corte in cui pare farsi riferimento alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia della cessione quale prova della stessa, vanno rettamente intesi. Sul punto, si deve certamente condividere, in diritto, quanto già espressamente e ripetutamente affermato nei vari precedenti in cui si è precisato che «una cosa è l’avviso della cessione – necessario ai fini dell’efficacia della cessione – un’altra la prova de/l’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto; di conseguenza la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera sì la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma, se individua il contenuto del contratto di cessione, non prova l’esistenza di quest’ultima» ( così espressamente Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22151 del 05/09/2019; cfr. già in precedenza Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5997 del 17/03/2006, Rv. 588138 – 01, secondo cui: «l’art. 58, secondo comma, del d. lgs. 1 ° settembre 1993, n. 385, nel testo originario, applicabile “ratione temporis’ ha inteso agevolare la realizzazione della cessione “in blocco” di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa ne confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, e dispensando la banca cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti; tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 e.e., può essere validamente surrogato da questi ultimi e, segnatamente, dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma, e può quindi aver luogo anche mediante l’atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio; esso, comunque, è del tutto estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa, in quanto rileva al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente»), ovvero, più specificamente, che «la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un ‘operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta» {Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24798 del 05/11/2020, Rv. 659464 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4116 del 02/03/2016, Rv. 638861 – 01). Va tenuto presente che: a) la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma; dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità; b) opera, poi, certamente, in proposito, il principio di non contestazione; c) va, comunque, sempre distinta la questione della prova dell’esistenza della cessione (e, più in generale, della fattispecie traslativa della titolarità del credito) dalla questione della prova dell’inclusione di un determinato credito nel novero di quelli oggetto di una operazione di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B. Sulla base di tali ultime puntualizzazioni, si può certamente confermare, in primo luogo, che, in caso di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete. In tal caso, infatti, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare l’esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere affatto dimostrato (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum): il fatto da provare è costituito soltanto dall’esatta individuazione dell’oggetto della cessione (più precisamente, della esatta corrispondenza tra le caratteristiche del credito controverso e quelle che individuano i crediti oggetto della cessione in blocco) e, pertanto, sotto tale limitato aspetto, le indicazioni contenute nell’avviso di cessione dei crediti in blocco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in relazione ad una operazione da ritenersi certamente esistente in quanto non contestata, possono ben essere valutate al fine di verificare se esse consentono o meno di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario (di modo che, solo laddove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo; cfr. sul punto, di recente, per un caso in cui tale riconducibilità è stata esclusa in concreto, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9412 del 05/04/2023, che risulta in corso di massi mazione). Diverso è, però, il caso in cui (come certamente accaduto nella specie) sia oggetto di specifica contestazione da parte del debitore ceduto la stessa esistenza del contratto (ovvero dei vari contratti) di cessione: in questo caso, detto contratto deve essere certamente oggetto di prova e, a tal fine, come sopra chiarito, di regola non può ritenersi sufficiente una mera dichiarazione della parte cessionaria e, quindi, come tale, neanche la mera “notificazione” della cessione da questa effettuata al debitore ceduto, neanche se tale notificazione sia avvenuta mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B., dalla società cessionaria di rapporti giuridici individuabili in blocco. D’altra parte, ciò non esclude che tale avviso, unitamente ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato come indizio dal giudice del merito, sulla base di adeguata motivazione, al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione: ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nel caso in cui l’avviso risulti pubblicato su iniziativa della stessa banca cedente o di quest’ultima unitamente alla società cessionaria, ovvero quando vi siano altre particolari ragioni che inducano a ritenerlo un elemento che faccia effettivamente presumere l’effettiva esistenza della dedotta cessione. In tali casi, la questione si risolve in un accertamento di fatto da effettuare in base alla valutazione delle prove da parte del giudice del merito e detto accertamento, come è ovvio, se sostenuto da adeguata motivazione, non sarà sindacabile in sede di legittimità.».
Orbene, nella fattispecie concreta, l’opponente ha contestato la prova stessa dell’esistenza del contratto di cessione del credito, deducendo che, dalla documentazione versata in atti, non era dato riscontrare che il supposto debito, rinveniente dalle carte revolving, fosse effettivamente stato oggetto di cessioni in blocco seriali. Del tutto inconferente allo scopo è la mera notifica della cessione che, come noto, non prova la titolarità del credito in capo alla cessionaria, ma ha il solo di impedire pagamenti liberatori alla cedente. Dal tenore letterale della contestazione sollevata dall’opponente risulta non solo come essa sia specifica, ma anche relativa alla prova della intervenuta cessione stessa del credito, avendo anche evidenziato l’irrilevanza della notifica della cessione stessa.
Applicando tali coordinate ermeneutiche alla vicenda in esame, deve ritenersi che la cessionaria non abbia fornito la prova della continuità delle cessioni in blocco, aventi a oggetto il credito azionato (segnatamente, da parte della originaria mutuante in favore della SPV, che, a sua volta, avrebbe ceduto il credito azionato in via monitoria all’opposta). Invero, la Banca, a fronte della specifica contestazione formulata dall’opponente, avrebbe dovuto produrre in giudizio il contratto di cessione dei crediti concluso tra la sua dante causa e l’originaria mutuante.
Tanto preclude già, in considerazione della natura di atto traslativo a titolo particolare della cessione del credito, che presuppone la prova di tutta la sequenza dei trasferimenti senza soluzione di continuità[7], di poter ritenere provata la titolarità dello stesso in capo alla opposta.
Inoltre, anche sulla base dell’estratto della Gazzetta Ufficiale non è possibile evincere con certezza l’intervenuto trasferimento in favore della odierna opposta del credito originariamente vantato dalla Banca nei confronti degli opponenti, dal momento che l’avviso ha contenuto generico e non il credito azionato non è riconducibile de plano ad alcuna delle categorie menzionate.
Dunque, anche considerata la necessità, ai fini della prova della cessione del credito oggetto di ingiunzione in favore della opposta, della sussistenza di tutti i requisiti indicati nella Gazzetta Ufficiale cumulativamente tra loro, ne consegue, con ogni evidenza, che non avendo la Banca dimostrato che il credito posto alla base del ricorso per decreto ingiuntivo rientrasse tra quelli a sua volta oggetto della originaria cessione, ne consegue che, neanche in via presuntiva, può ritenersi provata la titolarità del diritto di credito stesso in capo alla parte opposta. Inoltre, secondo i principi delineati dalla Suprema Corte (con la summenzionata pronuncia n. 17944/2023), nel caso di specie non ricorre neppure l’elemento indiziario della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale a richiesta della cedente o congiuntamente da quest’ultima e dall’asserita cessionaria.
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[1] Cfr. ex multis Cass. Civ., Sez. Un., n. 2951/2016; Cass. Civ., n. 18974/2022.
[2] Cfr. Cass. n. 22268/2018.
[3] Cfr. Cass. n. 2780/2019.
[4] V. ex multis Cass. n. 24978/2020.
[5] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. I, 20 luglio 2023, n. 21821, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco e bastevolezza dell’avviso in Gazzetta Ufficiale: il rasoio di Occam della Prima Sezione Civile della Cassazione, 31 luglio 2023, Cessione di crediti in blocco e bastevolezza dell’avviso in Gazzetta Ufficiale: il rasoio di Occam della Prima Sezione Civile della Cassazione. – Diritto del Risparmio.
[6] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 22 giugno 2023, n. 17944, già annotata su questo Portale, con massima redazionale, Cessione di crediti in blocco: ripartizione onere della prova (in relazione all’oggetto delle contestazioni del debitore ceduto), 21 luglio 2023, Cessione di crediti in blocco: ripartizione onere della prova (in relazione all’oggetto delle contestazioni del debitore ceduto) – Diritto del Risparmio.
[7] Cfr. Cass. n. 19744/2023.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it