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Nota a Cass. Civ., Sez. III, 28 settembre 2023, n. 27558.

Segnalazione a cura dell'Avv. Gladys Castellano e dell'Avv. Maria Laura Ficola.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, con unico motivo, parte ricorrente denunziava la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1469bis, n. 18, e 1957 c.c., in riferimento all’art. 360, comma 3, c.p.c. In particolare, rilevava come, nell’impugnata sentenza, la Corte territoriale avesse ritenuto non vessatoria/abusiva la deroga all’art. 1957 c.c., prevista all’art. 12 delle condizioni generali di contratto della stipulata fideiussione, laddove la prevista rinunzia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza di cui all’art. 1957 c.c. non implicava solamente l’assenza del maggior rischio inerente il mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore, ma, altresì, limitava la facoltà del consumatore di proporre eccezioni nei confronti della Banca, ampliando il termine di azione verso il debitore principale, nonché nei confronti del garante, risultando anche i diritti di quest’ultimo conseguentemente compressi per un più lungo termine in termini tali da poter determinare a danno di quest’ultimo il significativo squilibrio di cui all’art. 1469bis c.c.

A giudizio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il motivo merita di essere accolto. Invero, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, ovverosia che «la veste assunta dalla signora è quella di fideiussore», e venire in applicazione ratione temporis la disciplina di cui agli artt. 1469bis ss. c.c., la Corte d’Appello ha rigettato il motivo di gravame da quest’ultima proposto [deducendo, come riportato nell’impugnata sentenza, la «violazione del n. 18) dell’art. 1469bis c.c. per il quale si presumono vessatorie le clausole che sanciscono a carico del consumatore decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, all’allegazione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi»], è pervenuta ad apoditticamente e tautologicamente concludere che «la rinuncia a tale decadenza del creditore non costituisce una delle ipotesi sanzionate dall’art. 1469 bis n. 18) che sono quelle che comportano decadenze per il consumatore, limitazioni ai suoi poteri di sollevare eccezioni, ovvero deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, ovvero ancora limiti alle allegazioni di prove o modificazioni peggiorative dell’onere della prova o vincoli alla libertà contrattuale nei confronti di terzi», invero limitandosi a fare richiamo all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui deve escludersi «che la deroga all’art. 1957 c.c. rientri nell’oggetto cui si riferisce la clausola -di analogo contenuto- di cui all’art. 1341 co. 2» in quanto la rinunzia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza prevista dall’art. 1957, 1° co., c.c. «comporta soltanto l’assunzione da parte del fideiussore del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore».

Orbene, come efficacemente eccepito dalla ricorrente nei propri scritti difensivi, risulta a tale stregua non essersi dalla Corte territoriale considerato che, nel derogare in termini più ampi il termine di 6 mesi successivo alla scadenza dell’obbligazione principale, previsto all’art. 1957 c.c., viene prolungato il tempo in cui la Banca può agire non solo verso l’obbligato principale ma anche nei confronti del fideiussore, titolare di obbligazione accessoria a quella dell’obbligato principale, il quale rimane anch’esso obbligato verso la garantita Banca. In tal guisa, una siffatta clausola si appalesa senz’altro deponente per l’assoggettamento del fideiussore a una disciplina astrattamente idonea a configurare il significativo squilibrio a danno del consumatore di cui all’art. 1469bis c.c., spettando, peraltro, al giudice di merito verificarne l’effettiva integrazione nel caso concreto avuto riguardo al tenore dello stipulato contratto, allorquando come nella specie tale clausola risulti non essere stata oggetto di specifica trattativa comportante l’esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela in argomento, successivamente rifluita nel Codice del consumo ( d. lgs 6 settembre 2005, n. 206 )[1].

Tale disciplina si affianca a quella concorrente ex artt. 1341, comma 2, e 1342 c.c., in tema di clausole onerose nelle condizioni generali di contratto, relativa a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari, in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti[2]. La disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo è funzionalmente volta a tutelare quest’ultimo a fronte della unilaterale predisposizione e imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso, sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, nella sua fondamentale espressione rappresentata dalla libertà di determinazione del contenuto del contratto. Con conseguente alterazione, su un piano non già solamente economico, della posizione paritaria delle parti contrattuali idoneo a ridondare, mediante l’imposizione del regolamento negoziale unilateralmente predisposto, sul piano dell’abusivo assoggettamento di una di esse (l’aderente) al potere (anche solo di mero fatto) dell’altra (il predisponente)[3].

Evidente è, pertanto, come, sia mediante la unilaterale predisposizione di moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti (artt. 1341, comma 2, e 1342 c.c.), sia in occasione della stipulazione di un singolo contratto redatto per uno specifico affare, mediante l’unilaterale predisposizione ed imposizione del relativo contenuto negoziale, il professionista può invero affermare la propria autorità (di fatto) contrattuale sul consumatore. La lesione dell’autonomia privata del consumatore, riguardata sotto il segnalato particolare aspetto della libertà di determinazione del contenuto dell’accordo, fonda allora sia nell’una che nell’altra ipotesi l’applicazione della disciplina di protezione in argomento[4]. Nel che si coglie la pregnanza e la specificità del relativo portato[5].

Un tanto va anche nella specie tenuto conto, a fortiori in considerazione della circostanza che il contenuto della fideiussione risulta essere stato dall’istituto bancario determinato (anche) mediante la sostanziale trasposizione della clausola di rinunzia al termine ex art. 1957 c.c.con la sottoscrizione della presente richiesta, il terzo garante dichiara di costituirsi fideiussore del cliente per il puntuale adempimento delle obbligazioni tutte nascenti dal contratto. Pertanto, il garante si impegna a versare immediatamente alla Banca, dietro semplice richiesta della stessa, il credito complessivo da quest’ultima vantato nei confronti del Cliente (…). Il fideiussore dispensa la Banca dall’agire verso il Cliente inadempiente nei termini di cui all’art. 1957 c.c.») sintomaticamente contemplata tra quelle dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) che con il noto provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia sono state dichiarate in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a), della legge n. 287/90.

 

 

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[1] V. Cass. 15.10.2019, n. 25914; Cass. 08/07/2015, n. 14288; Cass. 20.03.2010, n. 6802; Cass., 26.09.2008, n. 24262; Cass., 28.06.2005, n. 13890.

[2] V. Cass., 15.10.2019, n. 25914; Cass., 08.07.2015, n. 14288; Cass., 20.03.2010, n. 6802.

[3] V. Cass., 26.09.2008, n. 24262.

[4] V. Cass., 20.03.2010, n. 6802.

[5] V. Cass., 15.10.2019, n. 25914.

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