Nota a ACF, 22 maggio 2023, n. 6549.
Nel caso di specie, a giudizio dell’ACF, sono meritevoli di censura le modalità adottate dall’Intermediario nell’effettuazione della profilatura dei clienti. Invero, per i casi di rapporti cointestati, è orientamento arbitrale consolidato quello per cui la scelta di uno solo dei cointestatari come soggetto di riferimento della profilatura (e delle conseguenti verifiche di appropriatezza e adeguatezza) possa essere ritenuta legittima a condizione che sia stata oggetto di un accordo frutto di specifica negoziazione tra le parti e che l’intermediario abbia predisposto, a monte, delle procedure che garantiscano che la citata scelta di uno solo tra i cointestatari sia compiuta su basi oggettive e razionalmente giustificabili.
In ogni caso, questa non deve essere tale da pregiudicare in maniera eccessiva gli interessi degli altri investitori contraenti e, in particolare, di quelli in posizione più debole[1]. L’intermediario, in mancanza di un diverso accordo tra i cointestatari, deve non solo profilare tutti i soggetti coinvolti, ma anche svolgere la relativa valutazione di adeguatezza o appropriatezza tenendo conto del profilo “più conservativo”[2].
Risulta che ambedue i ricorrenti siano stati profilati; conformemente al citato orientamento, la valutazione di adeguatezza avrebbe dovuto essere svolta, però, con riferimento al solo profilo della ricorrente che, seppur simile all’altro, risultava essere ancora più basico sia sotto il profilo dell’orizzonte temporale (4-6 anni), che del grado di scolarizzazione (licenza elementare). I questionari, invero, restituiscono un profilo di investitori con media conoscenza ed esperienza in materia di strumenti finanziari che, tuttavia, non sembra corrispondere al loro effettivo profilo finanziario; segnatamente: il ricorrente, “pensionato” (del 1945) e in possesso del diploma di scuola “media inferiore”; la ricorrente, “non occupata” (del 1951) e in possesso della “licenza elementare”.
Il Collegio già̀ in altre occasioni ha affermato un principio di effettività̀, ovverosia di prevalenza degli elementi oggettivi rispetto a quelli meramente formali menzionati nei questionari. Pur nel rispetto del c.d. principio di autoresponsabilità del cliente (che deve rendersi conto di ciò che sottoscrive ed essere parte attiva del processo di investimento), la presenza di elementi oggettivi, che dovevano essere noti all’intermediario, anche perché dichiarati nel questionario, fanno propendere per 6 l’attribuzione di profili necessariamente meno evoluti e più̀ conservativi con riferimento agli obiettivi di investimento, quali, ad esempio, età̀ anagrafica molto avanzata, livello di istruzione basso, esperienza lavorativa non indicativa di conoscenze finanziare, assenza di pregressa operatività̀ in strumenti finanziari, redditi e patrimoni modesti, necessità finanziare, etc.[3].
Il tenore vistosamente incongruo di talune risposte (tipo quelle sulla conoscenza delle obbligazioni strutturate, degli etf e degli hedge fund), che non poteva non essere percepito dal resistente, consente allora di ritenere provato il carattere non corretto del profilo assegnato ai ricorrenti, che risulta sospetto di essere stato tracciato in maniera opportunistica, al solo fine di giustificare il compimento di operazioni complessivamente rischiose e comunque non adeguate per un siffatto investitore. E soprattutto non consente di reputare adeguato l’investimento effettuato.
In considerazione di ciò e atteso altresì che non risulta versato in atti alcun documento contabile concernente la situazione patrimoniale dei ricorrenti, atto a comprovare la reale conoscenza degli strumenti finanziari di cui si è dichiarata la conoscenza, o, comunque, evidenze da cui si possa evincere l’operatività degli stessi sia prima che dopo l’investimento in lite, connotato da un elevato grado di rischio (obbligazioni subordinate a tasso variabile di tipo “Upper Tier II” emesse dallo stesso emittente collocatore), e che ai ricorrenti non è neppure stato attribuito un profilo di rischio sintetico, il Collegio ritiene che l’operazione effettuata sia stata tutt’altro che adeguata, come dichiarato dall’intermediario, rispetto all’effettivo profilo finanziario dei ricorrenti.
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[1] Cfr. ACF nn. 220, 3059, 4118.
[2] Cfr. ACF nn. 1312, 1603, 1770, 3238, 3921.
[3] Cfr. ACF nn. 375, 463 e 1096.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.