La controversia in esame rientra in un’ipotesi di c.d. “truffa della fattura” (“invoice fraud”) perpetrata mediante la sostituzione delle coordinate bancarie del beneficiario, nell’inconsapevolezza dell’ordinante. Nello specifico, la società ricorrente aveva infatti scoperto che il codice Iban della parte beneficiaria (la società fornitrice) era stato comunicato da un soggetto estraneo e non riconducibile al fornitore. Nonostante la richiesta del ricorrente all’intermediario di stornare il detto bonifico, la somma era già stata comunque accreditata sul conto corrente dell’artefice della truffa. Per tale motivo, la società ricorrente procedeva a richiedere all’ABF l’accertamento del proprio diritto ad ottenere l’invio di tutta la documentazione inerente la transazione e delle condotte illegittime dell’intermediario convenuto, con il conseguente diritto alla restituzione della somme oggetto del bonifico.
Il Collegio di Napoli ha ritenuto di rigettare il ricorso in primo luogo poiché la banca aveva correttamente attivato la procedura recall, al fine di recuperare le somme, immediatamente dopo la richiesta di storno da parte del cliente; in secondo luogo, circa la richiesta di informazioni, dagli atti risulta che l’intermediario abbia correttamente fornito al ricorrente tutte le informazioni richieste, ad eccezione esclusivamente di quelle di carattere generico, riservate e/o non necessariamente in possesso della convenuta.
In terzo luogo, l’ABF non ha accolto il ricorso, dal momento che, sebbene sia indiscusso tra le parti che il ricorrente fosse stato vittima di frode e che l’Iban fornito fosse diverso da quello del reale beneficiario, l’intermediario risultava essere comunque legittimato ad eseguire l’operazione richiesta. Difatti, ai sensi dell’art. 24, d.lg. n.11 del 2010 (di attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, come modificato dal d.lg. n.218 del 2017, c.d. PSD2), gli intermediari, in qualità di prestatori di servizi di pagamento (PSP), sono autorizzati a realizzare l’operazione impartita in conformità esclusivamente all’identificativo unico fornito dal cliente, anche se a conoscenza di informazioni ulteriori (come ad esempio, il nome del beneficiario). In aggiunta, qualora l’identificativo unico sia inesatto, i PSP non sono considerati responsabili della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento (in senso conforme anche Collegio di Coordinamento ABF, decisione n.162 del 2017 e Corte di Giustizia, decisione 21 marzo 2019, c.245/2018).