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Nota a ABF, Collegio di Milano, 8 luglio 2022, n. 10290.

Massima redazionale

 

Oggetto della recente decisione è il diritto del ricorrente a ottenere il rimborso della provvista di un vaglia ordinario, non riscosso, perché andato distrutto. La materia è regolata dall’art. 6 del DPR n. 144/2001 che, ai commi 3 e 4, stabilisce che “Il credito incorporato nel vaglia postale si prescrive il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di emissione” e che “Ai vaglia postali si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni applicabili all’assegno circolare”. A sua volta l’art. 49, comma 9, del D.lgs. n. 231/2007 prevede che “Il richiedente di assegno circolare, vaglia cambiario o mezzo equivalente, intestato a terzi ed emesso con la clausola di non trasferibilità, può chiedere il ritiro della provvista previa restituzione del titolo all’emittente”.

Secondo i precedenti sia della giurisprudenza arbitrale che della Corte di Cassazione la restituzione del titolo non è necessaria, decorso il periodo di prescrizione, perché “il portatore non può esercitare l’azione causale se non offrendo al debitore la restituzione della cambiale”. Nella giurisprudenza di legittimità è orientamento condiviso quello per cui la prescritta restituzione del titolo, da parte del portatore che intende esercitare l’azione causale, sia volta a evitare per il debitore il rischio di incorrere in un doppio pagamento[1]. Pertanto, come detto, “il creditore è dispensato dall’onere di riconsegnare il titolo o di provare che tale rischio non sussiste qualora l’azione cambiaria sia prescritta ovvero il titolo non sia più utilizzabile ai fini del pagamento[2].

In tema di assegno circolare, la Cassazione ha affermato che, qualora un assegno circolare non sia stato effettivamente riscosso dal beneficiario, il diritto al rimborso della provvista, da parte di colui che ne abbia richiesto l’emissione, si prescriva nell’ordinario termine decennale, decorrente dal momento in cui può essere fatto valere e che tale momento vada individuato nella scadenza del termine di tre anni di prescrizione dell’azione del beneficiario dell’assegno contro la banca emittente, ex art. 84, comma 2, l. ass.[3].

Di talché, “Una simile lettura è del resto confermata dall’art. 1, comma 345-ter, l. 23 dicembre 2005, n. 266, che, nel prevedere il versamento al fondo costituito per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione di cui all’art 84, comma 2, l. ass., lascia “impregiudicato nei confronti del fondo il diritto del richiedente l’emissione dell’assegno circolare non riscosso alla restituzione del relativo importo. In virtù dei principi generali in materia di diritto cartolare sopra richiamati, deve pertanto ritenersi che il richiedente di un vaglia postale (assimilato all’assegno circolare e al vaglia cambiario), il quale domandi all’emittente il ritiro della provvista, sia esonerato dalla restituzione del titolo ogniqualvolta tale restituzione non risulti funzionale ad evitare il rischio per l’emittente di incorrere in un doppio pagamento[4].

Nella specie, risulta dal modulo di richiesta di emissione del titolo, che il vaglia è stato emesso il 28.01.2019. Pertanto, ai sensi del richiamato art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 144/01, la prescrizione del credito in esso incorporato si è compiuta il 31.12.2021, come indicato dall’intermediario nella risposta al primo reclamo di parte ricorrente. Peraltro, secondo quanto riferito da parte ricorrente, il titolo non è stato incassato dal beneficiario nel termine di prescrizione ed è stato smarrito da quest’ultimo prima del decorso del termine di prescrizione per richiedere l’incasso del titolo. È vero che non vi è agli atti una denuncia di smarrimento, ma è dirimente il rilievo che “nel caso di specie, il credito incorporato nel titolo di credito per cui è causa (vaglia postale) si è prescritto e che, dunque, il beneficiario del medesimo non potrebbe in alcun modo pretenderne legittimamente il pagamento da parte dell’intermediario resistente[5], e, quindi, non sussiste più il rischio per l’emittente di incorrere in un doppio pagamento.

 

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[1] Cfr. Cass. 17.05.2007, n. 11513; Cass. Civ., Sez. Un., 25.05.1984, n. 3221.

[2] V. ex multis Cass. 29.07.2002, n. 11175; Cass. Civ., Sez. Un., 25.05.1984, n. 3221.

[3] Così Cass. 12.03.2018, n. 5889.

[4] Cfr. ABF, Collegio di Roma, n. 23399/2021; ABF, Collegio di Roma, n. 19323/2019.

[5] Così ABF, Collegio Milano, n. 6241/2013.

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