Nota a Trib. Bari, 18 dicembre 2025, n. 4639.
Il giudice barese ritiene infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca convenuta, in ossequio al principio della giurisprudenza di legittimità per cui «il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere non già dalla data del fatto, inteso come fatto storico obiettivamente realizzato, bensì da quando ricorrano presupposti di sufficiente certezza, in capo all’avente diritto, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, sì che gli stessi possano ritenersi dal medesimo conosciuti e conoscibili»[1]. Tale data può farsi alternativamente coincidere: 1) con la pubblicazione delle prime delibere sanzionatorie n. 20583 e n. 20584, emesse dalla Consob, la quale ha rivelato la violazione da parte della di tutta una serie di obblighi informativi in relazione alla determinazione del prezzo ione, nel corso dell’ Aumento di capitale del 2013; 2) con l’assemblea del 29 aprile 2016, allorquando il valore dell’azione è repentinamente e improvvisamente sceso a € 7,50 ad azione; 3) in via ancor più gradata, con il 31.12.2015, ossia quando veniva indicato, per la prima volta, nell’estratto conto del dossier titoli al 31.12.2015 il livello di rischio reale dell’azione BPB come medio alto e la sua illiquidità.
Nella fattispecie in esame, in relazione al periodo temporale in cui sono stati realizzati gli investimenti oggetto di controversia, la disciplina di riferimento è quella di cui al Regolamento Consob n. 16190/2007, che ha previsto la compilazione di un questionario di profilatura per offrire un più alto livello di tutela all’investitore retail, secondo il criterio di classificazione in base alla raccolta di dati oggettivi del cliente (situazione finanziaria, competenza ed esperienza). Per profilatura del cliente si intende quel processo di valutazione della situazione finanziaria, della propensione al rischio e degli obiettivi d’investimento dello specifico investitore, sintetizzato e standardizzato in un profilo di rischio, generalmente misurato qualitativamente su una scala di cinque valori: basso, medio-basso, medio, medio-alto ed alto. La normativa persegue l’obiettivo di tutelare l’investitore prevedendo in capo all’intermediario una serie di obblighi informativi, attivi e passivi, finalizzati a garantire l’esecuzione di operazioni di investimento che siano quanto più frutto di scelte consapevoli da parte del risparmiatore e nel suo preminente interesse. Gli obblighi informativi passivi consistono nell’obbligo (dell’intermediario) di informarsi, ovvero di acquisire dati ed informazioni dal proprio cliente, mentre quelli attivi consistono nell’obbligo (dell’intermediario) di informare il cliente. In buona sostanza, l’intermediario ha, innanzitutto, il dovere di conoscere il proprio cliente, in termini di esperienza finanziaria posseduta, di propensione al rischio nonché di sostenibilità economico-finanziaria dell’investimento, ciò al fine di poter individuare il ventaglio di prodotti a lui più confacenti, che siano quindi adeguati/appropriati alle sue caratteristiche.
Sempre in relazione agli obblighi informativi posti a carico degli intermediari, con comunicazione n. 9019104 del 02.03.2009, la Consob ha emanato un orientamento interpretativo sui doveri di correttezza e trasparenza nella distribuzione di prodotti finanziari illiquidi: per la citata comunicazione, sono illiquidi quei prodotti che determinano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative, ossia tali da riflettere, direttamente o indirettamente, una pluralità di interessi in acquisto e in vendita. Si tratta, quindi, di quegli strumenti che, a differenza di altri prodotti di investimenti come i fondi aperti, mancano sia di un semplice ed immediato meccanismo di fair valuation sia della possibilità di una pronta ed efficiente liquidabilità dell’investimento.
Orbene, gli strumenti finanziari oggetto di giudizio potevano ritenersi al momento del relativo acquisto caratterizzati da un profilo di rischio “alto”: le suddette azioni rientrano nella fattispecie delle azioni non quotate e costituiscono pertanto titoli di rischio alto o, quanto meno, medio-alto ed assimilabili a titoli illiquidi ovvero a titoli per i quali vi è una potenziale difficoltà di liquidazione e perfettamente rientranti nella definizione fornita dalla Consob con la citata comunicazione. Tali azioni, essendo scambiabili, non già in un mercato regolamentato, bensì tra la stessa banca emittente o direttamente tra i soci-azionisti, scontano una ben maggiore difficoltà di trasferimento e di recupero delle somme impiegate nell’acquisto. Va altresì evidenziato che tale valutazione di illiquidità prescinde dal rischio in concreto verificatosi ex post o dalla maggiore solidità dell’istituto all’atto dell’acquisto, dovendo ricondursi all’astratto rischio di criticità del trasferimento, elemento informativo imprescindibile per la ponderata determinazione dell’investitore.
Per quanto attiene agli obblighi informativi, assolti dall’intermediario sì come confermato dal ctu dal punto di vista meramente formale, anche in relazione al conflitto di interessi, analizzando il questionario in atti sottoscritto dall’attrice in data 08.09.2009, emerge quale obiettivo di investimento la crescita moderata del capitale nel medio-lungo periodo e la capacità di accettare la perdita di una parte del capitale investito. Il citato questionario, però, non può ritenersi utile ai fini della valutazione di adeguatezza delle operazioni contestate, essendo stato compilato 5 anni prima della prima operazione di adesione all’aumento di capitale oggi oggetto di controversia.
Ad ogni buon conto, è noto che i titoli azionari contestati abbiano quale rischio insito quello dell’azzeramento totale del capitale, essendo qualificabili come titoli illiquidi, pertanto non adeguati ad un investitore non professionista, né ad un investitore che, come nel caso di specie, abbia dichiarato di essere disposto ad accettare la perdita solo di una parte del capitale. Tali titoli risultano del tutto incompatibili anche per un investitore con un profilo di rischio medio, come quello attribuito dalla banca all’attrice a seguito della sottoscrizione del contratto quadro. Inoltre, è opportuno ricordare che l’assolvimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario deve avvenire in concreto ed in relazione alla specifica situazione finanziaria e condizione reale di vita del singolo investitore, non potendosi all’uopo ritenere sufficiente la semplice consegna di documentazione voluminosa e non facilmente comprensibile da parte di un cliente non professionista.
Inoltre, la concentrazione di investimenti in titoli altamente rischiosi rende un portafoglio così composto inadeguato anche per un investitore con profilo di rischio alto, attesa l’elevata probabilità di perdita totale del capitale investito, a maggior ragione, dunque, operazioni di questo tipo non potevano ritenersi adeguate ad un investitore con un profilo di rischio come quello dell’attrice e la banca avrebbe dovuto astenersi dal compierle.
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[1] V. Cass. n. 21255/2013; Cass. n. 11119/2013; Cass. n. 2066/2023.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it