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Nota a Trib. Terni, 6 dicembre 2025, n. 837.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, il dossier titoli, al momento della sottoscrizione delle azioni (ovverosia, biennio 2013-2014), indicava un rischio “medio” e, solo successivamente, dal secondo semestre 2015, un rischio “medio-alto”. Ebbene, il CTU ha ritenuto che la qualificazione operata dalla Banca fosse errata, in base alla definizione di cui all’allegato 3 al Regolamento Consob 11522/1998 e alla Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009, secondo cui “Per prodotti illiquidi si intendono quelli che determinano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole di 3 giorni lavorativi, a condizioni di prezzo significative, ossia tali da riflettere, direttamente o indirettamente, una pluralità di interessi in acquisto e in vendita”. Più nello specifico, il consulente ha evidenziato che nella scheda prodotto, nella sezione “Modalità di smobilizzo”, viene riportato che “Le Azioni potranno essere trattate sul ”Sistema di negoziazione interno”, istituito dall’Emittente al fine di fare fronte alle richieste di smobilizzo delle azioni da parte dei soci della Banca nell’ambito del quale comunque l’Emittente non assume impegni di riacquisto riservandosi la facoltà di intervenire in contropartita diretta in ciascuna sessione di negoziazione utilizzando il Fondo Acquisto azioni proprie nei limiti previsti dalla legge e dai regolamenti tempo per tempo vigenti. Si segnala che il Fondo Acquisto azioni proprie può in ogni caso intervenire ai sensi dell’art 15 dello Statuto, rubricato “Esclusione del socio”, per l’acquisto delle azioni del Socio debitore da portare in compensazione dei propri crediti. Il “Sistema di negoziazione interno” ha per oggetto l’organizzazione e il funzionamento delle attività di compravendita, esclusivamente a valere sulle azioni emesse dalla Banca (non quotate in mercati regolamentati e/o negoziate in MTF). Le proposte di negoziazione possono essere immesse dai clienti dalla Banca titolari di un dossier titoli e da soci con azioni 13 depositate presso altri intermediari. In tal caso gli intermediari devono preventivamente accendere un dossier titoli a proprio nome e trasferire le azioni presso la Banca.”. Alla luce delle caratteristiche delle azioni della Banca Popolare di Bari, ossia azioni non quotate in borsa, detti titoli erano da annoverarsi tra i titoli illiquidi. Tale condizione emergeva:

  • nel prospetto informativo depositato presso la CONSOB in data 21 dicembre 2012 (nel quale è dato leggersi che “Per valutare se le Azioni BPB oggetto delle Offerte siano compatibili con i propri obiettivi di investimento, i destinatari delle Offerte sono invitati, tra l’altro, a tener conto che le Azioni presentano gli elementi di rischio propri di un investimento in strumenti finanziari non quotati in un mercato regolamentato, per cui in sede di disinvestimento potrebbero sorgere difficoltà di smobilizzo. Per difficoltà di smobilizzo si intende che gli aderenti alle Offerte potrebbero avere difficoltà nel vendere le azioni, in quanto gli ordini di vendita potrebbero non trovare adeguate contropartite e, conseguentemente, non essere eseguiti.”);
  • nella scheda prodotto delle azioni 2014, ove si afferma che le azioni non saranno oggetto di negoziazione su un mercato regolamentato ne saranno negoziate su un sistema MTF e pertanto la controparte potrebbe trovare difficoltà ove volesse in futuro alienare i titoli.

Il CTU, alla luce delle suddette valutazioni, ha ritenuto che il rischio delle azioni fosse alto, mentre nella scheda prodotto era riportato come medio, derivandone, dunque, una rappresentazione decettiva. Inoltre, nell’elaborato peritale è stato evidenziato l’errore della Banca in quanto “la possibilità di realizzare il valore di acquisto o addirittura un maggior valore nel caso di vendita può definirsi molto basso in quanto non essendovi un mercato di scambio la possibilità di vendere è limitata all’acquisto da parte di altri soci della banca o di persone che ne facciano richiesta direttamente alla banca stessa con conseguente scarsa possibilità di realizzare un prezzo congruo”.

All’errore di valutazione compiuto nella qualificazione del rischio dei titoli si assomma l’errore nella profilatura dei clienti. Invero, il perito, esaminando il questionario di profilatura, ha evidenziato risposte distoniche rispetto al profilo di rischio assegnato al cliente, in quanto l’investitore ha dichiarato come obiettivo di investimento quello di “Proteggere nel tempo il capitale investito e ricevere flussi di cassa periodici anche contenuti, costanti e prevedibili” e di essere disposti a perdere “Solo una piccola parte del nostro patrimonio”: ambedue le opzioni  prescelte sono inequivocabilmente sintomatiche di un profilo conservativo. Ebbene, tali risposte rendono di per sé inadeguato l’investimento in titoli illiquidi quali erano quelli della BPB. Il CTU ha ricostruito il portafoglio di investimenti dei clienti negli anni precedenti alla sottoscrizione delle azioni gli stessi avevano investito un discreto importo in obbligazioni della medesima Banca e una piccola parte in azioni, chiaro segno di un profilo fortemente conservativo, diretto a preservare il capitale.

Alla luce delle argomentazioni che precedono, il Tribunale ternano ritiene che il portafoglio titoli pregresso non giustificava l’assegnazione agli stessi del profilo “medio-alto”, che non poteva essere assegnato in ragione di risposte che escludevano l’accettazione di perdite consistenti del capitale e della età avanzata degli investitori, nonché della mancanza di familiarità con i mercati finanziari desumibile dai suddetti pregressi investimenti, in massima parte di natura conservativa. Il Tribunale ritiene che alcune risposte contenute nel modello escludevano l’adeguatezza dell’investimento, mentre le altre dovevano essere soppesate con maggiore accuratezza in considerazione della età degli investitori, degli investimenti pregressi, della loro condizione economica e in totale assenza di prova di una effettiva dimestichezza degli stessi nei mercati finanziari, non desumibile in alcun modo dai pregressi investimenti.

Sul tema dei pregressi investimenti, valorizzati dalla difesa di parte convenuta, occorre ricordare l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, per cui: “L’obbligo di acquisizione da parte dell’intermediario delle informazioni richieste dall’art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998 al fine di determinare la profilatura di rischio dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni deve essere adempiuto al momento della conclusione del contratto quadro, non potendo essere sostituito da informazioni disponibili provenienti da altri rapporti contrattuali salvo il caso in cui l’investitore stesso si sia rifiutato di fornire le notizie richieste e tale rifiuto risulti dal contratto quadro ovvero da apposita dichiarazione scritta[1]. La Suprema Corte, in particolare, ha rilevato la totale irrilevanza delle dichiarazioni dell’investitore che abbia risposto al questionario affermando di prediligere investimenti ad alto rischio o che avesse già acquistato e rivenduto titoli analoghi, in quanto elementi irrilevanti a fronte del mancato assolvimento dell’obbligo di informazione passivo, che non ha consentito alla Banca di raccogliere dal cliente le informazioni utili a valutare l’adeguatezza dell’operazione richiesta.

Il Tribunale ritiene che proprio le informazioni acquisite con la compilazione del questionario di profilatura avrebbero dovuto imporre una valutazione finale di non adeguatezza dell’investimento in azioni BPB anche in ragione delle entità dell’investimento. Sul punto, il CTU ha, altresì, evidenziato che il profilo medio-alto del cliente non potesse ritenersi conforme alla composizione del portafoglio, in quanto il servizio di consulenza offerto dalla banca al cliente deve essere basato “su una logica di portafoglio con la previsione di percentuali massime di titoli detenibili appartenenti alle diverse classi di rischio rispetto al profilo del cliente per cui il portafoglio può essere costituito “prevalentemente” da strumenti finanziari di rischio pari o inferiore a quello assegnato al cliente ma anche con una rischiosità superiore a quella del cliente ma da attribuirsi come di seguito: Essendo il cliente definito con un profilo medio-alto avrebbe potuto investire in titoli con un rischio alto per 16 una percentuale massima del 40%. Nel caso di specie le azioni della Banca Popolare di Bari che possono essere classificate a rischio alto essendo illiquide e le azioni Enel che presentano un rischio alto (come riportato nel dossier titoli) rappresentano il 42,5% del portafoglio e quindi superiore a quanto raccomandato”. In particolare, pur essendo stato somministrato il questionario di profilatura, la Banca, nel caso di specie, “non ha effettuato una valutazione di adeguatezza in maniera appropriata sul patrimonio dei signori avendogli anche permesso di concentrare la una alta percentuale del patrimonio in prodotti ad alto rischio; -tali investimenti non sono coerenti con quanto riportato in alcune domande della profilatura laddove hanno riposto che come l’obiettivo di investimento era quello di “Proteggere nel tempo il capitale investito e ricevere flussi di cassa periodici anche contenuti, costanti e prevedibili” e di tollerare la perdita solo di una “piccola parte del nostro capitale investito.

In definitiva, la profilatura non è stata svolta in maniera diligente e con adeguatezza; la Banca non ha adottato, così come previsto, un approccio di tipo “multivariato” anche se riportato nella Policy, ma ha preso esclusivamente e in maniera acritica assegnato il profilo di rischio scaturente dalla profilatura, senza tenere conto né della composizione del patrimonio, né, tantomeno, della effettiva propensione al rischio degli investitori, né, ancora, nella loro esigenza di limitare le perdite ad una piccola parte del patrimonio e di proteggere nel tempo il capitale investito.

Ma vi è (ulteriormente) di più.

Gli investimenti erano concentrati prevalentemente in prodotti BPB (37% di azioni subordinate e 41,25% azioni), aumentando così il rischio, essendo il portafoglio concentrato prevalentemente su un emittente.

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. n. 36631/2022.

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