Nota a App. Roma, Sez. III, 5 giugno 2025, n. 3499.
Massima redazionale
Nel caso di specie, l’appellante lamentava la nullità del pegno omnibus per indeterminatezza del credito futuro da garantire. Sul punto, il Tribunale aveva rilevato che “il comportamento tenuto dalla la quale si è attenuta al contratto sottoscritto dalle parti ed alla vigente normativa, appare legittimo. Nel detto contratto è indicato all’art. 1 che i titoli sono costituiti in pegno per il loro intero valore a favore della Banca, a garanzia dei crediti della stessa e di quanto ad essa dovuto per capitale, interessi, tasse, imposte, spese ed ogni altro accessorio, anche in dipendenza di rinnovi o proroghe, aumenti o diminuzioni dei crediti concessi. All’articolo 1.3 che “il pegno garantisce anche gli eventuali utilizzi che la consentisse oltre i limiti del credito accordato o dopo la sua scadenza o la comunicazione del recesso, nonché quanto fosse stato incassato dalla in pagamento di obbligazioni garantite e che dovesse essere restituito in conseguenza di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo”. Nel contratto è determinata in modo specifico la linea di credito per € 10.000,00 nonché il valore dei titoli costituiti in pegno per € 27.297,35. Pertanto la garanzia prestata dalla Sig.ra è determinata con riferimento all’eventuale futuro credito della Banca derivante dal mancato rientro dell’affidamento per € 10.000,00 nonché a garanzia di eventuali crediti che dovessero derivare da obbligazioni poi rivelatesi inefficaci, nulle o revocate sino all’importo massimo del valore dei titoli indicati in € 27.297,35. Il contratto appare pertanto rispettoso del principio della determinatezza “agli effetti dell’art. 2787 c.c. la sufficiente indicazione del credito garantito, può essere desunta in via indiretta, in base ad elementi che comunque portino alla identificazione del credito in questione, che siano presenti all’interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa (Cass. n. 20699 del 02.10.2007)”.
L’appellante, in proposito, deduce l’indeterminatezza del credito laddove il contratto stabilisce che “il pegno garantisce anche gli eventuali utilizzi che la consentisse oltre i limiti del credito accordato o dopo la sua scadenza o la comunicazione del recesso, nonché quanto fosse stato incassato dalla in pagamento di obbligazioni garantite e che dovesse essere restituito in conseguenza di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo”. Ebbene, a giudizio della Corte territoriale, il motivo è infondato.
Occorre rammentare, che, secondo la Corte Suprema di Cassazione, “In tema di pegno a garanzia di crediti, il principio di accessorietà desumibile dall’art. 2784 c.c. comporta la nullità per difetto di causa dell’atto costitutivo della prelazione stipulato in relazione ad un credito non ancora esistente, ma non esclude, in applicazione analogica dell’art. 2852 c.c., l’ammissibilità della costituzione della garanzia a favore di crediti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente; in quest’ultimo caso, peraltro, è necessaria, ai fini della validità del contratto, la determinazione o la determinabilità del credito, la quale postula l’individuazione non solo dei soggetti del rapporto, ma anche della sua fonte; ferma restando la validità e l’efficacia del contratto “inter partes”, comunque, la mera determinabilità del rapporto comporta l’inopponibilità del pegno agli altri creditori (ivi compreso il curatore, in caso di fallimento del soggetto che abbia costituito la garanzia), qualora, dovendo trovare applicazione l’art. 2787, comma 3, c.c., manchi la sufficiente indicazione del credito garantito”[1].
Nella fattispecie, è vero che i criteri di collegamento con fonti esterne per determinare il credito sono piuttosto ampi e forse discutibili, ma non sono tali da impedire la concreta determinazione dell’entità del credito. In questo quadro, quindi, la conseguenza non sarebbe la nullità del pegno (che si verifica quando il credito non esiste o è assolutamente indeterminabile perché mancano i criteri di collegamento alle fonti esterne) ma sarebbe l’inopponibilità del pegno agli altri creditori.
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[1] Cfr. Cass. 5 dicembre 2016, n. 24790.
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