Nota a App. Brescia, Sez. I, 2 aprile 2025, n. 360.
Massima redazionale
In base ai principi di recente espressi dalle Sezioni Unite della Suprema Corte[1], «Se il titolo esecutivo giudiziale – nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione – dispone il pagamento di “interessi legali”, senza altra indicazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo».
In altri termini, la Suprema Corte ha, quindi, ritenuto che «In tema di esecuzione forzata fondata su titolo esecutivo giudiziale, il diritto del creditore di procedere per l’importo di interessi a un tasso superiore a quello previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., nel caso in cui il titolo contenga semplicemente il riferimento alla debenza degli “interessi legali”, resta escluso non solo nel caso in cui in sede di cognizione è stata (esplicitamente o implicitamente) negata l’applicabilità della norma di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. (o di altra norma di legge che preveda interessi ad un tasso maggiore di quello previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c.), ma anche nel caso in cui sia stato semplicemente omesso ogni accertamento sul punto per mancanza di domanda e/o anche in conseguenza di una eventuale omessa pronuncia del giudice di cognizione»[2].
Nel caso di specie, il titolo giudiziale in forza del quale è stato intimato il precetto contiene la statuizione di condanna dell’istituto bancario al pagamento “della somma di € 52.389,37, oltre interessi legali dalla domanda al saldo”, mentre manca alcun accertamento dei presupposti per il riconoscimento degli interessi nella maggior misura di cui all’art. 1284 quarto comma c.p.c.
Non vi è, quindi, la possibilità per il giudice dell’opposizione di interpretare il titolo nei termini in cui l’ha fatto il Giudice di primo gravo, valutando la natura del credito; difatti, «La condanna al pagamento degli interessi di mora nella misura prevista dall’art. 1284, comma 4, c.c. non è un effetto naturale della sentenza, ma esige una statuizione ad hoc, essendo necessario che il giudice accerti, in primo luogo, se il credito dedotto in giudizio rientra tra quelli per i quali è consentita la produzione di interessi maggiorati e, in secondo luogo, che le parti non ne abbiano stabilito pattiziamente la misura, e, infine, il momento in cui è proposta la domanda, dal quale farli decorrere»[3].
In assenza di tale accertamento da parte del giudice della cognizione esso non può essere effettuato dal giudice dell’opposizione, ex art. 615 c.p.c. In caso di titolo esecutivo di natura giudiziale, non spetta a tale giudice accertare il tasso degli interessi effettivamente applicabile nella fattispecie, in base alla natura del rapporto obbligatorio sottostante oggetto del giudizio di cognizione all’esito del quale si è formato il titolo esecutivo: si tratta, infatti, di un accertamento di natura cognitiva e non esecutiva, che rientra nelle esclusive attribuzioni del giudice della cognizione e del quale va dato conto nella decisione di condanna che costituisce il titolo esecutivo.
Al contrario, al giudice dell’esecuzione e/o al giudice adito in sede di opposizione all’esecuzione spetta esclusivamente il compito di prendere atto della decisione già intervenuta sul punto in sede di cognizione, e, in caso di mancanza, nel titolo esecutivo, di una statuizione di condanna per il credito relativo agli interessi nella misura pretesa del creditore connotata dai requisiti di cui all’art. 474 c.p.c., della carenza del requisito della liquidità di tale credito.
Al difetto di una pronuncia di condanna relativamente all’obbligazione avente ad oggetto gli interessi al tasso più elevato preteso dal creditore consegue l’insussistenza del suo diritto di procedere ad esecuzione forzata per il relativo importo, con assorbimento del secondo motivo (inerente alla questione dei limiti di applicabilità dell’art. 1284, quarto comma, c.c. in ragione della natura dell’obbligazione) e di ogni altra questione posta in causa.
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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., n. 12499/2024.
[2] Cfr. Cass. n. 19015/2024.
[3] Cfr. Cass. n. 3499/2025.
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