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Nota a App. Ancona, Sez. I, 13 maggio 2025, n. 699.

di Michele Cardenà

Avvocato

La Corte d’Appello di Ancona, con la recentissima sentenza in oggetto,  ha ribadito la decisione del Tribunale di Fermo che aveva dichiarato il difetto di prova della titolarità del credito in capo alla cessionaria.

Quest’ultima, nel giudizio di appello, aveva anche depositato  nuovi documenti, tra cui la dichiarazione della cedente, ritenendo che la documentazione volta a provare la legittimazione processuale risulta sempre suscettibile di produzione anche dinanzi alla Corte di legittimità.

La Corte di Appello di Ancona ha, invece, ritenuto tali documenti inammissibili ai sensi dell’art. 345 cpc in quanto documenti nuovi ed ha ribadito le conclusioni del primo giudice circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio posto a carico della cessionaria in ordine alla avvenuta cessione in suo favore del credito azionato in via monitoria.

La Corte di merito ha in primo luogo sottolineato che gli odierni appellati sin dal proprio atto di opposizione a decreto ingiuntivo, hanno contestato non solo che la rappresentata cessione comprendesse anche il credito per cui è causa, ma l’esistenza in sé della cessione, questione che avrebbe imposto alla società di cartolarizzazione la produzione in giudizio del contratto di cessione (tanto più stante l’esistenza di plurimi contratti di cessione in favore di società di diverse società di cartolarizzazione nella medesima data, prodotti dagli appellanti); ritenendo, altresì, che  i documenti prodotti in primo grado non fossero idonei a provare che il credito azionato fosse riconducibile all’avviso di cessione poiché  non rispecchiava i criteri indicati nell’estratto della gazzetta Ufficiale.

In particolare, la Core d’Appello ha ritenuto che: “tuttavia nella specie le indicazioni contenute nella GU non appaiono da sole sufficienti a dimostrare la cessione della titolarità del credito azionato in capo alla società appellante. L’avviso precisa, infatti, che sono ricompresi nella cessione tutti i crediti per capitale, interessi (anche di mora), spese ed altri accessori derivanti da contratti di finanziamento (chirografari e ipotecari), aperture di credito e altri rapporti contrattuali di diversa natura e forma tecnica (i “Contratti Originari […]”) che, alle ore 23.59 del 31 dicembre 2016 (la “Data di Valutazione”), ovvero alle diverse date di seguito indicate, soddisfino cumulativamente i seguenti criteri (i “Crediti […]”) . Orbene tra i criteri indicati la lettera f) recita i cui relativi debitori siano stati classificati e segnalati alla Data di Valutazione e alla data del 30 giugno 2016 come “inadempienze probabili” o “in sofferenza” nella Centrale dei Rischi di Banca d’Italia da parte di […]. Nel caso di specie risulta provato dalla stessa parte appellante (cfr. doc. 15), che […] ha risolto il contratto di finanziamento per cui è causa concesso a (….) e chiuso i rapporti di conto corrente ivi specificamente indicati con raccomandata del 20/10/2016 (ricevuta il successivo 28/10/2016), mettendo in mora sia la debitrice principale che il suo fideiussore per il pagamento della relativa esposizione debitoria. La risoluzione dei rapporti e la messa in mora è quindi intervenuta dopo il termine del 30/6/2016 indicato nell’avviso di cui sopra e l’appellante, che ne era onerata, non ha fornito alcuna prova che entro quella data gli appellati siano stati segnalati alla Banca d Italia come probabile inadempimento ovvero in sofferenza . La lettera k prevede inoltre che i crediti de quibus siano identificabili in quelli cui […] abbia attribuito il codice identificativo […], (i) come comunicato per iscritto al relativo debitore con comunicazione inviata entro il 7 aprile 2017 a mezzo PEC o Raccomandata A.R. e, in ogni caso, (ii) come risultante da apposita lista comprensiva di tutti i relativi codici rapporto (identificativi dei crediti oggetto di cessione) (x) depositata presso il Notaio […]. Ebbene quanto al criterio (i) nessuna prova è stata fornita dall’appellante, che ne era onerata, della esistenza e dell’invio comunicazione in oggetto“.

Sulla scorta di tale motivazione è giunta a rigettare l’appello formulato dalla cessionaria del credito. La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma del principio di certezza del diritto e si allinea con l’orientamento della Cassazione secondo cui il creditore deve provare con documenti concreti la propria titolarità del credito non essendo sufficiente la sola notificazione tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

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