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Nota a App. Messina, Sez. I, 31 ottobre 2024, n. 950.

Massima redazionale

La Corte territoriale, preliminarmente, rammenta che la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, secondo la speciale disciplina di cui all’art.58 TUB, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale[1]. Il menzionato art. 58, infatti, ha inteso agevolare la realizzazione della cessione in blocco di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti del debitore ceduto, la pubblicazione dell’avviso nella Gazzetta Ufficiale e dispensando la banca cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti ceduti. Tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 c.c., può essere validamente surrogato da questi ultimi e segnatamente dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma e può, quindi, avere luogo anche mediante l’atto di citazione con cui il cessionario intimi il pagamento al debitore ceduto ovvero nel corso del giudizio. Esso, comunque, è del tutto estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa, in quanto rileva solo al fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito nei confronti del cedente[2].

Muovendo da tali premesse, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato che, in linea di principio, ai fini della prova della cessione di un credito, pur non essendo necessaria la prova scritta, non può, però, ritenersi sufficiente di per sé la mera notificazione della stessa effettuata ex art. 1264 c.c. né, tantomeno, ove la cessione sia avvenuta nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti individuabili in blocco, l’avviso di pubblicazione ex art. 58 TUB. Ha, infatti, precisato che «una cosa è l’avviso di cessione, necessario ai fini dell’efficacia della cessione, un’altra la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto; di conseguenza la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera sì la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma, se individua il contenuto del contratto di cessione, non prova l’esistenza di quest’ultima»[3].

Sulla base di tali puntualizzazione , ha affermato che, in caso di cessione di crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 TUB, laddove non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti contenuta nell’avviso di cessione pubblicato dalla cessionaria nella Gazzetta Ufficiale ben può costituire prova adeguata dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione , laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco in base alle sue caratteristiche concrete. In mancanza di contestazioni specifiche in ordine all’ esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere dimostrato, essendo il fatto da provare costituito solo dall’esatta individuazione dell’oggetto della cessione.

Ne consegue che, sotto tale limitato aspetto, le indicazioni contenute nell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in relazione a un’operazione di cessione non contestata e da ritenersi, pertanto, esistente, possono essere valutate al fine di verificare se esse consentano di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario e solo laddove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza sarà necessaria la produzione in giudizio del contratto di cessione e dei suoi allegati[4].

Diverso il caso in cui sia contestata la stessa esistenza del contratto di cessione, che deve necessariamente essere oggetto di prova. A tal fine, secondo l’orientamento della Suprema Corte, non può ritenersi sufficiente una mera dichiarazione della cessionaria e, quindi, come tale, la mera notificazione, neanche se effettuata mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 TUB. È stato, però, precisato che tale avviso, unitamente ad altri elementi, può essere valutato come indizio dal giudice di merito al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione: «Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nel caso in cui l’avviso risulti pubblicato su iniziativa della stessa cedente o di quest’ultima unitamente alla cessionaria ovvero vi siano altre particolari ragioni che inducano a ritenerlo un elemento che faccia effettivamente presumere l’effettiva esistenza della dedotta cessione». In tali casi, ha aggiunto la Corte, «la questione si risolve in un accertamento di fatto da effettuare in base alla valutazione delle prove da parte del giudice di merito e tale accertamento, se sostenuto da adeguata motivazione, non sarà censurabile in sede di legittimità»[5]. Tale indirizzo ermeneutico è stato ulteriormente ribadito nella più recente sentenza n. 5478/2024.

Ebbene, deve immediatamente rilevarsi che parte appellante ha contestato non solo l’inclusione del credito nell’ambito della cessione in blocco, ma la stessa cessione. Invero, nel contestare l’idoneità della documentazione prodotta da controparte “al fine di radicare la legittimazione ad agire (id est titolarità del diritto controverso)” in capo alla predetta società, l’appellante ha sostenuto, anche sulla scorta di varie pronunce del giudice di legittimità, puntualmente richiamate, che l’avviso di pubblicazione non fosse sufficiente a dimostrare la cessione, assumendo che questa dovesse “essere sempre provata documentalmente mediante l’allegazione del relativo contratto”.

Ritiene la Corte che tale univoco, ancorché sintetico, passaggio argomentativo della comparsa integri la contestazione dell’esistenza della cessione, che, pertanto, andava provato. Il contratto, però, non risulta prodotto, avendo, all’atto della sua costituzione, prodotto esclusivamente l’avviso di pubblicazione sulla G.U. Così operando, però, non ha provato, come sarebbe stato suo onere a fronte della contestazione sollevata dalla parte appellante, l’effettiva avvenuta stipulazione del contratto di cessione e, quindi, del concreto trasferimento della titolarità di quel credito e della reale legittimazione sostanziale ad esigerlo da parte del preteso cessionario.

L’avviso prodotto, infatti, svolge la mera funzione di “notificazione” della cessione al debitore ceduto, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo e dell’esclusione del carattere liberatorio dell’eventuale pagamento dal medesimo effettuato in favore del cedente, non prova la cessione né l’inclusione del credito azionato in giudizio.

La Corte non ignora che all’insegnamento giurisprudenziale sopra richiamato (più rigoroso in punto di prova), invalso da ultimo nell’interpretazione del giudice nomofilattico, si è affiancato altro meno rigido, secondo il quale, in caso di cessione “in blocco” dei crediti da parte di una banca ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1993, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti “in blocco” è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze, restando comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso[6]. Pur tuttavia, nella specie, le scarne indicazioni contenute nell’avviso, ad avviso della Corte, non sono assolutamente sufficienti ad individuare con certezza le posizioni cedute. Né, tantomeno, costituisce prova della cessione la dichiarazione allegata alle note di trattazione del 15.04.2024, a firma di un non meglio indicato “procuratore”, neanche corredata dall’indicazione degli estremi della procura.

Devesi, pertanto, dichiarare il difetto di titolarità del credito azionato.

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. n. 5857/2022; Cass. n. 24798/2020.

[2] Cfr. Cass. n. 20495/2020.

[3] Cfr. Cass. n. 22151/2019.

[4] V. Cass. n. 9412/2023.

[5] V. Cass. n. 17944/2023.

[6] Così Cass. n. 4277/2023; Cass. n. 31188/2017.

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