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Nota a ABF, Collegio di Milano, 13 giugno 2024, n. 6994.

di Giulia Frisenda

Praticante avvocato

A fronte della contestazione della ricorrente sul difetto di forma scritta ad substantiam ex art. 117 TUB di un contratto di prestito personale poiché sprovvisto di valida firma elettronica qualificata, il Collegio si è espresso sulla regolarità del predetto contratto in quanto ha ritenuto raggiunta la prova contraria fornita dall’intermediario.

In particolare, l’intermediario ha prodotto evidenza della legittimità della firma digitale ottenuta mediante un regolare processo per la validazione della firma digitale (processo one shot – OTP) e per il tramite di un ente certificatore accreditato e iscritto all’apposito albo previsto dall’art.29 del Codice dell’Amministrazione digitale.

Come si legge nella decisione del Collegio:avendo la banca prodotto evidenza del buon esito della verifica di validità della firma digitale apposta dalla clienteha l’efficacia prevista dall’art.2702 del codice civile e soddisfa il requisito della forma scritta”. [1]

Ulteriore contestazione avanzata dalla ricorrente ha riguardato la mancata inclusione nel calcolo del TAEG del corrispettivo di una polizza assicurativa a protezione del credito (cd. CPI), sostenendo altresì la mancanza di una valida firma digitale sulla polizza oltreché l’illegittima natura obbligatoria di tale copertura assicurativa.

Di particolare interesse è la valutazione del Collegio sulla polizza poiché:

  • ha ritenuto provata la contestualità della sottoscrizione della polizza assicurativa nello stesso giorno della sottoscrizione del contratto di finanziamento, tramite la produzione del modulo di adesione alla polizza, con apposta valida firma digitale della cliente, prodotto dall’intermediario;
  • in secondo luogo, sebbene in prima battuta il Collegio abbia sostenuto la natura obbligatoria della polizza sulla base degli elementi presuntivi già stabiliti dallo stesso Collegio di Coordinamento [2], ha, tuttavia, deciso di ritenere convincente la prova contraria fornita dall’intermediario mediante la produzione di contratti comparativi riguardanti altri clienti con il medesimo merito creditizio della ricorrente, dimostrando, pertanto, che la sottoscrizione della polizza non fosse una condizione necessaria per l’ottenimento del finanziamento, bensì una scelta facoltativa della cliente. Così si legge nella decisione: “Tuttavia, al fine di offrire la prova contraria, che grava sull’intermediario a fronte della prova presuntiva di obbligatorietà, vengono allegati 3 contratti comparati riguardanti clienti con il medesimo merito creditizio della cliente. A tal fine, è sufficiente che l’intermediario affermi la sussistenza del medesimo merito creditizio, senza doverne dare la prova. Il Collegio, presa visione dei contratti comparativi allegati, conclude che è stata raggiunta la prova contraria da parte dell’intermediario”.

In conclusione, la decisione in commento sottolinea, ancora una volta, la necessità per gli intermediari di mantenere un elevato standard di chiarezza e conformità alla normativa vigente in punto di trasparenza contrattuale e di informativa preliminare alla clientela, al fine di prevenire contestazioni basate su presunte irregolarità nella documentazione e nelle informazioni fornite ai clienti.

Ma ancora. La decisione evidenzia la rilevanza che assume la produzione documentale ai fini della prova contraria in sede di contenzioso tra le parti – soprattutto riguardo all’inclusione di eventuali costi aggiuntivi nel calcolo del TAEG – ove l’onere di dimostrare la natura di tali costi ricade interamente sull’intermediario.

 

 

 

 

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[1] Cfr., per precedenti analoghi, Collegio di Milano, decisioni nn.0004179 e 0004181 del 05/04/2024 e decisione n.0004709 del 19/04/2024.

[2] Cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n.1430/16.

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