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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2024, n. 16456.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, tutte le doglianze riguardano il tema della pretesa nullità parziale del contratto di mutuo, recante l’indicazione del TAEG o ISC, ma non del TAN.

La sentenza impugnata, dopo aver rimarcato che «nel contratto di mutuo in esame, non è specificato alcun tasso di interesse annuo (vale a dire il TAN), né del 3,50% né dell’8%, ma, come è pacifico, è specificato il TAEG/ISC ed è indicata la somma concretamente dovuta, in ogni rata di rimborso, a titolo di interessi», ha ritenuto che «deve ritenersi ugualmente rispettoso della disciplina di cui all’art. 117 D.Lvo 385/1993 il contratto di mutuo (quale è quello in esame) in cui le parti, anziché pattuire in modo esplicito il TAN (sulla base del quale calcolare l’ammontare dell’interesse), hanno pattuito, come detto, in modo esplicito, allegando il piano di ammortamento, l’ammontare concreto degli interessi che, in ciascuna rata mensile di rimborso, il mutuatario era obbligato a pagare; le due grandezze sono infatti l’una collegata all’altra da una banale formula matematica, di guisa che, una volta determinata una delle due (indifferentemente il TAN o l’ammontare degli interessi per il periodo di tempo pattuito), è automaticamente determinata anche l’altra». In altri termini, secondo la Corte distrettuale, attraverso la conoscenza del TAEG (da cui sarebbe stato agevolmente determinabile anche il TAN mediante un calcolo matematico) il mutuatario può valutare l’effettivo costo dell’operazione, sicché è garantito comunque il rispetto dell’obbligo di informazione e della trasparenza che rappresenta la ratio dell’art. 117 TUB.

Il Collegio, in piena continuità con quanto già condivisibilmente statuito in seno alla giurisprudenza di legittimità[1], rileva che il TAEG (o ISC) e il TAN sono entità giuridiche distinte. Invero, il primo, già previsto nella Dir. 87/102/CEE e nella Dir. 90/88/CEE, è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 142/1992, il cui art. 19 affidava al CICR il compito di stabilire le modalità di calcolo del TAEG e gli elementi da computare a tal fine. In sede di prima applicazione della detta legge, la disciplina ed i criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo furono definiti dal D.M. 8 luglio 1992, in cui il TAEG, quale «tasso che rende uguale, su base annua, la somma del valore attuale di tutti gli importi che compongono il finanziamento erogato dal creditore alla somma del valore attuale di tutte le rate di rimborso» (art. 2, comma 1), era definito «un indicatore sintetico e convenzionale del costo totale del credito, da determinare mediante la formula prescritta qualunque sia la metodologia impiegata per il calcolo degli interessi a carico del consumatore» (art. 2, comma 2). La formula per il calcolo del TAEG era contenuta nell’allegato 1 al detto decreto ministeriale; peraltro, già l’allegato 2 alla Dir. 90/88/CEE stabiliva la modalità di calcolo del TAEG. L’art. 9, comma 2, della delib. CICR del 4 marzo 2003 in tema di «Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari» demandava alla Banca d’Italia di individuare le operazioni e i servizi a fronte dei quali il predetto indice «comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente», dovesse essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo. Indicazioni articolate sul TAEG si rinvengono, poi, al par. 4.2.4 del provvedimento del 29 luglio 2009 della Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e la correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti: nell’allegato 5B, si rinviene la formula matematica per il calcolo del TAEG; la competenza, sul punto, della Banca d’Italia, è stata successivamente confermata dall’art. 121, comma 3, TUB. Nello stesso articolo del testo unico, al comma 1, lett. m), è spiegato che il TAEG indica, in percentuale annua, il costo effettivo del credito.

Il TAN, invece, è il tasso annuo di interesse dovuto al netto della capitalizzazione: è il valore cui fa riferimento l’art. 117, comma 4, TUB quando stabilisce che i contratti «indicano il tasso d’interesse». La stessa norma dispone che il contratto debba indicare, oltre al saggio di interesse, «ogni prezzo e condizione praticati»: e gli uni e gli altri concorrono a definire il dato aggregato del TEGM.

Sarebbe scorretto assumere che l’indicazione, nel contratto, del TAEG giustifichi la mancata precisazione, in esso, del tasso di interesse. Con riferimento ai contratti conclusi da una banca con un soggetto non consumatore (come il ricorrente) resta insuperabile la norma cogente contenuta nel citato comma 4 dell’art. 117 TUB, la quale è presieduta dalla sanzione della nullità parziale, con applicazione dei tassi sostitutivi di cui al comma 7 dello stesso articolo. Analoga regolamentazione ricevono i contratti di credito immobiliare ai consumatori, ai quali si applica, in modo integrale, la disciplina dell’art. 117 TUB (art. 120noviesdecies), mentre per gli altri contratti di credito al consumo, rispetto ai quali il rinvio all’art. 117 è limitato ai commi 2, 3 e 6 (art. 125bis, comma 2) è comunque prescritto che i relativi contratti precisino le condizioni stabilite dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR (art. 125-bis, comma 1): condizioni tra cui è ricompresa quella per cui «[i] contratti indicano il tasso d’interesse ogni altro prezzo o condizioni praticati», la quale replica quanto disposto, in via generale, dall’art. 117, comma 4, summenzionato.

La persistenza dell’obbligo di indicare, nel contratto, il tasso di interesse si spiega con facilità ove si abbia riguardo alla (limitata) finalità cui assolve il TAEG. Quest’ultimo, rappresentando il dato aggregato del costo del credito, consente all’interessato di confrontare le condizioni di finanziamento che gli operatori bancari offrono sul mercato: per tale ragione ne è prevista la pubblicità, oltre che l’informativa personalizzata al soggetto interessato al finanziamento prima che egli sia vincolato da un contratto (cfr. art. 124, comma 1, TUB, anche se, per la verità, quest’ultima norma non fa preciso riferimento al TAEG, ma alle «informazioni necessarie per consentire il confronto delle diverse offerte di credito sul mercato»).

L’indicazione, nel testo del negozio, del tasso di interesse risponde, invece, alla funzione informativa che ha la documentazione del contratto stipulato dalla banca col suo cliente. L’art. 117, comma 4, TUB vuole che nel contratto siano precisati il tasso di interesse, i prezzi e le altre condizioni (compresi i maggiori oneri in caso di mora) in quanto reputa che tale nucleo di informazioni – riferite ai diversi elementi dell’obbligazione che grava sul cliente – sia indispensabile per rimuovere l’asimmetria conoscitiva dei contraenti. Nella logica della disciplina generale della forma dei contratti bancari l’indicazione puntuale del tasso di interesse (non di un TAEG onnicomprensivo, il quale non è un tasso convenuto contrattualmente ma un dato numerico calcolato in base a una formula matematica, quindi un semplice indicatore di costo) assume, insomma, un rilievo centrale: ciò è confermato dall’apparato rimediale predisposto dal legislatore, il quale tiene conto di nullità riferite alle pattuizioni che interessano non il tasso effettivo globale, ma il tasso di interesse e gli altri prezzi e condizioni contrattuali.

L’idea che l’esplicitazione, in contratto, del TAEG sia idonea ad assicurare, sotto il profilo che qui rileva, la validità del contratto, genera, come conseguenza, una inoperatività della nullità dell’art. 117, comma 4, TUB che è priva di fondamento giustificativo, visto che non esiste alcuna norma che deroghi alla regola, desumibile dal comma 7 dello stesso articolo, per cui, in assenza della fissazione del tasso di interesse, si ha una nullità parziale con eterointegrazione del regolamento contrattuale.

Mette conto di aggiungere che, specularmente, la comminatoria della nullità non è operante nei confronti della mancata indicazione del TAEG: proprio in quanto il TAEG è un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che esso non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità ex art. 117 TUB[2]. Resta ferma ovviamente la nullità prevista, per i contratti del consumatore, dall’art. 125bis, comma 6, TUB[3].

Rimane da chiarire se la nullità sia da escludere anche ove l’ammontare del saggio di interesse, non specificamente individuato, possa ricavarsi, in base a un calcolo aritmetico, dal testo del contratto che individui il TAEG.

In termini generali, la forma scritta ad substantiam di un contratto non esclude che la pattuizione investa un oggetto non determinato, ma determinabile[4].

Con riferimento all’ipotesi della clausola degli interessi ultralegali, pure soggetta al rigore formale, la giurisprudenza ammette che il tasso di interesse di cui all’art. 1284, comma 3, cod. civ. possa essere non indicato in cifra, ma determinato attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché oggettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del tasso stesso[5].

Analoga regola è affermata con riguardo alla norma dei cui all’art. 117, comma 4, TUB che contempla l’obbligo di indicare il tasso di interesse in contratti che sono già soggetti alla forma scritta: anche in questo caso, il tasso di interesse può essere determinato per relationem, con esclusione del rinvio agli usi, ma il contratto deve richiamare criteri prestabiliti ed elementi estrinseci che, oltre ad essere oggettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del tasso, non devono essere determinati unilateralmente dalla banca[6].

Il tasso può anche ricavarsi dal contesto stesso del contratto; come è ovvio, pure le indicazioni contenute nel corpo del negozio possono rappresentare elementi atti a rendere determinabile, a norma dell’art. 1346 c.c., l’oggetto della pattuizione relativa agli interessi.

Deve credersi, in conseguenza, che il TAN del finanziamento, non puntualmente indicato, ben possa risultare determinabile ove sia suscettibile di definizione numerica sulla scorta del TAEG e degli altri valori riportati nel contratto[7], sicché le indicazioni contenute in quest’ultimo possono rappresentare elementi utili per rendere determinabile, a norma dell’art. 1346 c.c., il preciso oggetto della pattuizione relativa agli interessi.

Quest’ultima conclusione risulta avvalorata anche dalla recentissima sentenza delle Sezioni Unite n. 15130/2024[8]: muovendo dalla premessa che l’indagine sulla determinatezza dell’oggetto del contratto attiene alla costruzione strutturale dell’operazione negoziale, cioè è volta a verificare che essa abbia confini ben definiti con riguardo all’an ed al quantum degli interessi (non legali) che devono essere pattuiti sulla base di criteri oggettivi e insuscettibili di dare luogo a margini di incertezza, non sulla base di elementi indefiniti o rimessi alla discrezionalità di uno dei contraenti[9], si è affermata come sussistente tale determinatezza allorquando il contratto di mutuo contenga le indicazioni proprie del tipo legale (art. 1813 ss. c.c.), cioè la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità del rimborso e del tasso di interesse predeterminato, altresì prevedendosi, nel piano di ammortamento allegato al contratto, anche il numero e la composizione delle rate costanti di rimborso con la ripartizione delle quote per capitale e per interessi.

Resta solo da aggiungere che, come già condivisibilmente opinato[10], «il tasso di interesse si reputa determinabile quando contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse (cfr. Cass. 30 marzo 2018, n. 8028) e che allorché, come nel caso in esame, al Corte di appello ritenga che gli elementi indicati in contratto consentano l’individuazione del tasso di interessi pattuito si è in presenza di un accertamento fattuale riservato al giudice di merito».

In altri termini, nel caso di specie, parte ricorrente mostra di non considerare che l’affermazione della Corte distrettuale non si risolve nella sola sufficienza dell’indicazione del TAEG, ad assolvere alla previsione di cui all’art. 117, comma 4, TUB (secondo cui i contratti devono indicare il tasso d’interesse ed ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora); per converso, i giudici di seconde cure hanno puntualizzato che, nel contratto de quo, sono analiticamente riportate tutte le condizioni relative al piano di finanziamento concernenti il tasso di indicizzazione, gli interessi di mora, i criteri di indicizzazione, il TAEG o l’indicazione sintetico di costo richiesti dalle Istruzioni fornite dalla Banca d’Italia agli operatori di settore e che le condizioni contrattuali vanno integrate con il piano finanziario, anch’esso concordato dalle parti, dal quale si desume chiaramente il valore dell’operazione nel tempo attraverso il numero delle rate e l’ammontare di ciascuna di esse, con l’incidenza degli interessi, del tasso debitore, delle spese, aggiungendo, quanto al TAN, che tale valore si desume agevolmente dal piano di ammortamento approvato dalle parti, che riporta tutti gli elementi a ciò utili.

Da ciò si desume che la stessa Corte territoriale ha fondato la sua decisione di validità del contratto, sotto il profilo contestato, non già in ragione della sola indicazione del TAEG, ma anche dal fatto che il documento contrattuale ed i relativi allegati (tra cui il piano di ammortamento) consentivano un’agevole individuazione delle condizioni economiche del contratto.

 

 

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[1] Cfr. Cass. n. 5151/2024.

[2] Cfr. Cass. n. 4597/2023; Cass. n. 39169/2021.

[3] Nullità incidente sulle clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lett. e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta in base all’art. 124 TUB.

[4] Cfr. Cass. n. 8731/2023; Cass. n. 21352/2014.

[5] Cfr. Cass. n. 25205/2014; Cass. n. 8028/2018.

[6] Cfr. Cass. n. 17110/2019: il principio è riferito al rinvio a dati esterni, che il contratto può recepire allo scopo, ad esempio, di regolare l’andamento di un tasso variabile; nella fattispecie è stato ritenuto nullo il riferimento ad un generico top rate, concretamente specificato solo in un avviso sintetico redatto dalla banca ed esposto al pubblico.

[7] Cfr. sostanzialmente, in tal senso, Cass. n. 13556/2024, anch’essa pronunciata in fattispecie analoga a quella odierna.

[8] Per un approfondimento, A. Zurlo, L’altra faccia della Luna: una narrazione della sentenza delle Sezioni Unite sull’ammortamento c.d. “alla francese”, in questa Rivista, giugno, fasc. n. 2/2024, A. Zurlo – L’altra faccia della Luna: una narrazione della sentenza delle Sezioni Unite sull’ammortamento c.d. “alla francese”. – Diritto del Risparmio.

[9] Cfr. ex plurimis, in tema di determinazione del tasso di interesse mediante rinvio agli usi o a parametri incerti, Cass. nn. 28824 e 36026 del 2023; Cass. n. 17110/2019; Cass. n. 8028/2018; Cass. n. 25205/2014.

[10] Il riferimento è a Cass. n. 15195/2024.

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