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Nota a ACF, 5 giugno 2024, n. 7403.

di Emanuele Bray

Analyst Finance & Performance

La decisione dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) n. 7403 del 5 giugno 2024 trova origine nella richiesta di risarcimento delle quote di un fondo di investimento, elevata da parte di un investitore (ricorrente o cliente) nei confronti di un intermediario finanziario (parte convenuta o resistente). La lite de quo concerne, nel merito, il presunto mancato rispetto degli obblighi sottostanti alle prestazioni di servizi di investimento e, nello specifico, l’asserita violazione, da parte dell’intermediario, degli obblighi informativi e della profilatura del cliente con conseguente incongruenza fra effettivo profilo di rischio del medesimo e investimenti sottoscritti.

Le contestazioni mosse dalla parte ricorrente attengono, in primis, all’incoerenza del profilo delineato all’interno del questionario MIFID rispetto all’effettivo profilo di rischio che, a detta del ricorrente, era assimilabile a quello di un soggetto con limitata conoscenza dei mercati finanziari e basso reddito. La presunta incongruenza avrebbe condotto, pertanto, l’investitore alla sottoscrizione di quote di un fondo di investimento non coerenti con i propri obiettivi. L’intermediario resistente ha enfatizzato, nella propria difesa, l’assunto in base al quale il cliente aveva sottoscritto il questionario MiFID dichiarando un buon livello di conoscenza dei mercati finanziari e obiettivi di investimento di lungo periodo volti al conseguimento di una forte crescita del capitale (assunto che accerta, altresì, un alto livello di propensione al rischio). In occasione della sottoscrizione di parte delle quote del fondo de quo, la banca aveva, altresì, espressamente suggerito al cliente di sottoscrivere investimenti alternativi che presentavano, pro tempore, un livello di rischio/ rendimento più adeguato al profilo del ricorrente.  

L’investitore affermava, inoltre, di non aver ricevuto adeguate informazioni prima della sottoscrizione dei fondi e che la documentazione, fornita in inglese, non gli avesse consentito di comprendere le reali condizioni dell’operazione effettuata (data la mancata conoscenza della medesima lingua). L’intermediario asseriva, nel merito, di aver fornito tutta la documentazione informativa necessaria compresi i Key Investor Information Document (KIID), considerati sufficienti per soddisfare gli obblighi informativi; la contestata documentazione in inglese corrispondeva, altresì, a quella fornita dal gestore del fondo e, pertanto, sulla parte resistente non ricadeva alcun onere relativo alla traduzione della medesima.

In ultimo, il cliente contestava l’assunto in base al quale gli investimenti effettuati fossero stati realizzati “fuori mercato” (senza la necessaria tutela che un cliente al dettaglio richiede ai sensi di legge) e la non sufficiente diversificazione del portafoglio. Nella propria difesa l’intermediario attestava che le sottoscrizioni di fondi comuni avvengono necessariamente fuori mercato e che tale investimento, data la compresenza nel fondo di diversi strumenti finanziari, comporta di per sé la volontà di realizzare un elevato livello di diversificazione.

La decisione dell’ACF

Parte convenuta aveva richiesto, in via preliminare, di attestare l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire del Ricorrente in quanto il medesimo, non era più in possesso degli strumenti finanziari acquistati, avendone chiesto (e ottenuto) il rimborso prima della presentazione del ricorso; verrebbe meno, pertanto, l’interesse attuale e concreto a richiedere la nullità degli ordini di acquisto e la restituzione delle somme investite. L’ACF ha accolto tale eccezione, affermando che la domanda di nullità e la conseguente richiesta restitutoria devono essere rigettate.

Parte resistente aveva sollevato ulteriori contestazioni riguardo l’indeterminatezza del ricorso, sostenendo che i fatti costitutivi del preteso danno e la conseguente la quantificazione del medesimo sarebbero risultate deficitarie. Sul tema, il Collegio ha ritenuto che il ricorso soddisfacesse i requisiti di determinatezza previsti dal Regolamento ACF, in quanto la parte ricorrente ha puntualmente determinato l’oggetto della domanda individuando chiaramente il nesso eziologico alla base della medesima e le operazioni contestate.

Per quanto attiene le singole contestazioni mosse dal ricorrente l’Arbitro ha rilevato, anzitutto, che la profilatura del cliente, basata sulle dichiarazioni fornite nel questionario MiFID, era adeguata e rifletteva correttamente il profilo di rischio del medesimo. Richiamando la Decisione n.2015 del 20 novembre 2019, l’Arbitro eccepisce che, in forza del principio di autoresponsabilità, non risulta sufficiente contestare ex-post l’incoerenza del questionario di profilatura in quanto il cliente ha l’obbligo di rendersi parte attiva del processo di investimento, eludendo in tal modo di accettare passivamente la volontà dell’intermediario in questione. Gli investimenti risultavano coerenti anche alla luce delle precedenti sottoscrizioni del ricorrente in quote di OICR (per importi alquanto superiori a quelli oggetto di contestazione). In tema di obblighi informativi, il Collegio ha attestato, inter alia, il rispetto degli stessi da parte dell’intermediario mediante la consegna dei documenti necessari, compresi i KIID.    

In ultimo, in merito alla diversificazione del portafoglio, l’ACF, richiamando la Decisione n.4970 del 18 gennaio 2022, ha attestato che la natura di un fondo comporta di sé la diversificazione dell’investimento e degli annessi rischi.

In base a quanto appena prospettato, il Collegio ha rigettato il ricorso del cliente, ritenendo che l’intermediario abbia agito in conformità alle normative vigenti e agli obblighi contrattuali.

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