Nota a Trib. Genova, Sez. VII, 21 marzo 2024.
Massima redazionale
Nella specie, con ricorso ex art. 615, comma 2, c.p.c., parte opponente chiedeva la sospensione dell’esecuzione, lamentando:
a) la carenza di legittimazione ad agire in capo alla mandataria per non essere iscritta all’albo 106 TUB (e non aver prodotto nemmeno la procura notarile) e dunque legittimata a poter proseguire nella azione esecutiva intrapresa;
b) l’inesistenza della cessione, ovvero la carenza di prova della titolarità del credito in capo alla cessionaria;
c) la non debenza della somma oggetto di azione nella misura pretesa.
Secondo il giudice genovese, l’istanza di sospensione dell’esecuzione non può essere accolta, poiché difettante del requisito del fumus boni iuris. Invero, il primo motivo di opposizione, circa la mancata iscrizione all’albo ex art. 106 TUB della mandataria, non appare meritevole di accoglimento in quanto la tesi, sostenuta da diversi tribunali di merito, che ritiene necessaria l’iscrizione all’albo anche da parte dei soggetti incaricati di agire in executivis dalla cessionaria del credito, è stata disattesa da una recente pronuncia del giudice di legittimità[1]. Afferma la Suprema Corte di Cassazione che tale tesi ravvisa nelle disposizioni degli artt. 2, comma 6, della legge 30 aprile 1999, n. 130, e 106 TUB «norme imperative inderogabili, in quanto poste a presidio di interessi pubblicistici, con la conseguente nullità, sotto il profilo civilistico, dei negozi intersoggettivi (cessione, mandato, ecc.) e degli atti di riscossione compiuti in loro violazione; in proposito si osserva che, in relazione all’interesse tutelato, qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di «preminenti interessi generali della collettività» o «valori giuridici fondamentali»; il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del c.d. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il TUB o il TUF). In particolare, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali. Conseguentemente, «non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata” ; in altri termini, dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici».
Alla luce delle argomentazioni riportate, con specifico riferimento all’eccezione avanzata, allo stato, non rileva che la servicer, rappresentante sostanziale della cessionaria di credito bancario, sia iscritta (oppure no) nell’albo degli intermediari finanziari.
Circa il secondo motivo di opposizione, il quale verte sull’assenza di difetto di prova della inclusione del credito dell’opponente tra quelli oggetto di cessione, si ritiene, pur con valutazione sommaria tipica della presente fase cautelare, che il creditore procedente abbia dato sufficiente prova della propria legittimazione, avendo depositato la certificazione, da parte dell’originaria titolare del credito, della cessione dei crediti relativa alla posizione del ricorrente e che trova riscontro nella lista, espressamente richiamata nella Gazzetta Ufficiale, in cui è indicato il codice identificativo del rapporto da cui ha avuto origine uno o più dei crediti vantati dai cedenti nei confronti del relativo debitore ceduto e la forma tecnica del rapporto. Posto che la dichiarazione del cedente notiziata dal cessionario intimante al debitore ceduto con la produzione in giudizio, al pari della disponibilità del titolo esecutivo, è un elemento documentale rilevante, potenzialmente decisivo, per la verifica della titolarità del credito[2], anche il secondo motivo di opposizione appare privo di pregio.
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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità, 19 marzo 2024, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 16 aprile 2021, n. 10200, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione, 20 aprile 2021, Cessione di crediti in blocco: distinzione tra perfezionamento e prova della cessione. – Diritto del Risparmio.
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