Nota a ACF, 26 maggio 2023, n. 6562.
L’indirizzo promosso dalla decisione, oggetto della presente, è volto a disaminare il tema della responsabilità in capo all’intermediario finanziario nelle prestazioni di trading online, segnatamente all’attività di profilatura e di adeguatezza delle operazioni di investimento e agli obblighi informativi previsti.
La recente decisione n. 6562 del 26 maggio 2023 resa dall’Arbitro per le controverse finanziarie, compie un’analisi sull’operato dell’intermediario finanziario nell’esecuzione di un servizio di investimento, in linea conforme alle regole di professionalità, adeguatezza e correttezza[1] previste, in particolare, nelle fasi prodromiche alle operazioni di investimento.
La controversia sottoposta all’attenzione del Collegio riguarda l’inadempimento dell’Intermediario finanziario -nell’ambito di sottoscrizione di titoli azionari- di obblighi di natura informativa riguardo le caratteristiche delle azioni, l’omessa rilevazione dell’inadeguatezza delle operazioni; inadempimenti tali da, a detta dei ricorrenti, aver negato una scelta informata nell’esecuzione delle operazioni finanziarie e, di aver arrecato un danno considerevole, pari alla perdita sofferta.
I ricorrenti, in specie, censurano l’attività svolta dall’ intermediario, eccependo la carente informativa in merito alle caratteristiche dei titoli azionari sottoscritti, contestando inoltre, la veridicità delle informazioni riportare nei relativi questionari MiFid, l’inidonea e/o carente informativa circa la liquidità e il grado di rischio dell’investimento, i quali, erroneamente, erano stati inquadrati sul “basso grado di rischio”; infine, i ricorrenti lamentano di non aver ricevuto, anche su propria richiesta, l’intera documentazione relativa agli investimenti effettuati.
A difesa dell’Intermediario resistente, è stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso oggetto della presente, per avvenuta prescrizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 12, comma secondo, lett. b), del Reg. ACF, il quale richiama la disciplina dell’art. 4 dello stesso regolamento, che limita l’ambito di competenza e, relativa operatività, del Collegio alle “controversie relative a operazioni o comportamenti posti in essere entro il decimo anno precedente alla data di proposizione del ricorso”. In subordine, parte resistente ribadisce, attesa l’avvenuta regolare sottoscrizione di un contratto quadro, di aver fornito le informazioni necessarie ad identificare la natura e le caratteristiche degli strumenti finanziari, ovverosia dei titoli oggetto di sottoscrizione, ed anche l’esistenza di una situazione di conflitto d’interessi e, relativa adeguatezza della stessa alle operazioni di investimento poi eseguite.
Alla luce di quanto dedotto, il Collegio adito, dopo aver esaminato la vicenda de quo, preliminarmente ha accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ai sensi del già richiamato art. 4, comma 3-bis, Regolamento ACF (delibera n. 19602/2016), per difetto di competenza dell’Arbitro, evidenziando come il nuovo Regolamento ACF si applichi ai soli ricorsi presentati a partire dal 1 ottobre 2021, fattispecie che ricorre nel caso in esame, attesa l’avvenuta presentazione del ricorso nell’anno 2022.
Il Collegio, in merito all’attività di profilatura delle azioni, oggetto della controversia, richiamando un orientamento ormai consolidato, ha ritenuto poco ragionevole la valutazione resa dall’Intermediario, con cui ha riconosciuto ai propri titoli azionari un profilo di “rischio medio” evidenziando come, tale scelta non possa che “suscitare quantomeno forti perplessità in termini di ragionevolezza” segnatamente al fatto che, trattandosi di capitale di rischio, il quale per propria natura viene a configurarsi quale strumento illiquido, non avrebbe permesso poi di “poter liquidare l’investimento in tempi ragionevoli”[2].
Infine, il Collegio ha rilevato l’inadempimento dell’intermediario degli obblighi informativi previsti dalla normativa, ribadendo che ai ricorrenti non è stato presentato il relativo set informativo, veritiero e corretto, riguardante la situazione dei titoli azionari, segnatamente al loro grado di liquidità, ingenerando cosicché, nel cliente – gli odierni ricorrenti- un affidamento in ordine alla possibilità di porre in essere eventuali dismissioni, parziali o totali.
La decisione dell’ACF, oggetto della presente nota, conferma, ancora una volta, uno dei principi dirimenti in materia di controversie finanziarie, ovverosia il principio di effettività; principio, indirettamente richiamato dal Collegio secondo cui, affinché l’intermediario fornisca al cliente un set informativo, corretto e veritiero, circa la condizione degli strumenti finanziari utilizzati, è necessario che sia data prevalenza agli elementi oggettivi del caso, rispetto a quelli meramente formali (come i risultati che emergono da un’isolata lettura dei questionari MiFid), in modo da poter svolgere un’analisi concreta della condizione dell’operazione di investimento da eseguire.
In continuità con la giurisprudenza di legittimità sul punto, l’indirizzo promosso dalla decisione oggetto della presente, è volto ad identificare, previa valutazione del caso in concreto, i doveri dell’intermediario finanziario previsti dal TUF (d.lgs. n. 58/1998) e dalla normativa secondaria Reg. Consob (n. 11522/1998) finalizzati al rispetto di una clausola generale che impone allo stesso il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità [3] in maniera idonea a qualificare l’adeguatezza dell’investimento in relazione alle caratteristiche qualitative e sociali del cliente.
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[1] L’attività di profilatura e di informazione deve essere resa in maniera idonea a soddisfare il bisogno informativo dei destinatari nel caso concreto, secondo le esigenze e caratteristiche ivi presenti, in linea conforme ai doveri di correttezza e buona fede, conforme: Cass. Civ., 18.06.2018, n. 15936.
[2] Confronto pag. 5 della decisione ACF n. 6562/2023.
[3] Cass. civ., ord. n. 18121/2020.
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