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Nota a App. Cagliari, 18 maggio 2023, n. 162.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Il primo motivo attiene all’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117, comma 7, TUB, all’ipotesi di difformità del TAEG contrattuale rispetto a quello effettivo. La mancata corrispondenza del TAEG esposto in contratto a quello verificato dal consulente tecnico d’ufficio era ritenuta dal tribunale causa di nullità della pattuizione relativa agli interessi corrispettivi, “… essendo emerso nel corso del primo elaborato che la parte convenuta ha imposto un tasso di interessi superiore a quello concordato”.

Giova ricordare che il TAEG, disciplinato dalle disposizioni del Testo Unico Bancario e dalla delibera CICR del 04.03.2003, esprime il costo di un’operazione finanziaria in termini di percentuale annua dell’importo totale del credito e svolge una funzione informativa nei confronti del cliente relativamente all’incidenza nell’interesse effettivo di tutti i costi dell’operazione. In questi termini detto parametro non può essere assimilato al tasso di interesse corrispettivo agli effetti dell’applicazione del trattamento disposto dall’art. 117 c. 7 per i casi tipici previsti dai commi 4 e 6[1], peraltro diversi dall’ipotesi della difformità tra tasso enunciato e tasso praticato ravvisata dal primo giudice; di talché, deve ritenersi che l’eventuale difformità rispetto il carico economico effettivamente applicato (fattispecie diversa da quella in cui non sia determinabile il costo complessivo dell’operazione) non incida sulla validità delle condizioni contrattuali pattuite, ma semmai sulla responsabilità della banca per aver fornito informazioni non corrette. Ciò posto, in riforma della sentenza appellata, nella parte in cui era dichiarata la nullità della clausola sugli interessi, la domanda di rideterminazione del piano di ammortamento e di condanna della banca alle conseguenti restituzioni deve pertanto essere respinta.

Con il secondo motivo di appello incidentale i mutuatari hanno eccepito la nullità del piano di ammortamento originario del mutuo… per avere lo stesso applicato, senza mai averlo pattuito, la capitalizzazione composta degli interessi”, violando il disposto dell’art. 6 delibera CICR del 09.02.2000[2], ove è stabilita la necessità dell’approvazione specifica della clausola sulla capitalizzazione infrannuale degli interessi e sul tasso che tenga conto degli effetti della capitalizzazione. A giudizio della Corte territoriale, la censura non è fondata. Sul piano strutturale nel piano di ammortamento c.d. “alla francese”, essendo predeterminati sia l’importo della quota capitale che quella per interessi, calcolata nelle rate soltanto sul capitale via via restituito senza tener conto di interessi pregressi, è escluso che si verifichi una capitalizzazione di interessi, nemmeno sovrapponibile al concetto di interesse composto, che opera sommando al capitale disponibile all’inizio dell’anno gli interessi prodotti ogni anno. Questa progressione non incide sulla misura del tasso enunciata in contratto, che viene calcolato sulla somma utilizzata nell’anno di riferimento, e nemmeno fa scattare l’obbligo di indicare il TAE (previsto per rendere esplicito l’effetto della capitalizzazione), sostituito nel mutuo dall’espressione del TAEG.

Con la comparsa conclusionale gli appellanti incidentali hanno altresì evidenziato che il regime composto proprio dell’ammortamento alla francese costituisce una condizione economica più onerosa del regime semplice, che deve essere espressamente enunciata in contratto anche agli effetti di cui all’art. 117, commi 4 e 7, TUB. Di contro, il pagamento di maggiori interessi non consegue all’applicazione di un tasso superiore e/o diverso da quello convenuto, bensì al criterio di imputazione (diverso da quello previsto dall’art. 1194 c.c., che presuppone che gli interessi maturino sul credito esigibile), in quanto il mutuatario con le prime rate restituisce meno capitale e va a pagare una maggiore quota di interessi in ragione del maggior godimento del capitale non ancora restituito. In disparte la questione circa la meritevolezza di tale operazione (di per sé non vietata dall’ordinamento, anche se oggetto di ampio dibattito dottrinario e giurisprudenziale, con particolare riferimento all’applicazione dell’art. 1183 c.c. e dell’art. 821 c.c.), questa progressione non incide sulla misura del tasso, che corrisponde a quella enunciata in contratto, bensì sull’ammontare della prestazione per interessi, calcolata su capitale non ancora scaduto.

Ciò detto, si deve osservare che nel contratto di mutuo in oggetto era espressamente indicato il TAN, l’ISC/ TAEG, l’ammontare della somma mutuata, il numero e la periodicità delle rate ed il relativo importo; al contratto di mutuo era allegato il capitolato e il piano di ammortamento, specificamente sottoscritti dalle parti. Questi dati, a prescindere dalle difficoltà del calcolo necessario a verificare il risultato finale, consentivano al debitore di conoscere senza incertezze il carico economico complessivo del contratto che andava a stipulare e le condizioni di pagamento ivi compreso il regime composto degli interessi, ricavabile dal piano di ammortamento (nel quale la rata è formata, invece che dal capitale residuo, da una quota capitale in scadenza e dagli interessi maturati su quel capitale) e dal TAEG (ove è esposto il tasso effettivo oltre che le spese) senza elementi di discrezionalità in capo all’Istituto mutuante.

 

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[1] Cfr. Cass. n. 39169/2021, per cui «In tema di contratti bancari, l’indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione della forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 d.lgs. n. 385/93, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l’erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto»; v. anche n. Cass. n. 4597/2023.

[2] Nella conclusione ulteriormente subordinata dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado gli attori chiedevano la condanna della convenuta alla restituzione della somma pagata a titolo di usura sopravvenuta e/o anatocismo derivante dallo svolgimento del piano di ammortamento alla francese, senza allegare e dedurre i fatti costitutivi del fenomeno anatocistico asseritamente rinvenuto nel piano di ammortamento.

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