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Nota a Cass. Civ., Sez. VI, 25 ottobre 2022, n. 31453.

di Sara Rescigno

Tirocinante ACF

Nella controversia presa in esame, l’Intermediario ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che l’aveva condannato, in solido con il promotore finanziario, al risarcimento dei danni subìti dall’investitore.

I principali motivi di doglianza dell’Intermediario sono rappresentati dalla circostanza che il giudice di appello, nel riconoscere la sua responsabilità in solido con quella del promotore finanziario per i danni causati da quest’ultimo, non ha tenuto conto dei «molteplici elementi dimostrativi della anomalia e delle modalità estranee alla normale prassi bancaria» con cui l’investitore ha effettuato le operazioni di investimento e non ha considerato il «contegno anomalo» del medesimo come fatto colposo concorrente con l’illecito del promotore finanziario, in funzione di diminuzione del risarcimento.

Il giudice di legittimità, dopo aver analizzato le seguenti prospettazioni dell’Intermediario, ha accolto il primo motivo di ricorso e ha dichiarato assorbito il secondo.

In relazione al primo motivo di ricorso, il giudice di legittimità, al fine di verificare la sussistenza della responsabilità solidale dell’Intermediario ex articolo 31, comma 3, TUF[1], per i danni causati a terzi dal consulente finanziario nello svolgimento delle incombenze affidategli, si è soffermato sul cd. nesso di occasionalità necessaria, che costituisce il presupposto di esistenza di detta responsabilità[2].

Secondo la Cassazione, la sussistenza di tale nesso, che giustifica la responsabilità dell’intermediario per il fatto del promotore, può essere esclusa dal contegno del danneggiato, allorché la sua condotta sia caratterizzata da «anomalie» tali da evidenziare, se non la collusione, quantomeno la consapevole quiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore[3].

Nel caso di specie, il giudice di legittimità, dopo aver passato in rassegna i diversi elementi sintomatici di un contegno significativamente anomalo[4], ha ritenuto determinante, ai fini dell’accertamento di detto contegno, la circostanza che l’investitore abbia consegnato al promotore somme di denaro in contanti senza richiesta di quietanza. In particolare, ha destato sospetti il fatto che l’investitore ha versato le somme di denaro in contanti e in assenza di alcun rapporto con l’Intermediario, in violazione di specifiche norme giuridiche[5].

La sentenza della Corte di Appello, in definitiva, è stata censurata nella parte in cui non ha posto la dovuta attenzione alla rilevanza di tali anomalie in funzione della dimostrazione della collusione o, quantomeno, della consapevole acquiescenza dell’investitore rispetto al contegno illecito del consulente finanziario.

 

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[1] La Cassazione ha più volte messo in evidenza la relazione di continuità tra la norma speciale contenuta nell’articolo 31, comma 3, TUF e la disposizione generale sulla responsabilità dei preponenti di cui all’articolo 2049 c.c. Cass., n. 20588 del 22.10.2004; Cass., n. 26172 del 13.12.2007; Cass., n. 18928 del 31.07.2017.

[2] «Il fondamento di questa responsabilità va ravvisato nel rilievo che l’agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, in ossequio al principio ubi commoda ibi et incommoda». Si veda, in tal senso, Cass., n. 5020 del 04.03.2014.

[3] Ex multis, Cass., n. 27925 del 13.12.2013; Cass., n. 18928 del 31.07.2017; Cass., n. 17947 del 27.08.2020.

[4] Secondo la Cassazione, elementi presuntivi sintomatici di un contegno significativamente anomalo dell’investitore possono ricavarsi «dal numero o dalla ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, dal valore complessivo delle stesse, dall’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, dalla conoscenza da parte dell’investitore, del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e dalle sue complessive condizioni culturali e socio-economiche». Cass., n. 27925 del 13.12.2013; Cass., n. 30161 del 17.01.2020; Cass., n. 857 del 17.01.2020.

[5] In particolare, i giudici di legittimità hanno richiamato la violazione dell’articolo 31, comma 2-bis, TUF e l’articolo 108 del regolamento Consob adottato con delibera n. 16190 del 2007.

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