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Nota a App. Napoli, Sez. VII, 18 ottobre 2022, n. 4336.

di Beatrice Capoccia

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel solco di una recentissima pronuncia di legittimità in tema di fideiussione omnibus[1] ed in ossequio al principio di conservazione degli atti negoziali, per la Corte di Appello di Napoli alla previsione di singole clausole conformi allo schema predisposto dall’ABI – poi dichiarate contrarie alla normativa antitrust – consegue non già la caducazione dell’intero contratto bensì la nullità delle singole clausole; e ciò sempre che, ai sensi dell’articolo 1419 c.c., non sia dimostrato che quel contratto, in assenza di quelle clausole, non sarebbe stato concluso[2]

Detta nullità è, tra l’altro, rilevabile d’ufficio da parte del giudice.

Il problema è di forte interesse e si pone per i numerosissimi istituti di credito che, secondo prassi bancaria diffusa, hanno adottato il modello (non vincolante) del contratto di fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie predisposto dall’ABI; tali clausole, sottoposte al vaglio della Banca d’Italia (titolare a quel tempo del potere di accertamento delle pratiche anticoncorrenziali poste in essere dalle banche), sono state dichiarate lesive della concorrenza con provvedimento n. 55 del 02.05.2005, integrando un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione all’art. 2 della c.d. Legge antitrust (l. 287/1990)[3].

Appurata, dunque, la piena validità ed efficacia della fideiussione depurata dalle clausole anticoncorrenziali, la Corte territoriale continua osservando che la nullità della clausola del contratto recante la rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. “comporta la reviviscenza dell’assetto ordinario previsto dall’art. 1957 c.c., che impone alla banca di attivarsi entro sei mesi contro il debitore principale; con la conseguenza che, nell’ipotesi in commento, la banca opposta risulta decaduta dal diritto di far valere la propria pretesa creditoria nei confronti dei fideiussori, avendo questa agito oltre il termine semestrale dalla data di comunicazione della risoluzione del rapporto bancario e della messa in sofferenza del conto corrente.

A conforto di tale conclusione, osserva infatti che «non può ritenersi idonea ad integrare i presupposti di cui al primo comma dell’art. 1957 c.c. la diffida contenuta nello stesso atto di recesso (…), atteso che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr. fra le altre Cass. n. 1724/2016; Cass. n. 21524/2004; Cass. n. 6823/2001) l’art. 1957 c.c., nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa.».

In altre parole, «attesa la qualificazione dell’atto negoziale in oggetto come garanzia accessoria e non autonoma e non potendosi ravvisare alcuna incompatibilità e/o contraddizione tra la clausola del pagamento a prima richiesta e il disposto di cui all’art. 1957 c.c., che incide esclusivamente sulle modalità di azione del creditore garantito, imponendogli un onere di agire giudizialmente anche contro il debitore, nel termine previsto, quale presupposto per l’escussione della garanzia», ai fini dell’art. 1957, tali “sollecite e serie iniziative” da adottare avverso il debitore principale non possono consistere in una richiesta stragiudiziale di pagamento, dovendosi riferire il termine “istanza” esclusivamente alla proposizione di una domanda giudiziale a tutela del diritto di credito (tanto in via di cognizione tanto di esecuzione)[4]

 

 

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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 30.12.2021, n. 41994.

[2] Conformi: Tribunale Reggio Emilia sez. II, 03/11/2021, n.1271, Corte appello Venezia sez. II, 13/10/2021, n.2575, Tribunale Vicenza sez. I, 12/10/2021, n.1884, Tribunale Torino sez. I, 08/10/2021, n. 4518, Tribunale Novara sez. I, 07/10/2021, n.630

[3] In Cass. sent. n. 41994/2021 si legge sul punto: “La serialità della riproduzione dello schema adottato a monte – nel caso concreto dall’ABI – viene, difatti, a connotare negativamente la condotta degli istituti di credito, erodendo la libera scelta dei clienti-contraenti e incidendo negativamente sul mercato. (…) Si è, pertanto, evidentemente in presenza di una nullità speciale, posta (…) a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico”; dunque “nullità ulteriore a quelle che il sistema già conosceva (Cass. n. 827/1999)”.

[4] Conforme, tra le altre, Trib. Pesaro, 16 marzo 2022, n. 198.

Di diverso avviso è Trib. Padova, 28 marzo 2022, ove si legge che: “In tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito – giusta l’applicazione del criterio ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c. – esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio”.

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