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Nota a Trib. Torino, Sez. I, 3 ottobre 2022, n. 3821.

di Beatrice Capoccia

Studio Legale Greco Gigante & Partners

In discontinuità con la giurisprudenza di legittimità sul punto, per il Tribunale di Torino, con la recente sentenza in oggetto, la valutazione del carattere della rimessa affluita in conto corrente è da compiersi sulla base delle annotazioni contabili di cui agli estratti conto predisposti dalla banca (c.d. saldo banca) e non su quello ricalcolato e rettificato al netto degli addebiti riconosciuti illegittimi (c.d. saldo rettificato).

Non accenna a placarsi il dibattito circa la distinzione – fissata da Cass. sez. un. 24418/2010 – tra rimesse risolutorie e ripristinatorie ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, ed in particolare circa la verifica dell’incidenza di rimesse cd. solutorie – che intervengano a conto scoperto o a conto “extrafido”; ci si domanda, cioè, se questa debba compiersi sulla base delle annotazioni contabili di cui agli estratti conto predisposti dalla banca (cd. saldo banca), e quindi prima di qualsiasi “elisione” di annotazioni indebite, ovvero sulla base di quello ricalcolato e rettificato al netto degli addebiti riconosciuti illegittimi (cd. saldo rettificato).

Come è noto, a fondamento della tesi che predilige l’utilizzo del saldo cd. ricalcolato è la costante giurisprudenza di legittimità che, con la sentenza n. 9141/2020, prima, e Cass. n. 3858/2021, poi, ha evidenziato che “per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausola anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento. L’eventuale prescrizione del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato non influisce sulla individuazione delle rimesse solutorie, ma solo sulla possibilità di ottenere la restituzione di quei pagamenti coperti da prescrizione[1].

Contraria alla impostazione prevalente è il Tribunale di Torino con la pronuncia in commento, secondo il quale l’individuazione della solutorietà delle operazioni bancarie è da svolgersi esclusivamente sulla base del saldo banca, nonostante l’invalidità di alcune competenze bancarie (è il caso, per esempio, degli oneri anatocistici)[2].

Il prefato Tribunale, infatti, oltre a rilevare “difetti costruttivi” frutto dell’asserita contraddizione logica insita alla schematizzazione delle operazioni sopra riportate, nonché l’incompatibilità con il dettato normativo di cui all’art. 1422 c.c. (per cui è la prescrizione dell’azione di indebito a limitare l’accertamento della nullità e non viceversa, evidenzia come la ricostruzione offerta da “Cass. n. 3858/2021 e Cass. n. 9141/2020 entra in conflitto con il criterio di distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie di cui Cass. n. 24418/2010 perché assegna, per il tramite della teorica del saldo rettificato, valore ripristinatorio a rimesse che, inequivocabilmente, hanno natura solutoria, ossia comportano uno spostamento patrimoniale potenzialmente definitivo delle somme versate, dalla sfera giuridica del cliente a quella della banca”.

Ebbene, sull’assunto che “lo spostamento patrimoniale è escluso se la riduzione dell’esposizione debitoria comporta la riespansione, in pari misura, della facoltà di utilizzo della medesima somma di denaro e sussiste invece se questa riespansione non può verificarsi, perché il versamento è fatto su un conto “scoperto”, senza fido o oltre il limite del fido”, il Tribunale, ai fini della qualificazione del versamento e della conseguente verifica del termine prescrizionale, propende per considerare il saldo banca anziché per quello rettificato; e ciò per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, osserva che è la banca e non già il cliente parte contrattualmente autorizzata a elaborare i conti ex art. 119 TUB; quest’ultimo infatti potrebbe al più “impugnare le risultanze dell’estratto e censurare anche oltre i limiti temporali fissati dall’art. 1832 c.c. la legittimità della registrazione in conto, perché avvenuta per un titolo nullo, ma finché l’errore non è riconosciuto dalla banca o è giudizialmente accertato e il conteggio non è conseguentemente rettificato, il saldo elaborato dalla banca ha effetto anche nei confronti del cliente”.

Il Tribunale prosegue argomentando che non può prescindersi dalla cooperazione della banca per l’espletamento delle normali attività di utilizzo del c/c (si legge, infatti, che “se il saldo evidenzia che il conto è “scoperto”, il prelievo di contanti, l’esecuzione degli ordini di bonifico ecc. sono prima facie impossibili”). In altri termini, “se il cliente dipende da scelte discrezionali della banca, ciò vuol dire che egli non ha facoltà di disporre in assenza di copertura”.

Conclude sul punto criticando la rimessione del giudizio sulla scorta della qualificazione della rimessa (nel senso del pagamento o del ripristino di disponibilità), poiché è il potere di disporre di una somma di denaro (o meglio la conservazione del potere stesso) ad integrare il messo idoneo ad impedire lo scostamento patrimoniale; e tale possibilità è da verificarsi esclusivamente avendo a riferimento la situazione dichiarata ed esistente al tempo di esecuzione del versamento.

 

 

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[1] Conformi numerose pronunce di merito, tra cui Corte d’Appello di Bologna sentenza n. 2994 del 18 settembre 2017; Corte d’Appello di Bologna, sentenza n. 2920 del 26 novembre 2018; Corte di Appello di Milano, sent. n. 176/2020 del 20 gennaio 2020.

[2] Dello stesso avviso, tra le altre, Corte Appello Venezia 13 ottobre 2020, n. 2680, ove si legge: “quanto alla questione del saldo banca / saldo ricalcolato anche nel periodo coperto da prescrizione, l’orientamento già espresso da questa Corte in precedenti pronunce (per es. Corte Appello Venezia, sentenza 3074/2019) è a favore dell’utilizzo del saldo banca; in effetti, depone a favore di tale soluzione la considerazione che la prescrizione precluderebbe ogni valutazione in ordine al periodo da lei coperto, per dare certezza e stabilità ai rapporti giuridici; depurare in prima battuta il conto delle annotazioni illegittime (anche se in forza del principio per cui un atto nullo non produce effetti) corrisponderebbe a riscriverlo, con elusione del limite della prescrizione dell’azione di ripetizione. Tuttavia, la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata nel senso di riconoscere valore al saldo ricalcolato (Cass. Ordinanza n. 9141 del 19/05/2020), con una pronuncia che, invero, non ha dato compiutamente conto delle ragioni di tale scelta rispetto ai diffusi orientamenti di merito a favore del saldo banca”.

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