Nota a ACF, 20 settembre 2022, n. 5855.
La controversia attiene alla violazione da parte del gestore di un portale per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese delle regole di comportamento prescritte dall’art. 50quinques TUF, sì come declinate dal Regolamento Crowdfunding. Trattandosi della prima occasione in cui viene affrontato il tema de quo, il Collegio, in via preliminare, sottolinea come, sebbene nel caso in esame l’attività di gestione del portale non sia svolta da un intermediario autorizzato anche alla prestazione dei servizi di investimento, bensì da un soggetto semplicemente iscritto nell’apposito registro all’uopo istituito, tale circostanza non valga comunque a escludere la competenza per materia dell’arbitro.
Tanto premesso, nel merito, la vicenda attiene alla valutazione di che cosa debba intendersi per «fatto nuovo significativo» tale da «influire sulla decisione dell’investimento» e che, ove sopravvenuto tra il momento dell’adesione ad un’offerta promossa tramite il portale e la sua definitiva chiusura, legittima l’esercizio del diritto di revoca, e poi, in particolare, se esso possa identificarsi (come accaduto nella specie) più ancora che nella mera proroga del termine per l’adesione all’offerta nel fatto, piuttosto (come segnalato dalla società ricorrente nella comunicazione con cui ha inteso esercitare tale diritto), che, tra il momento dell’adesione e la chiusura definitiva, posticipata grazie alla proroga, l’emittente abbia convocato un’assemblea per modificare lo statuto.
Ebbene, è avviso del Collegio che il fatto dedotto nella comunicazione dell’adesione sia almeno astrattamente suscettibile di integrare il presupposto del fatto nuovo legittimante la revoca, perché evidentemente gli assetti statutari di una società concorrono alla conformazione delle caratteristiche del bene partecipazione sicché, nell’ambito dei mercati finanziari, eventuali modifiche finiscono per incidere sull’oggetto stesso dell’investimento.
Pur tuttavia, prima di poter entrare davvero nel merito della questione occorre vagliare l’eccezione del resistente, secondo cui la società ricorrente non fosse titolata a rivolgersi all’Arbitro, dal momento che successivamente all’adesione all’offerta essa ha chiesto di essere riclassificata come “cliente professionale”, perdendo così la qualità soggettiva richiesta a tal fine dall’art. 2, comma 1, lett. g), Regolamento ACF. Siffatta eccezione è fondata. Nel caso in esame è documentato in atti non solo che la società ricorrente avesse avanzato espressamente, nel mese di gennaio 2021, tale istanza al gestore del portale, producendo all’uopo una dichiarazione, rilasciata nel 2016 da un primario intermediario finanziario, che attestava l’accoglimento della richiesta di up-grade a cliente professionale, ma anche che è la stessa ricorrente ad aver dichiarato, nello scambio di corrispondenza con il resistente che «nulla è variato rispetto alla qualifica di professionale su richiesta attestata nel 2016 già a Vostre mani». In altri termini, è la stessa società ricorrente ad ammettere di essere, ancora nel gennaio 2021, cliente professionale su richiesta, seppure qualificato come tale da altro intermediario. Ne consegue che alla data dell’introduzione del ricorso la società risultasse priva dei requisiti soggettivi indispensabili per adire l’ACF.
Seguici sui social:
Info sull'autore