Nota a App. Napoli, Sez. III, 13 luglio 2022, n. 3378.
di Antonio Zurlo (Studio Legale Greco Gigante & Partners)
In una recente sentenza, che è (giustamente) balzata agli onori della cronaca (perlomeno tra gli addetti ai lavori), una Corte d’Appello californiana ha stabilito che un’ape sia un pesce, potendosi, per analogia, applicare alle prime il regime di tutela per il rischio di estinzione previsto dal California Endangered Species Act solo per i secondi.
Con la recentissima sentenza in oggetto, la Corte partenopea, senza soluzione di continuità con la sentenza del Tribunale, ha qualificato come fideiussione omnibus il contratto di garanzia attenzionato, sulla scorta della valorizzazione della natura accessoria di quest’ultima. Invero, il Collegio ritiene che la fideiussione omnibus, destinata alla copertura di plurimi rapporti inerenti alle obbligazioni principali, difficilmente possa integrare gli estremi di un contratto autonomo di garanzia.
A tal riguardo, le Sezioni Unite Civili[1] hanno, come noto, formulato un criterio direttivo per la qualificazione della garanzia con clausola “a prima richiesta” e/o “senza eccezioni”, al fine di consentire la necessaria prevedibilità della decisione giudiziaria, in caso di controversia. Pur tuttavia, la giurisprudenza di merito si è scissa tra la necessità dell’esistenza contestuale di ambedue le clausole, ai fini della qualificazione della garanzia come autonoma, o, alternativamente, la bastevolezza della presenza di una sola delle due.
Nel caso di specie, il Tribunale napoletano ha ritenuto di aderire alla prima opzione ermeneutica, valorizzando, dunque, l’assenza nel contratto attenzionato di una clausola espressa “senza eccezioni”.
Il Collegio, ai fini della natura della fideiussione omnibus ritiene di valorizzare altri profili, tra i quali la causa, che, nel rapporto di garanzia di cui trattasi non può scientemente identificarsi con la funzione cauzionale (o indennitaria) caratterizzante la garanzia autonoma. Invero, la fideiussione ha funzione satisfattoria, essendo finalizzata a garantire l’adempimento dell’obbligazione principale (sia pure entro un limite massimo garantito). La prestazione del fideiussore è omogenea qualitativamente a quella del debitore principale, impegnandosi il primo a eseguire la medesima prestazione pecuniaria del secondo.
In base al principio della solidarietà (tipico del modello fideiussorio), il creditore ha la possibilità di chiedere l’adempimento sia al debitore principale, sia al garante, a partire dal momento di esigibilità del proprio credito. La garanzia autonoma, per converso, accede a prestazioni infungibili e può essere, consequenzialmente, azionata solo all’esito dell’inadempimento del debitore principale, garantendo al beneficiario un “risarcimento” sotto forma di indennizzo (o penale), per un importo che risulta predeterminato a priori, al momento della sottoscrizione della garanzia. In altri termini, la fideiussione omnibus ha la funzione di assicurare al creditore la somma che effettivamente risulterà ex post, al termine dello svolgimento del rapporto, non pagata dal debitore principale[2].
Ma vi è di più. In senso ulteriormente avvalorativo, il Collegio rileva che la fideiussione sia normalmente ricevuta da una Banca (c.d. fideiussione attiva), mentre la garanzia autonoma vede quest’ultima nel ruolo di garante (c.d. fideiussione passiva); inoltre, la fideiussione omnibus concerne obbligazioni future, a differenza della garanzia autonoma che accede, per converso, a obbligazioni contestuali all’assunzione della garanzia. Da ultimo, la garanzia autonoma ha un carattere necessariamente oneroso, nei rapporti garante-debitore principale, a fronte della gratuità sostanzialmente caratterizzante la fideiussione.
Con precipuo riferimento alle clausole solitamente inserite nelle fideiussioni omnibus, derogatorie delle disposizioni codicistiche, tali sono da reputarsi perfettamente compatibili con l’archetipo fideiussorio tipico e, in ogni caso, non determinanti una mutazione in garanzia autonoma. Di tal guisa, la clausola di pagamento “immediato e a prima richiesta” avrebbe l’effetto di un esonero del creditore dall’onere della prova dell’inadempimento dell’obbligazione principale, di una deroga all’art. 1957 c.c. (ovverosia di escludere la necessità di un’azione giudiziale per evitare la decadenza prevista dalla disposizione de qua) o, ancora, di una clausola c.d. solve et repete (sul modello dell’art. 1462 c.c.), che impone al garante l’obbligo del pagamento immediato della somma richiesta dal beneficiario, con riserva della facoltà di sollevare eccezioni dopo il pagamento.
Sarebbe del tutto irragionevole ritenere che le clausole de quibus siano bastevoli a qualificare come autonoma la garanzia prestata, anche in precipua considerazione della funzione satisfattoria. Del pari, la c.d. clausola di sopravvivenza non intacca l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto al debitore principale, dal momento che l’obbligo di garantire la restituzione delle somme comunque erogate (anche laddove le obbligazioni garantite fossero dichiarate invalide) non implica che il fideiussore non possa eccepire la validità dell’obbligazione garantita, ma, per contro, soltanto che l’eventuale dichiarazione di nullità non possa influire sull’obbligo restitutorio della sorte capitale effettivamente erogata.
Last, but non least: la deroga all’art. 1957 c.c. non comporta sic et simpliciter la trasformazione in garanzia di tipo autonomo. La fideiussione risponde a un’esigenza di protezione del fideiussore che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale. A tal riguardo, la nullità “speciale” delle tre clausole ABI, di cui al recente pronunciamento delle Sezioni Unite[3], discende dalla loro natura di disposizioni restrittive della concorrenza e non certamente dall’effettuata deroga alla normazione codicistica.
In California le api saranno anche pesci; in Italia, le fideiussioni omnibus non sono contratti autonomi di garanzia.
[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., n. 3947/2010.
[2] V. Cass. Civ., Sez. Un., n. 3947/2010, per cui: «il contratto autonomo di garanzia … ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale e prestazione dovuta dal garante; inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un ‘vicario’ del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita (e non necessariamente sovrapponibile ad essa), perché non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.».
[3] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.