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Nota a ABF, Collegio di Roma, 24 settembre 2021, n. 20514.

di Donato Giovenzana

 

La controversia ha ad oggetto l’accertamento del diritto della ricorrente alla liquidazione delle somme depositate dal proprio dante causa, nella misura di 1/5, oltre al pagamento delle spese di procedura.

L’intermediario eccepisce che non è tenuto alla liquidazione in ragione della mancata trasmissione da parte degli eredi della documentazione necessaria a completare il censimento, ai fini dell’adempimento dei doveri derivanti dalla normativa antiriciclaggio, tributaria ed a tutela della privacy.

Tra le parti è incontroversa la ricostruzione dei fatti che risultano essere i seguenti:

– in data 22 aprile 2013 si è aperta la successione di un cugino della ricorrente e con atto di volontaria giurisdizione, il Tribunale ha nominato il curatore dell’eredità giacente.

Dell’asse ereditario facevano parte anche i fondi depositati su un conto corrente aperto presso l’intermediario resistente;

– con ordinanza del 7 giugno 2019, assunta nel procedimento apertosi su iniziativa del curatore, il Tribunale ha assegnato ai chiamati all’eredità il termine di 90 giorni per accettare o rifiutare l’eredità;

– nel rispetto del termine assegnato, cinque cugini del de cuius hanno dichiarato formalmente l’accettazione: fra essi la ricorrente, che ha depositato nel procedimento atto notarile di accettazione del 3 settembre 2019;

– in data 19 gennaio 2020 gli eredi sono stati immessi nel possesso dei beni ereditari dal curatore come da atto pubblico redatto dal notaio;

– all’atto notarile erano presenti quattro dei cinque eredi: uno di essi ha presenziato in persona del proprio tutore; gli altri tre – tra cui la ricorrente e la coerede ancora non censita dall’intermediario – a mezzo di procuratori speciali;

– tutti i soggetti sono stati generalizzati dal notaio che ne ha accertato l’identità;

– con decreto del 14 febbraio 2020, il giudice ha dichiarato chiusa la procedura relativa all’eredità giacente;

– con raccomandata del 30 luglio 2020, indirizzata a tutti gli eredi, l’intermediario ha sollecitato gli interessati a produrre la documentazione mancante per la chiusura del procedimento successorio, tra cui un valido documento di identità di una dei coeredi.

La banca resistente ha negato alla ricorrente la liquidazione della sua quota deducendo che il censimento dell’ultimo erede (non censito) costituisce condizione necessaria, ritenendo inidoneo a tali fini il documento scaduto in suo possesso. In base alle allegazioni della resistente, l’esigenza di identificare tutti gli eredi risulta collegata alla necessità di intestare il conto del de cuius a tutti gli eredi.

Senonché, ai fini dell’accoglimento del ricorso assume rilievo la circostanza che l’intermediario può ritenere identificabile l’erede non censito sulla base della documentazione a sua disposizione. L’art. 18, D.L. n. 231 del 21/11/2007, che disciplina gli obblighi di adeguata verifica posti in capo agli intermediari ai fini antiriciclaggio, così statuisce:

«Gli obblighi di adeguata verifica della clientela si attuano attraverso: a) l’identificazione del cliente e la verifica della sua identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente».

L’art. 19, comma 1, lett. a), del citato decreto, rubricato “Modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica”, prevede quanto segue:

«l’identificazione del cliente e del titolare effettivo è svolta in presenza del medesimo cliente ovvero dell’esecutore, anche attraverso dipendenti o collaboratori del soggetto obbligato e consiste nell’acquisizione dei dati identificativi forniti dal cliente, previa esibizione di un documento d’identità in corso di validità o altro documento di riconoscimento equipollente ai sensi della normativa vigente, del quale viene acquisita copia in formato cartaceo o elettronico. Il cliente fornisce altresì, sotto la propria responsabilità, le informazioni necessarie a consentire l’identificazione del titolare effettivo. L’obbligo di identificazione si considera assolto, anche senza la presenza fisica del cliente, nei seguenti casi:

  1. per i clienti i cui dati identificativi risultino da atti pubblici, da scritture private autenticate o da certificati qualificati utilizzati per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».

Orbene, nel verbale di immissione degli eredi nel possesso dei beni ereditari, risultano individuate le generalità della coerede non censita, nonché vi è la dichiarazione del Notaio che: “Detti comparenti, della cui identità io notaio sono certo, mi chiedono di ricevere il presente atto”. Nel richiamato contesto fattuale l’intermediario aveva, dunque, gli elementi per procedere alla identificazione di tutti gli eredi.

Il Collegio capitolino rileva, altresì, che il Collegio di Coordinamento ha avuto modo di chiarire come l’apertura della successione determina l’automatico subentro degli eredi nel rapporto di conto corrente bancario precedentemente intestato al de cuius (Collegio di Coordinamento, decisione n. 24360 del 06/11/2019).

L’esigenza dell’intermediario di reintestare il rapporto ai coeredi e di regolarizzarlo sul piano degli adempimenti antiriciclaggio non sembra, pertanto, trovare fondamento.

Il Collegio accerta il diritto di parte ricorrente alla liquidazione, nella misura di un quinto, del saldo attivo del conto corrente già intestato al de cuius.

 

Qui la decisione.

 

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