Riflessioni giuridiche in merito all’Offerta pubblica volontaria parziale di scambio e transazione MPS: dagli obblighi informativi nel collocamento di prodotti finanziari illiquidi alla validità della transazione nel caso di contratto di investimento nullo.
di Michael Lecci
Da pochi giorni ha avuto il via l’operazione di salvataggio della Banca Monte dei Paschi di Siena, in nome e per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze della Repubblica italiana (“MEF”), per promuovere un’offerta pubblica volontaria parziale di scambio e transazione, rivolta ai titolari delle azioni ordinarie della Banca derivanti dalla conversione, conseguente alla Burden Sharing, del bond subordinato pari ad € 2.16 miliardi Upper Tier II collocato presso i piccoli investitori.
Prima di entrare nel merito della questione è opportuno soffermarsi sulla nozione di “obbligazione subordinata” ed effettuare un excursus storico della vicenda.
- Obbligazioni subordinate
L’obbligazione subordinata è una species rientrante nel più vasto campo del genus obbligazioni. Si caratterizza, e si differenzia dalla seconda, per il fatto che il rimborso avviene solo in via successiva rispetto ai creditori ordinari. Per le obbligazioni subordinate infatti è previsto che, nel caso in cui l’emittente si trovi in una condizione economica particolarmente difficoltosa, il rimborso del capitale dipenda dalla soddisfazione dei creditori non subordinati. Hanno una cedola periodica ma possono non avere una vera e propria scadenza: in quest’ultimo caso vi potrà essere un’opzione per il rimborso anticipato (c.d. “call option”) a beneficio dell’emittente, esercitabile solo a partire da una certa data.
Queste peculiarità rendono le obbligazioni subordinate più rischiose rispetto alle normali obbligazioni; sebbene da un lato il maggior rischio potrà comportare maggiori rendimenti, dall’altro lato, invece, si potranno verificare delle situazioni in cui, anche laddove l’emittente non diventi insolvente ma si trovi in difficoltà operative, l’investitore potrà subire ingenti perdite.
Le obbligazioni subordinate sono riconducibili a quattro categorie a cui corrispondo diversi livelli di rischio e di subordinazione:
- Lower Tier 2 (LT2): questa tipologia di obbligazione, illiquida come la generalità delle obbligazioni corporate, è posta al vertice nella scala dei subordinati bancari essendo subordinata esclusivamente alla liquidazione delle obbligazioni ordinarie. Le cedole, fisse o variabili, vengono pagate alla scadenza, (o anche prima qualora sia prevista un’opzione di rimborso anticipato) salvo il verificarsi di una situazione di insolvenza; la scadenza è compresa tra i 5 e 10 anni;
In assenza del prospetto di emissione lo si potrebbe assimilare ad un bond senior.
- Tier 3: queste obbligazioni presentato lo stesso grado di subordinazione delle precedenti dalle quali si differenziano esclusivamente per la durata inferiore (inferiore ai 5 anni);
- Upper Tier II (o bond junior): queste obbligazioni presentano un grado di rischiosità più elevato; infatti, in caso di insolvenza l’investitore rischia fino al 100% del capitale investito con l’ulteriore rischio che l’emittente differisca, o sospenda, il pagamento la cedola in caso di profitti insufficienti. Può non esservi una scadenza predefinita e le cedole non pagate sono liquidate nel momento in cui vengono meno le condizioni che hanno determinato la sospensione.
- Tier I: sono le obbligazioni più rischiose e possono comportare la perdita dell’intero capitale investito in caso di insolvenza. Inoltre l’emittente può, al verificarsi di determinate condizioni, annullare il pagamento della cedola. Spesso non hanno una scadenza finale.
Con l’introduzione della Direttiva n. 2014/59 dell’Unione Europea per il risanamento e risoluzione di enti creditizi e imprese di investimento (disciplina del bail-in prevista nella c.d. Direttiva BRRD) l’investimento in obbligazioni subordinate deve essere valutato in modo più analitico in considerazione della propria propensione al rischio.
Il meccanismo del bail–in consiste nell’evitare un intervento pubblico in caso di dissesto (o di rischio di dissesto) di una banca avvalendosi per il suo salvataggio di una gerarchia di “coinvolgimento” che vede al vertice le azioni e gli altri titoli di capitale emessi dalla banca; a seguire rispettivamente le obbligazioni subordinate, le obbligazioni ordinarie e i depositi bancari (quest’ultimi solo per importi eccedenti i 100.000€).
- Antefatto storico
L’operazione di salvataggio si è resa necessaria in conseguenza dello scenario negativo prospettatosi in seguito allo Stress test condotto, tra il febbraio e il luglio del 2016, dall’Autorità Bancaria Europea (ABE) in cooperazione con la Banca Centrale Europea e le autorità di vigilanza nazionali.
In data 23 dicembre 2016 la Banca, preso atto dell’impossibilità di portare a termine l’operazione di rafforzamento patrimoniale preannunciata dal Consiglio di Amministrazione della Banca il 29 luglio dello stesso anno a causa dell’impossibilità di reperire sul mercato le risorse necessarie, ha inoltrato alla BCE un’istanza di sostegno straordinario e temporaneo per l’accesso alla ricapitalizzazione precauzionale, ai sensi dell’art. 32, comma 4 della Direttiva 2014/59/UE (c.d. Banking Resolution and Recovery Directive, “BRRD”).
Nella stessa data il Governo, con un intervento finalizzato alla “salvaguardia della complessiva stabilità del sistema finanziario” e per impedire il deteriorarsi dell’intermediario in questione, ha adottato il Decreto Legge n. 237/2016 (convertito con modifiche dalla legge 17 febbraio 2017, n. 15 [“Decreto 237”]), contenente misure di sostegno pubblico alla liquidità e al capitale delle banche.
In conformità con quanto previsto dal Decreto Legge 23 dicembre 2016, n. 237, la Banca ha presentato il Piano di Ristrutturazione per il periodo 2017-2021 alla Commissione Europea che lo ha approvato in data 4 luglio 2017.
Successivamente, in data 27 luglio 2017, il MEF emesso il Decreto Ricapitolizzazione e il Decreto Burden Sharing (c.d. Decreti Ministeriali) disciplinanti:
- L’aumento di capitale della Banca per un importo pari a Euro 3.854.215.456,30 a servizio della sottoscrizione di n. 593.869.870 azioni (al prezzo unitario di Euro 6,49) da parte del MEF eseguita in data 3 agosto 2017;
- L’applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all‟art. 22, commi 2 e 4 del Decreto 237 (“Burden Sharing”), nonché l’aumento di capitale della Banca per un importo pari a Euro 4.472.909.844,60 con conseguente emissione di n. 517.099.404 azioni assegnate (al prezzo unitario di Euro 8,65), in data 1° agosto 2017, ai portatori dei Titoli Burden Sharing (i titoli subordinati oggetto di conversione nelle Azioni Burden Sharing, che includono le Azioni BMPS UT2. Le azioni assegnate al MEF unitamente alle Azioni Burden Sharing costituiscono le “Nuove Azioni”).
L’Offerta Pubblica di Transazione e Scambio (“Offerta”) rientra nelle misure italiane di attuazione della procedura di ricapitolizzazione precauzionale della Banca, in conformità con il Decreto 237 e il relativo controvalore massimo, pari a € 1.536 milioni, è stato considerato nell’ambito degli aiuti di Stato del Piano di Ristrutturazione.
L’Offerta è diretta ai soggetti ex portatori dei Titoli Upper Tier 2 i quali, in caso di adesione, riceveranno in cambio Azioni Burden Sharing, cioè titoli di debito aventi durata comparabile alla vita residua dei Titoli Upper Tier 2. Tuttavia, il controvalore massimo dell’Offerta Pubblica è pari ad € 1.536 milioni, pertanto, eventuali richieste eccedenti tale valore non potranno essere soddisfatte e dovranno essere ripartite.
- Condizioni dell’offerta
– L’Offerta è diretta ai titolari di Azioni BMPS UT2 salvo che: 1) le abbiano acquistate da una controparte qualificata diversa dall’Emittente; 2) abbiano sottoscritto i Titoli UT2 successivamente al 31/12/2015; 3) siano qualificati, e/o siano stati alla data d’acquisto dei Titoli UT2, come Controparti Qualificate o Clienti Professionali.
– L’adesione all’Offerta comporterà la ricezione, come corrispettivo, di Titoli di Debito Senior emessi dalla Banca aventi scadenza il 15 maggio 2018, per un valore nominale massimo complessivo di € 1.536.000.000,00 (acquisto ad opera del MEF considerato dalla Commissione Europea come aiuto di Stato).
– Per quanto riguarda l’operazione di transazione viene indicato che questa: a) “è volta a porre fine o prevenire una lite avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti coinvolti nell’applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo 22, comma 2 [del Decreto 237][1]”; e) “…prevede la rinuncia dell’azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo 22, comma 2, [del Decreto 237] nelle azioni acquistate dal Ministero ai sensi del [comma 2 dell’articolo 19 del Decreto 237]”. Nondimeno, nel documento viene precisato che l’Offerta, “senza che da ciò possa essere desunto, neppure implicitamente, alcun riconoscimento di responsabilità da parte della Banca, è preordinata a concludere una transazione, ai termini e alle condizioni indicate nel Decreto 237 e nel presente Documento di Offerta, con i titolari di Azioni BMPS UT2 rivenienti dalla conversione dei Titoli UT2 conseguente al Burden Sharing (la “Transazione”).
– Le adesioni all’Offerta se “validamente effettuate dagli Aderenti costituiscono accettazione piena e incondizionata dei termini e condizioni dell’Offerta, ivi inclusa – ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lett. e)[2], del Decreto 237 – la rinuncia dell’Aderente a far valere ogni pretesa relativa alla commercializzazione dei Titoli UT2, come più puntualmente indicato nelle Avvertenze, nonché nel successivo Paragrafo F del Documento di Offerta (la Transazione)”.
Nella sezione contenente le Avvertenze vengono indicate le rinunce conseguenti all’Adesione all’Offerta:
- “A titolo di transazione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1965 e seguenti del Codice Civile, l’Aderente rinuncia irrevocabilmente e incondizionatamente a qualunque pretesa, diritto, ragione, azione o eccezione di qualunque natura (contrattuale, extracontrattuale o precontrattuale), attuale o potenziale, che l’Aderente abbia vantato od opposto, o che possa o potrebbe vantare od opporre anche in futuro – in qualunque sede (sia civile, sia penale, ivi compresa la costituzione di parte civile) e a qualsiasi titolo – con riferimento a 39 restituzioni, nonché a tutti i danni, patrimoniali o non patrimoniali (inclusi quelli da reato), diretti o indiretti e comprensivi del danno emergente e del lucro cessante, che l’Aderente abbia patito, o possa patire in futuro, in conseguenza di o in relazione a: (i) tutte le operazioni di acquisto o sottoscrizione di Titoli UT2 o al loro mancato disinvestimento e qualunque rapporto in qualunque modo correlato o riferibile all’acquisto o alla sottoscrizione – o al mancato disinvestimento – dei Titoli UT2 sopra indicati; nonché (ii) la conversione dei Titoli UT2 in Azioni BMPS UT2, salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, del Decreto 237 (ciascuna di tali pretese, una “Pretesa Relativa all’Investimento in Titoli UT2”).
- “La Transazione oggetto dell’Offerta e le conseguenti rinunce vengono stipulate dall’Aderente: (a) quale che sia la condotta o i fatti che hanno dato origine a tale pretesa, diritto, ragione, azioni o eccezione e quale che sia il soggetto cui i predetti danni possono essere imputati; (b) con riferimento a tutti i Titoli UT2 sottoscritti o acquistati dall’Aderente e convertiti nelle Azioni BMPS UT2, ai sensi del Decreto Burden Sharing, anche in caso di Riparto o di Adesione parziale da parte del Destinatario dell’Offerta; e (c) a prescindere dal fatto che l’Aderente abbia sporto reclamo o fatto valere in altro modo e/o sede, sia civile sia penale e a qualsiasi titolo, le proprie ragioni. La Transazione di cui all’Offerta non implica né può essere intesa come un riconoscimento o un’ammissione di responsabilità da parte della Banca in relazione a quanto forma oggetto della transazione stessa”.
L’Aderente, inoltre, si impegna a:
- rinunciare agli atti, e comunque a determinare l’estinzione, di qualunque procedimento, promosso in ogni sede (ivi incluso nelle forme della costituzione di parte civile nel procedimento penale), e a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli dinanzi ad organismi di mediazione e conciliazione o per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, eventualmente già promosso nei confronti della Banca;
- provvedere, nelle forme di legge ed entro 15 giorni dalla Data di Scambio, alla remissione di ogni querela ovunque e in ogni tempo eventualmente presentata, anche contro ignoti, per fatti in qualsivoglia modo connessi alle circostanze di cui ai precedenti punti 1) e 2).
Sempre nel campo inerente la transazione si precisa che questa ha effetto novativo ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1976 c.c.
QUESTIONI GIURIDICHE RILEVANTI:
IL COLLOCAMENTO DI PRODOTTI FINANZIARI ILLIQUIDI E LA RINUNCIA A FAR VALERE OGNI PRETESA IN GIUDIZIO.
Fatte le premesse necessarie per l’inquadramento dei fatti e delle condizioni dell’operazione di salvataggio occorre soffermarsi sulle questioni che, in relazione alla complessità dell’operazione, assumono rilevanza giuridica.
Innanzitutto, prima di entrare nel merito dell’Offerta un aspetto che necessita di una rigorosa analisi è quello inerente gli obblighi informativi nel collocamento di strumenti finanziari illiquidi. Per questa tipologia di prodotti i problemi legati al gap informativo si moltiplicano in quanto si caratterizzano per tratti di difficile comprensibilità per i non addetti al settore[3] e presentano delle difficoltà o delle limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, ad un prezzo vantaggioso, ossia in grado di riflettere una pluralità di interessi in acquisto e in vendita[4] .
Il primo intervento normativo ad hoc per i prodotti in questione si è avuto nel 2009[5]; le vicissitudini che hanno seguito la crisi finanziaria del 2008 hanno favorito l’investimento in prodotti ad alto tasso di rischio di liquidità, tipo obbligazioni bancarie e derivati OTC (over-the-counter) in ragione dell’elevato tasso di rimuneratività e dal beneficio di introiti immediati[6]. In questo contesto storico, ove esigenze di trasparenza divenivano sempre più pregnanti, la Comunicazione Consob del 2009 ha avuto la funzione di integrare il Regolamento Intermediari n. 16190/2007. La Commissione ha introdotto specifiche regole di trasparenza nella trattazione di prodotti illiquidi: l’intermediario, nella fase che precede il collocamento dei prodotti, dovrà effettuare delle valutazioni preliminari circa la morfologia e la complessità del prodotto in conformità con le esigenze della clientela. Inoltre, il collocamento dei prodotti illiquidi al di fuori dei mercati regolamentati, e la loro intrinseca oscurità, ne rende difficile lo smobilizzo per i consumatori retail[7] pertanto all’intermediario sarà richiesta un’analisi preventiva diretta a valutare “la conoscenza e l’esperienza” del cliente al dettaglio in materia di prodotti illiquidi[8]. Sono altresì richieste delle specifiche valutazioni di adeguatezza ed appropriatezza che tengano in considerazione esigenze e contingenze eterogenee quali l’irrazionalità dell’investitore, la sua esperienza, l’obiettivo di investimento e la comprensione dell’incidenza dei costi sulla rimuneratività del prodotto. La normativa ha quindi l’obiettivo di favorire l’effettiva comprensione della natura dell’investimento e della qualità del prodotto riducendo quell’asimmetria informativa caratterizzante il rapporto[9].
Quale fattore aggiuntivo è previsto che la comunicazione al cliente dovrà contenere un indice analitico dei singoli costi e la descrizione delle prospettive economiche in caso di disinvestimento[10].
Alla Comunicazione Consob hanno fatto seguito le Opinions ESMA n. 146 e 332 del 2014[11]. Nella prima sono previste maggiori tutele per i clienti retail nella negoziazione di strumenti finanziari derivati con sottostanti poco trasparenti, che presentato barriere all’uscita o meccanismi complessi per la restituzione del capitale; la seconda si occupa delle good practices nella fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione del prodotto in modo da rispondere alle esigenze concrete della clientela.
Complessivamente, gli obblighi gravanti sull’intermediario, nonché il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza, si concretizzano in tre profili di intervento: misure di trasparenza, presìdi di correttezza e verifica dell’adeguatezza e appropriatezza dell’operazione[12].
La giurisprudenza si è espressa varie volte in merito alla negoziazione di prodotti finanziari che necessitavano presìdi informativi rafforzati. L’orientamento prevalente tra i giudici di merito[13] e presso la Corte di legittimità[14] è quello di sanzionare l’intermediario qualora il suo comportamento non risponda all’esigenza di rendere il cliente pienamente consapevole circa la portata e la rischiosità dell’investimento. Le vicende sottoposte all’esame dei giudici, nonostante le diverse sfaccettature, hanno come comune denominatore la sussistenza della responsabilità dell’intermediario in caso di violazione degli obblighi informativi.
Nell’instaurazione di un giudizio per risarcimento del danno proposto dal risparmiatore, il giudice dovrà verificare se vi sia, o meno, “la prova positiva della … diligenza (dell’intermediario) e dell’adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e, in mancanza di tale prova, che è a carico dell’intermediario fornire (art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998), questi sarà tenuto al risarcimento degli eventuali danni causati al risparmiatore»[15].
Contrariamente, in presenza di un’operazione non adeguata, la Banca potrà «darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute»[16].
- Gli obblighi informativi nel caso dell’Offerta pubblica di Transazione e Scambio MPS
Nel caso dell’Offerta pubblica di Transazione e Scambio MPS il risparmiatore è posto di fronte alla (ardua) scelta se attivarsi mediante rimedi giurisdizionali per sollevare (eventuali) irregolarità nella formazione del contratto con conseguente risarcimento del danno (salvo l’ipotesi di nullità per mancanza del contratto-quadro) oppure aderire all’Offerta e rinunciare (almeno secondo quanto previsto nelle condizioni della transazione) «agli atti, e comunque a determinare l’estinzione, di qualunque procedimento, promosso in ogni sede (ivi incluso nelle forme della costituzione di parte civile nel procedimento penale), e a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli dinanzi ad organismi di mediazione e conciliazione o per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, eventualmente già promosso nei confronti della Banca».
Tralasciando per ora la vincolatività (e la legittimità?!) della clausola di rinuncia a far valere le proprie pretese in giudizio sono giorni caldi per migliaia di investitori posti nella condizione di dover scegliere in un termine relativamente breve (le adesioni scadono il 20 novembre 2017 alle 16.30, salvo proroghe) se aderire all’Offerta con il rischio di subire un riparto oppure lasciarsi uno spiraglio per adire la Banca in giudizio qualora ritengano di aver subito un danno in conseguenza del comportamento scorretto dell’intermediario.
Esaminiamo distintamente le due ipotesi:
- Adesione all’Offerta
Vi sono numerosi fattori che potranno incidere sull’ammontare del riparto in caso di adesione: innanzitutto occorre escludere dal conteggio gli investitori non qualificati come retail e coloro che hanno acquistato le azioni successivamente al 31.12.2015. Inoltre, la percentuale del riparto aumenta in modo inversamente proporzionale rispetto alla diminuzione del prezzo medio di carico delle UT2 ammesse al ristoro.
Il dato che si ha con certezza è che l’ammontare massimo convertibile è pari a €1.536 miliardi pertanto, in caso di adesione integrale e conseguente riparto, le azioni che verranno acquistate dal Tesoro ammonteranno a circa il 74,71% delle azioni apportate con il restante 25% delle azioni che resterebbe nel portafoglio degli aderenti.
Attestandosi alle condizioni dell’Offerta la sottoscrizione della transazione, come prima anticipato, comporta la rinuncia ad adire le vie legali per le obbligazioni non ristorate.
2. Non adesione
Con un prezzo per singola azione (in data odierna) pari a 3,81€ cui corrisponde una capitalizzazione complessiva inziale pari a 4,45 miliardi la Monte Dei Paschi si trova a dover affrontare richieste per risarcimento danni che si attestano intorno ai 4,3 miliardi di euro. Tale cifra riguarda il petitum delle numerose controversie in cui è coinvolta la Banca, delle quali il 97% hanno ad oggetto l’attività ordinaria e la restante parte inerente l’ambito degli aumenti di capitale in relazione a cause promosse dagli azionisti.
Non accedere al ristoro, ovvero non sottoscrivere la transazione, comporta la possibilità di chiedere in sede arbitrale, o giudiziale, il risarcimento dell’intero danno subito o, eventualmente, la declaratoria di nullità del contratto-quadro. Ciò significa anche restare in possesso delle azioni alla quotazione attuale con un perdita (potenziale, e salvo vittoria in giudizio) maggiore.
Nelle ultime ore le adesioni si attestavano intorno al 60% del totale outstanding.
• Condizioni per la validità del negozio transattivo
Nelle scheda di adesione all’Offerta è previsto che l’investitore “dichiari e accetti” di rinunciare a far valere qualunque pretesa, diritto, ragione, azione o eccezione che riguardino o siano comunque connessi, relativi o in qualunque modo riferiti o riferibili “alla validità ed efficacia della documentazione negoziale e dispositiva relativa alla prestazione…di servizi e attività di investimento aventi ad oggetto i Titoli UT2, ivi incluse pretese, anche di ordine restitutorio e/o risarcitorio, fondate sull’eventuale contestazione di nullità o invalidità per qualsiasi causa del contratto quadro relativo alla prestazione di servizi di servizi di investimento o dei singoli ordini di sottoscrizione/acquisto, dandosi atto che la Transazione ha per oggetto unicamente le conseguenze patrimoniali, restitutorie e/o risarcitorie dei predetti atti e non già le questioni concernenti la validità e/o efficacia dei titoli negoziali” (punto 2, iv, esemplificazione rinunce dell’Aderente).
Nondimeno, al successivo punto 6) si precisa che la transazione “ha natura novativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 1976 c.c.” rimettendosi, in tal modo, alla disciplina civilistica.
Concentrandosi sulla nozione di transazione l’art. 1965 c.c. la definisce come “il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.
La prima caratteristica che emerge dal dato normativo, l’elemento qualificante che ne sostanzia il sinallagma, è la reciprocità delle concessioni: tale termine indica che l’incontro tra le parti debba consistere in un avvicinamento tra le originarie contrapposte pretese. Pertanto si può affermare che, stante la natura fondamentale delle “reciproche concessioni” che informano di sé la causa del negozio transattivo, esse non possano mai fare difetto[17]. Parte della dottrina ritiene che concessioni prestate unilateralmente rendono la transazione irrimediabilmente viziata di invalidità[18] oppure non qualificabile come “transazione” ma in termini di rinunzia o di altra fattispecie negoziale (datio in solutum o accordo remissorio).
Si può parlare di concessioni reciproche nel caso in cui le condizioni della transazione siano imposte unilateralmente alla controparte (investitore retail, quindi parte debole) alla quale si richiede di scegliere se accettare o (plausibilmente) rischiare di depauperare ulteriormente il patrimonio investito? Per rispondere a tale quesito è opportuno focalizzarsi sull’oggetto della transazione. Innanzitutto, affinché la si possa considerare valida, quest’ultima deve vertere su una res dubia, e, cioè occorre “che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche”. Di tale avviso è la Corte di Cassazione[19], secondo la quale l’oggetto della transazione non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazioni delle parti, ma lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti (i giudici, parlando di “parti” presuppongono la reciprocità degli intenti transattivi) stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un “quid medium” tra le prospettazioni iniziali” (Cass. n. 7999 del 01/04/2010).
- Validità della transazione in relazione alla nullità del contratto-quadro
Con riferimento al requisito di forma nei contratti di intermediazione finanziaria l’art. 23 del D.Lgs. 58/1998 (TUF) prevede che “i contratti relativi alla prestazione di investimento…e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione di servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. …[…]… Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo”.
La nullità prevista ex art. 23 TUF è una nullità relativa in quanto può essere contestata solo dal cliente. È infatti posta a presidio dell’interesse della parte “debole” della contrattazione al fine di garantirle una ponderazione dell’importanza del contratto che si accinge a perfezionare. Propedeutici alla stipulazione del contratto sono gli obblighi informativi come precedentemente illustrati (in relazione ai prodotti illiquidi) la cui violazione è fonte di responsabilità pre-contrattuale con conseguente risarcimento del danno.
Sebbene l’obbligo di forma scritta ab substantiam sia limitato al contratto-quadro la giurisprudenza ritiene che la nullità di tale contratto si estenda anche ai successivi ordini di investimento[20], contratti derivati nonché ogni altro atto derivante dall’esecuzione del contratto-quadro.
Presupponendo che la transazione sia valida ai sensi dell’art. 1965 c.c. (in quanto prevede delle reciproche concessioni) è opportuno soffermarsi sulla sua validità nell’ipotesi di nullità del negozio sul quale si innesta.
L’art. 1972 c.c. dice che “è nulla la transazione relativa a un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo. (2) Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l’annullamento di essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo”. Nella seconda eventualità non vi sarà l’estensione della nullità al negozio transattivo ma sarà possibile, per la parte che non era al corrente della sussistenza di detta causa di nullità, domandare l’annullamento dell’accordo. In questo caso, l’azione diretta all’annullamento della transazione si pone come una speciale azione di impugnativa per errore[21].
La norma in questione trova applicazione solo nel caso di transazione novativa[22], cioè nell’ipotesi in cui gli originari rapporti giuridici sono sostituiti da quelli che sorgono dalla transazione[23]. Nel caso contrario[24], infatti, l’atto nullo precedentemente concluso tra le parti rimarrebbe al di fuori della transazione impedendo che questa sia inficiata dal vizio invalidante il contratto transatto.
La particolarità della vicenda MPS deriva dalla contestualizzazione della forma scritta nella disciplina dell’intermediazione finanziaria. In tale settore, infatti, la forma assume la funzione di “forma informativa”, cioè funzionale a garantire la trasparenza in tutte le fasi del rapporto negoziale, dalla fase pre-contrattuale all’esecuzione del contratto. Nondimeno, le rigorose norme poste a carico dell’intermediario non servono esclusivamente per servire al meglio l’interesse del cliente ma anche per assicurare/mantenere l’integrità dei mercati. In questa prospettiva, non occorre sottovalutare l’importanza che le nullità hanno della conformazione dell’«ordine pubblico economico». L’intermediario, infatti, ha il delicato ruolo di veicolare i contratti “al finanziamento del sistema produttivo e del sistema pubblico” e, con la sua attività, si pone in una prospettiva non molto diversa da quella prevista ex art. 41 comma 2 della Costituzione. I “requisiti formali” richiesti dalla legge soddisfano interessi ed utilità considerati dal legislatore, nazionale ed europeo, maggiormente meritevoli di tutela, cosicché il loro mancato rispetto renderà giuridicamente sanzionabile l’atto invalido[25].
- Nullità della transazione per illiceità della causa – difetto di meritevolezza.
Sotto altro profilo si potrebbe considerare che non tutti i contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari sono meritevoli di tutela giuridica ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c.
I contratti aventi ad oggetto prodotti finanziari si caratterizzano per la presenza di una componente aleatoria; l’elemento causale è altamente volatile in quanto il valore delle attribuzioni patrimoniali è inscindibilmente collegato a scenari probabilistici che ne impediscono l’esatta quantificazione ex ante. Nel caso di prodotti negoziati OTC si pongono particolari problemi in termini di validità e di qualificazione di quest’ultimi.
Vi sono diverse pronunce della Suprema Corte che mettono in discussione l’assetto di interessi in concreto perseguito con contratti di natura atipica. In particolare, i giudici affermano che «il contratto atipico, all’esito del giudizio di immeritevolezza, deve ritenersi inefficace fin dalla stipulazione, inidoneo a vincolare le parti al reticolo di regole che ne compongono la struttura» (Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza, 02/11/2017, n. 26057; Cass. Civ., Sez. I, Sentenza, 15/02/2016, n. 2900). Pertanto, laddove il contratto sfugga alla condizione di meritevolezza, la sua irrilevanza giuridica ne travolge ogni clausola ed effetto, anche nell’ipotesi, in cui fosse astrattamente argomentabile la contrarietà alla legge.
Un recente orientamento giurisprudenziale ha posto particolare attenzione agli elementi integranti la causa del contratto derivato OTC: «tutti gli elementi dell’alea e gli scenari che da essa derivano costituiscono e integrano la causa stessa del contratto, perché appartengono alla causa tipica del negozio, indipendentemente dalle ricorrenti distinzioni tra scopo cosiddetto di copertura o speculativo tout court. Distinzioni che non sono decisive ai fini della qualificazione giuridica, segnatamente civilistica, dei contratti derivati over-the-counter. In difetto di tali elementi il contratto deve ritenersi nullo per difetto di causa, poiché il riconoscimento legislativo risiede, ad avviso di questa corte, nella razionalità dell’alea e quindi della sua misurabilità»[26].
Nella vicenda MPS i correntisti potrebbero non essere stati resi “pienamente” consapevoli circa la rischiosità dei titoli subordinati che si apprestavano a sottoscrivere. A tale merito, i giudici delle corti territoriali affermano che, «ciò che rileva, dunque, ai fini dell’insussistenza della causa in concreto è l’assenza di adeguata informazione fornita dalla banca al cliente in ordine ai rischi effettivamente assunti […] Se è vero infatti che all’intermediario sono imposti obblighi di informazione circa la natura, i rischi, e le implicazioni dell’operazione, con riguardo alla negoziazione di prodotti derivati, tali obblighi devono tradursi innanzitutto nella puntuale illustrazione al cliente dei meccanismi del prodotto, in maniera tale che, prima di sottoscrivere il contratto, il cliente sia correttamente informato sull’idoneità dello strumento finanziario a perseguire le finalità di copertura richieste e sui rischi rispettivamente assunti»[27].
Valutazioni che, in casi estremi, potrebbero compromettere la liceità degli interessi perseguiti con il singolo regolamento negoziale fino a riverberarsi sulla validità del negozio transattivo concluso. In tale ipotesi, infatti, si rientrerebbe nel novero dell’art. 1972, comma 1, c.c. secondo il quale: “è NULLA la transazione relativa a un contratto illecito (1343 ss.), ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo”.
- Illiceità della causa per contrarietà all’ordine pubblico economico
Discorso simile al precedente può farsi in relazione alla contrarietà della causa del contratto all’ordine pubblico economico.
L’illiceità della causa non è rinvenibile esclusivamente nel difetto di meritevolezza dell’assetto di interessi perseguiti dal contratto ma può altresì derivare dalla sussistenza di una causa contraria all’ordine pubblico. La contrarietà all’ordine pubblico non deriva esclusivamente dal contrasto con norme di legge raffiguranti i princìpi fondamentali del nostro ordinamento ma anche dalla contrarietà con princìpi, compresi quelli di natura economica, non espressi in norme di legge. In particolare, l’ordine pubblico economico è posto a tutela di regole e valori, perlopiù non aventi riscontro nelle norme di legge, ma desumibili dal sentimento comune di quel settore di riferimento, cioè del settore economico. La nullità che ne deriva è di natura speciale (perché posta al di fuori del codice) e prende il nome di “nullità di protezione”. Questa tipologia di rimedio invalidante non tutela esclusivamente il singolo investitore ma si erge a mezzo di valutazione della conformità del singolo contratto con i meccanismi ed i princìpi regolanti il mercato finanziario nel suo complesso. Rappresenta quindi un mezzo di salvaguardia dell’integrità del mercato (art. 21 TUF) e della negoziazioni che si svolgono al suo interno.
L’espressione “ordine pubblico economico” indica un regime strutturale di valori disciplinanti un intero settore di riferimento (nel caso di specie quello finanziario) che, sebbene non necessariamente previsti a livello normativo, regolino e disciplinino il corretto svolgimento delle negoziazioni che ivi si svolgono, in virtù degli interessi e dei beni giuridici da tutelare e dei precetti costituzionali, e comunitari, caratterizzanti l’ordinamento giuridico.
Come nell’ipotesi esposta nel paragrafo precedente, anche in questo caso si rientrerebbe nel perimetro di applicazione dell’art. 1972, comma 1, con conseguente NULLITÀ della transazione avente ad oggetto un contratto con causa illecita per contrarietà all’ordine pubblico economico.
Ora ci si chiede in che misura una transazione, effettuata in attuazione di un’apposita legge (Legge 17 febbraio 2017 n. 15 – conversione del Decreto 237/16), possa impedire che si sollevino questioni inerenti la conformità, o la validità, di numerosi contratti di investimento (sempre laddove un contratto sussista) con la disciplina di settore di impronta europea, pienamente recepita dal legislatore nazionale, diretta a salvaguardare e a garantire l’integrità del mercato a partire dalla sua componente atomistica, il contratto.
Tale Legge è conforme alla tutela dell’ordine pubblico economico e alla Costituzione ai sensi degli artt. 11, 24, 47, anche laddove impedisca di far valere in giudizio uno, o molteplici, vizi inficianti, ab origine, la validità del contratto posto alla base della transazione?
Sul punto la Consob non si esprime rimettendosi alla discrezionalità dei singoli interpreti i quali dovranno decidere in merito all’instaurazione di un giudizio anche nel caso di adesione all’Offerta Pubblica di Transazione: “Non è, peraltro, possibile escludere che anche i soggetti che aderiscono all’Offerta Pubblica di Transazione e Scambio possano poi promuovere azione nei confronti dell’Emittente contestando l’effettivo transattivo della medesima”(così la Consob nelle “Avvertenze” allegate all’Offerta). Afferma inoltre che: “nonostante la Banca ritenga di aver dato attuazione correttamente a quanto previsto dal Decreto 237 e nel Decreto Burden Sharing, non è possibile escludere che i portatori dei Titoli Burden Sharing avanzino interpretazioni diverse dei sopra citati provvedimenti e, sulla base di queste, decidano di agire nelle sedi competenti anche nei confronti della Banca a tutela dei propri diritti”.
In virtù degli articoli summenzionati qualora si consideri la transazione come un atto di diritto privato disciplinato dalle norme del codice civile (anche in considerazione del richiamo dell’art. 1976 c.c. nella scheda di adesione), sarà pacificamente affermabile che essa sia soggetta alle ipotesi di nullità, o annullabilità, previste dal codice civile stesso; ovvero, laddove la transazione avesse ad oggetto la nullità del contratto (per mancanza del contratto-quadro o per mancata sottoscrizione), e di tale vizio la controparte (investitore retail) ne ignorasse l’esistenza, non le si potrebbe precludere di agire in giudizio per demandare l’annullamento della transazione, e questo anche “ancorché le parti abbiano trattato della nullità del contratto”.
Nell’ipotesi invece in cui si considerasse il contratto di transazione posto ad un piano superiore rispetto all’autonomia privata delle parti, in ragione del richiamo alla Legge del 17 febbraio 2017, n. 15, ci si chiede se essa sia, o meno, pienamente compatibile con i principi costituzionali e comunitari.
Discorso a parte è quello relativo all’illiceità della causa con conseguente nullità del negozio transattivo. In questo caso è onere del ricorrente far emergere gli elementi da cui desumere “l’immeritevolezza” degli interessi giuridici perseguiti con il singolo regolamento negoziale ovvero la contrarietà di questo all’ordine pubblico economico.
[1] Art 22, comma 2: “Con il decreto indicato dall’articolo 18, comma 2, sono disposte le misure di ripartizione degli oneri ((di seguito indicate )) e l’aumento del capitale dell’emittente a servizio delle misure stesse: a) conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo ((19, comma 1 )), degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n.575 del 26 giugno 2013 (Additional Tier1), inclusi gli strumenti qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della clausola di grandfathering del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché delle altre passività dell’emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore; b) ove la misura di cui alla lettera a) non sia sufficiente, conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo ((19, comma 1)), degli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 575 del 26 giugno 2013 (Tier2), inclusi gli strumenti e i prestiti qualificati come elementi di classe 2 ai sensi della clausola di grandfathering del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché degli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale; c) ove la misura di cui alla lettera b) non sia sufficiente, conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo 19, comma 1, degli strumenti e dei prestiti, diversi da quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell’emittente. (( c-bis) quando necessario per assicurare l’efficacia delle misure di ripartizione degli oneri, il decreto di cui all’articolo 18, comma 2, può disporre, in luogo della conversione, l’azzeramento del valore nominale degli strumenti e prestiti di cui alle precedenti lettere e l’attribuzione di azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo 19, comma 1. )) (( 2-bis. I maggiori o minori valori che derivano dall’applicazione del comma 2 alle banche emittenti di cui all’articolo 13, comma 2, del presente decreto non concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e alla determinazione del valore della produzione netta)).
[2] Decreto 237, Art. 19, comma 2, lett. e): “la transazione prevede la rinuncia dell’azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo ((22, comma 2)), nelle azioni acquistate dal Ministero ai sensi del presente comma”.
[3] F. Greco, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell’intermediazione finanziaria, Giuffrè, Milano, 2010, pg. 53; F. Sartori, Autodeterminazione e formazione eteronoma del regolamento negoziale. Il problema dell’effettività delle regole di condotta, in Riv. dir. priv., 3, 2009, pg. 4.
[4]Consob (2009), Comunicazione CONSOB n. 9019104, Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi, Livello 3 Regolamento intermediari, 2009, pg. 4.
[5] Consob (2009), Comunicazione CONSOB n. 9019104, Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi, Livello 3 Regolamento intermediari, 2009.
[6] Sul tema vedi A. Brozzetti, La negoziazione dei prodotti illiquidi, in F. Capriglione (a cura di), I contratti dei risparmiatori, Giuffrè, Milano, 2013.
[7] La comunicazione arricchisce di contenuto l’Art. 26, comma 1, lett. e), del Regolamento n. 16190/2007 specificando la definizione di consumatore retail come colui che “non sia cliente professionale o controparte qualificata, con minore esperienza e conoscenza finanziaria”.
[8] Par. 33 Orientamenti ESMA: “Nel fornire l’accesso a strumenti finanziari complessi o rischiosi, ad esempio, le imprese di investimento dovrebbero valutare attentamente la necessità di raccogliere informazioni più approfondite sul cliente rispetto alle informazioni che raccoglierebbero in caso di strumenti meno complessi o rischiosi. In tal modo, le imprese possono valutare la capacità del cliente di comprendere e sostenere finanziariamente i rischi connessi a tali strumenti».
[9] F. Greco, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell’intermediazione finanziaria, Giuffrè, Milano, 2010, pg. 54.
[10] E. Franza, Obblighi dell’intermediario finanziario nella distribuzione di prodotti finanziari, alla luce degli orientamenti ESMA e della comunicazione Consob del 22/12/2014, in Riv. dir. banc., 2016, pgg. 15-16.
[11] ESMA 2014/146: MIFID Practices for firm selling complex products; ESMA 2014/332: Structured Retail Products – Good practices for product governance arrangements.
[12] F. Vitelli, Contratti derivati e tutela dell’acquirente, Giappichelli, Torino, 2013, pg. 254.
[13] Trib. Udine, sez. II, 29 febbraio 2016: “ In particolare, non sono state rispettate le previsioni del Regolamento Consob del 29.10.2007, n. 16190 ed in particolare quelle dell’art. 39, […] quelle degli artt. 40 e 42, non risultando che la banca abbia valutato “sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito” l’adeguatezza e l’appropriatezza dell’operazione, né risultando che ricorressero le condizioni per omettere le predette informazioni e valutazioni, ai sensi dell’art. 43. La inosservanza delle norme regolamentari ridonda nella violazione dei doveri prescritti in via generale dall’art. 21 comma 1 lett. a) e b) del d.lgs. 58/1998”;
Trib. Milano, sez. VI, 7 luglio 2016: “In difetto, quindi, di esplicitazione del criterio di calcolo del MtM, il valore negativo attribuito dalla banca risulta sostanzialmente non verificabile e, quindi, rimesso alla rilevazione arbitraria di una delle parti del contratto”.
[14] Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2016, n. 17440: “La circostanza che l’investimento prescelto dagli attori non fosse dotato di alcuna neppure apparente affidabilità, avendo ad oggetto titoli ad alto rischio, dal momento che tale circostanza, lungi da alleggerire gli oneri informativi menzionati, semmai li accresceva, tanto nella fase iniziale che in quella esecutiva successiva”;
Cass. civ., sez. I, 9 agosto 2016, n. 16820: “L’eventuale violazione degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario assume rilevanza non solo in relazione alla stipula del contratto quadro d’intermediazione, che costituisce soltanto la cornice contrattuale delle successive operazioni di investimento, ma anche nella successiva fase applicativa”.
[15] Cass., sez. I, 19 ottobre 2012, n. 18039.
[16] Cass., sez. I, 25 giugno 2008, n. 17340; Cass., sez. I, 29 ottobre 2010, n. 22147.
[17] F. Santoro Passarelli, La transazione, Napoli, 1986, pg. 13 ss.
[18] P. D’Onofrio, Della transazione, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1959, pg.195; E. Valsecchi, Il giuoco e la scommessa. La transazione, in Trattato di dir.civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, 1986, pg.179.
[19] Cass. Civ., Sez II, Sent. del 25/10/2013, n. 24164.
[20] Trib. Modena, sent. n. 1426 del 19/8/2015: “in tema di intermediazione mobiliare, la nullità dell’accordo quadro comporta la nullità di tutti gli atti esecutivi derivati”.
[21] F. Santoro-Passarelli, La transazione, cit., pg. 143.
[22] Cass. Civ., Sez. II, n. 15841/2014: “La transazione novativa, ovvero quella che ha per oggetto il titolo e non la sua esecuzione, se interviene su un titolo nullo è annullabile, ma il vizio del negozio, agli effetti dell’art. 1972, secondo comma, cod. civ., può essere fatto valere soltanto dalla parte che abbia ignorato la causa di nullità”.
[23] App. Torino, Sez. I, 26 gennaio 2007: “L’art. 1972 c.c., che in tema di transazione relativa ad un contratto nullo o illecito stabilisce che è nulla la transazione relativa ad un contratto illecito, in entrambi i commi si riferisce implicitamente all’ipotesi di transazione novativa, perché diversamente – nel caso cioè di accordo conservativo, che come tale lascia in vita il rapporto sottostante – è la stessa nullità del titolo a produrre l’invalidità derivata di quest’ultima”.
[24] F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Giuffrè, Milano, 1972, pg. 231.
[25] G. La Rocca, Sottoscrizione e “forma informativa” nei contratti del mercato finanziario, Dottrina e giurisprudenza commentata, in Riv. dir. banc., 2017, pgg. 28-36.
[26] Trib. Milano, 18 settembre 2013, n. 3459, pg. 12 sent.
[27] Di questo avviso: Trib. Riflessioni a margine dell’Offerta pubblica di scambio MPSTorino, 17 gennaio 2014, n. 9949, su www.ilcaso.it; vedi anche Trib. Milano, 27 febbraio 2014, n. 2838.
Qui il testo stampabile: Lecci M. – Riflessioni a margine dell’Offerta pubblica di scambio MPS
Riflessioni giuridiche in merito all’Offerta pubblica volontaria parziale di scambio e transazione MPS: dagli obblighi informativi nel collocamento di prodotti finanziari illiquidi alla validità della transazione nel caso di contratto di investimento nullo.
di Michael Lecci
Da pochi giorni ha avuto il via l’operazione di salvataggio della Banca Monte dei Paschi di Siena, in nome e per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze della Repubblica italiana (“MEF”), per promuovere un’offerta pubblica volontaria parziale di scambio e transazione, rivolta ai titolari delle azioni ordinarie della Banca derivanti dalla conversione, conseguente alla Burden Sharing, del bond subordinato pari ad € 2.16 miliardi Upper Tier II collocato presso i piccoli investitori.
Prima di entrare nel merito della questione è opportuno soffermarsi sulla nozione di “obbligazione subordinata” ed effettuare un excursus storico della vicenda.
L’obbligazione subordinata è una species rientrante nel più vasto campo del genus obbligazioni. Si caratterizza, e si differenzia dalla seconda, per il fatto che il rimborso avviene solo in via successiva rispetto ai creditori ordinari. Per le obbligazioni subordinate infatti è previsto che, nel caso in cui l’emittente si trovi in una condizione economica particolarmente difficoltosa, il rimborso del capitale dipenda dalla soddisfazione dei creditori non subordinati. Hanno una cedola periodica ma possono non avere una vera e propria scadenza: in quest’ultimo caso vi potrà essere un’opzione per il rimborso anticipato (c.d. “call option”) a beneficio dell’emittente, esercitabile solo a partire da una certa data.
Queste peculiarità rendono le obbligazioni subordinate più rischiose rispetto alle normali obbligazioni; sebbene da un lato il maggior rischio potrà comportare maggiori rendimenti, dall’altro lato, invece, si potranno verificare delle situazioni in cui, anche laddove l’emittente non diventi insolvente ma si trovi in difficoltà operative, l’investitore potrà subire ingenti perdite.
Le obbligazioni subordinate sono riconducibili a quattro categorie a cui corrispondo diversi livelli di rischio e di subordinazione:
In assenza del prospetto di emissione lo si potrebbe assimilare ad un bond senior.
Con l’introduzione della Direttiva n. 2014/59 dell’Unione Europea per il risanamento e risoluzione di enti creditizi e imprese di investimento (disciplina del bail-in prevista nella c.d. Direttiva BRRD) l’investimento in obbligazioni subordinate deve essere valutato in modo più analitico in considerazione della propria propensione al rischio.
Il meccanismo del bail–in consiste nell’evitare un intervento pubblico in caso di dissesto (o di rischio di dissesto) di una banca avvalendosi per il suo salvataggio di una gerarchia di “coinvolgimento” che vede al vertice le azioni e gli altri titoli di capitale emessi dalla banca; a seguire rispettivamente le obbligazioni subordinate, le obbligazioni ordinarie e i depositi bancari (quest’ultimi solo per importi eccedenti i 100.000€).
L’operazione di salvataggio si è resa necessaria in conseguenza dello scenario negativo prospettatosi in seguito allo Stress test condotto, tra il febbraio e il luglio del 2016, dall’Autorità Bancaria Europea (ABE) in cooperazione con la Banca Centrale Europea e le autorità di vigilanza nazionali.
In data 23 dicembre 2016 la Banca, preso atto dell’impossibilità di portare a termine l’operazione di rafforzamento patrimoniale preannunciata dal Consiglio di Amministrazione della Banca il 29 luglio dello stesso anno a causa dell’impossibilità di reperire sul mercato le risorse necessarie, ha inoltrato alla BCE un’istanza di sostegno straordinario e temporaneo per l’accesso alla ricapitalizzazione precauzionale, ai sensi dell’art. 32, comma 4 della Direttiva 2014/59/UE (c.d. Banking Resolution and Recovery Directive, “BRRD”).
Nella stessa data il Governo, con un intervento finalizzato alla “salvaguardia della complessiva stabilità del sistema finanziario” e per impedire il deteriorarsi dell’intermediario in questione, ha adottato il Decreto Legge n. 237/2016 (convertito con modifiche dalla legge 17 febbraio 2017, n. 15 [“Decreto 237”]), contenente misure di sostegno pubblico alla liquidità e al capitale delle banche.
In conformità con quanto previsto dal Decreto Legge 23 dicembre 2016, n. 237, la Banca ha presentato il Piano di Ristrutturazione per il periodo 2017-2021 alla Commissione Europea che lo ha approvato in data 4 luglio 2017.
Successivamente, in data 27 luglio 2017, il MEF emesso il Decreto Ricapitolizzazione e il Decreto Burden Sharing (c.d. Decreti Ministeriali) disciplinanti:
L’Offerta Pubblica di Transazione e Scambio (“Offerta”) rientra nelle misure italiane di attuazione della procedura di ricapitolizzazione precauzionale della Banca, in conformità con il Decreto 237 e il relativo controvalore massimo, pari a € 1.536 milioni, è stato considerato nell’ambito degli aiuti di Stato del Piano di Ristrutturazione.
L’Offerta è diretta ai soggetti ex portatori dei Titoli Upper Tier 2 i quali, in caso di adesione, riceveranno in cambio Azioni Burden Sharing, cioè titoli di debito aventi durata comparabile alla vita residua dei Titoli Upper Tier 2. Tuttavia, il controvalore massimo dell’Offerta Pubblica è pari ad € 1.536 milioni, pertanto, eventuali richieste eccedenti tale valore non potranno essere soddisfatte e dovranno essere ripartite.
– L’Offerta è diretta ai titolari di Azioni BMPS UT2 salvo che: 1) le abbiano acquistate da una controparte qualificata diversa dall’Emittente; 2) abbiano sottoscritto i Titoli UT2 successivamente al 31/12/2015; 3) siano qualificati, e/o siano stati alla data d’acquisto dei Titoli UT2, come Controparti Qualificate o Clienti Professionali.
– L’adesione all’Offerta comporterà la ricezione, come corrispettivo, di Titoli di Debito Senior emessi dalla Banca aventi scadenza il 15 maggio 2018, per un valore nominale massimo complessivo di € 1.536.000.000,00 (acquisto ad opera del MEF considerato dalla Commissione Europea come aiuto di Stato).
– Per quanto riguarda l’operazione di transazione viene indicato che questa: a) “è volta a porre fine o prevenire una lite avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti coinvolti nell’applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo 22, comma 2 [del Decreto 237][1]”; e) “…prevede la rinuncia dell’azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo 22, comma 2, [del Decreto 237] nelle azioni acquistate dal Ministero ai sensi del [comma 2 dell’articolo 19 del Decreto 237]”. Nondimeno, nel documento viene precisato che l’Offerta, “senza che da ciò possa essere desunto, neppure implicitamente, alcun riconoscimento di responsabilità da parte della Banca, è preordinata a concludere una transazione, ai termini e alle condizioni indicate nel Decreto 237 e nel presente Documento di Offerta, con i titolari di Azioni BMPS UT2 rivenienti dalla conversione dei Titoli UT2 conseguente al Burden Sharing (la “Transazione”).
– Le adesioni all’Offerta se “validamente effettuate dagli Aderenti costituiscono accettazione piena e incondizionata dei termini e condizioni dell’Offerta, ivi inclusa – ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lett. e)[2], del Decreto 237 – la rinuncia dell’Aderente a far valere ogni pretesa relativa alla commercializzazione dei Titoli UT2, come più puntualmente indicato nelle Avvertenze, nonché nel successivo Paragrafo F del Documento di Offerta (la Transazione)”.
Nella sezione contenente le Avvertenze vengono indicate le rinunce conseguenti all’Adesione all’Offerta:
L’Aderente, inoltre, si impegna a:
Sempre nel campo inerente la transazione si precisa che questa ha effetto novativo ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1976 c.c.
QUESTIONI GIURIDICHE RILEVANTI:
IL COLLOCAMENTO DI PRODOTTI FINANZIARI ILLIQUIDI E LA RINUNCIA A FAR VALERE OGNI PRETESA IN GIUDIZIO.
Fatte le premesse necessarie per l’inquadramento dei fatti e delle condizioni dell’operazione di salvataggio occorre soffermarsi sulle questioni che, in relazione alla complessità dell’operazione, assumono rilevanza giuridica.
Innanzitutto, prima di entrare nel merito dell’Offerta un aspetto che necessita di una rigorosa analisi è quello inerente gli obblighi informativi nel collocamento di strumenti finanziari illiquidi. Per questa tipologia di prodotti i problemi legati al gap informativo si moltiplicano in quanto si caratterizzano per tratti di difficile comprensibilità per i non addetti al settore[3] e presentano delle difficoltà o delle limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, ad un prezzo vantaggioso, ossia in grado di riflettere una pluralità di interessi in acquisto e in vendita[4] .
Il primo intervento normativo ad hoc per i prodotti in questione si è avuto nel 2009[5]; le vicissitudini che hanno seguito la crisi finanziaria del 2008 hanno favorito l’investimento in prodotti ad alto tasso di rischio di liquidità, tipo obbligazioni bancarie e derivati OTC (over-the-counter) in ragione dell’elevato tasso di rimuneratività e dal beneficio di introiti immediati[6]. In questo contesto storico, ove esigenze di trasparenza divenivano sempre più pregnanti, la Comunicazione Consob del 2009 ha avuto la funzione di integrare il Regolamento Intermediari n. 16190/2007. La Commissione ha introdotto specifiche regole di trasparenza nella trattazione di prodotti illiquidi: l’intermediario, nella fase che precede il collocamento dei prodotti, dovrà effettuare delle valutazioni preliminari circa la morfologia e la complessità del prodotto in conformità con le esigenze della clientela. Inoltre, il collocamento dei prodotti illiquidi al di fuori dei mercati regolamentati, e la loro intrinseca oscurità, ne rende difficile lo smobilizzo per i consumatori retail[7] pertanto all’intermediario sarà richiesta un’analisi preventiva diretta a valutare “la conoscenza e l’esperienza” del cliente al dettaglio in materia di prodotti illiquidi[8]. Sono altresì richieste delle specifiche valutazioni di adeguatezza ed appropriatezza che tengano in considerazione esigenze e contingenze eterogenee quali l’irrazionalità dell’investitore, la sua esperienza, l’obiettivo di investimento e la comprensione dell’incidenza dei costi sulla rimuneratività del prodotto. La normativa ha quindi l’obiettivo di favorire l’effettiva comprensione della natura dell’investimento e della qualità del prodotto riducendo quell’asimmetria informativa caratterizzante il rapporto[9].
Quale fattore aggiuntivo è previsto che la comunicazione al cliente dovrà contenere un indice analitico dei singoli costi e la descrizione delle prospettive economiche in caso di disinvestimento[10].
Alla Comunicazione Consob hanno fatto seguito le Opinions ESMA n. 146 e 332 del 2014[11]. Nella prima sono previste maggiori tutele per i clienti retail nella negoziazione di strumenti finanziari derivati con sottostanti poco trasparenti, che presentato barriere all’uscita o meccanismi complessi per la restituzione del capitale; la seconda si occupa delle good practices nella fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione del prodotto in modo da rispondere alle esigenze concrete della clientela.
Complessivamente, gli obblighi gravanti sull’intermediario, nonché il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza, si concretizzano in tre profili di intervento: misure di trasparenza, presìdi di correttezza e verifica dell’adeguatezza e appropriatezza dell’operazione[12].
La giurisprudenza si è espressa varie volte in merito alla negoziazione di prodotti finanziari che necessitavano presìdi informativi rafforzati. L’orientamento prevalente tra i giudici di merito[13] e presso la Corte di legittimità[14] è quello di sanzionare l’intermediario qualora il suo comportamento non risponda all’esigenza di rendere il cliente pienamente consapevole circa la portata e la rischiosità dell’investimento. Le vicende sottoposte all’esame dei giudici, nonostante le diverse sfaccettature, hanno come comune denominatore la sussistenza della responsabilità dell’intermediario in caso di violazione degli obblighi informativi.
Nell’instaurazione di un giudizio per risarcimento del danno proposto dal risparmiatore, il giudice dovrà verificare se vi sia, o meno, “la prova positiva della … diligenza (dell’intermediario) e dell’adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e, in mancanza di tale prova, che è a carico dell’intermediario fornire (art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998), questi sarà tenuto al risarcimento degli eventuali danni causati al risparmiatore»[15].
Contrariamente, in presenza di un’operazione non adeguata, la Banca potrà «darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute»[16].
Nel caso dell’Offerta pubblica di Transazione e Scambio MPS il risparmiatore è posto di fronte alla (ardua) scelta se attivarsi mediante rimedi giurisdizionali per sollevare (eventuali) irregolarità nella formazione del contratto con conseguente risarcimento del danno (salvo l’ipotesi di nullità per mancanza del contratto-quadro) oppure aderire all’Offerta e rinunciare (almeno secondo quanto previsto nelle condizioni della transazione) «agli atti, e comunque a determinare l’estinzione, di qualunque procedimento, promosso in ogni sede (ivi incluso nelle forme della costituzione di parte civile nel procedimento penale), e a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli dinanzi ad organismi di mediazione e conciliazione o per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, eventualmente già promosso nei confronti della Banca».
Tralasciando per ora la vincolatività (e la legittimità?!) della clausola di rinuncia a far valere le proprie pretese in giudizio sono giorni caldi per migliaia di investitori posti nella condizione di dover scegliere in un termine relativamente breve (le adesioni scadono il 20 novembre 2017 alle 16.30, salvo proroghe) se aderire all’Offerta con il rischio di subire un riparto oppure lasciarsi uno spiraglio per adire la Banca in giudizio qualora ritengano di aver subito un danno in conseguenza del comportamento scorretto dell’intermediario.
Esaminiamo distintamente le due ipotesi:
Vi sono numerosi fattori che potranno incidere sull’ammontare del riparto in caso di adesione: innanzitutto occorre escludere dal conteggio gli investitori non qualificati come retail e coloro che hanno acquistato le azioni successivamente al 31.12.2015. Inoltre, la percentuale del riparto aumenta in modo inversamente proporzionale rispetto alla diminuzione del prezzo medio di carico delle UT2 ammesse al ristoro.
Il dato che si ha con certezza è che l’ammontare massimo convertibile è pari a €1.536 miliardi pertanto, in caso di adesione integrale e conseguente riparto, le azioni che verranno acquistate dal Tesoro ammonteranno a circa il 74,71% delle azioni apportate con il restante 25% delle azioni che resterebbe nel portafoglio degli aderenti.
Attestandosi alle condizioni dell’Offerta la sottoscrizione della transazione, come prima anticipato, comporta la rinuncia ad adire le vie legali per le obbligazioni non ristorate.
2. Non adesione
Con un prezzo per singola azione (in data odierna) pari a 3,81€ cui corrisponde una capitalizzazione complessiva inziale pari a 4,45 miliardi la Monte Dei Paschi si trova a dover affrontare richieste per risarcimento danni che si attestano intorno ai 4,3 miliardi di euro. Tale cifra riguarda il petitum delle numerose controversie in cui è coinvolta la Banca, delle quali il 97% hanno ad oggetto l’attività ordinaria e la restante parte inerente l’ambito degli aumenti di capitale in relazione a cause promosse dagli azionisti.
Non accedere al ristoro, ovvero non sottoscrivere la transazione, comporta la possibilità di chiedere in sede arbitrale, o giudiziale, il risarcimento dell’intero danno subito o, eventualmente, la declaratoria di nullità del contratto-quadro. Ciò significa anche restare in possesso delle azioni alla quotazione attuale con un perdita (potenziale, e salvo vittoria in giudizio) maggiore.
Nelle ultime ore le adesioni si attestavano intorno al 60% del totale outstanding.
• Condizioni per la validità del negozio transattivo
Nelle scheda di adesione all’Offerta è previsto che l’investitore “dichiari e accetti” di rinunciare a far valere qualunque pretesa, diritto, ragione, azione o eccezione che riguardino o siano comunque connessi, relativi o in qualunque modo riferiti o riferibili “alla validità ed efficacia della documentazione negoziale e dispositiva relativa alla prestazione…di servizi e attività di investimento aventi ad oggetto i Titoli UT2, ivi incluse pretese, anche di ordine restitutorio e/o risarcitorio, fondate sull’eventuale contestazione di nullità o invalidità per qualsiasi causa del contratto quadro relativo alla prestazione di servizi di servizi di investimento o dei singoli ordini di sottoscrizione/acquisto, dandosi atto che la Transazione ha per oggetto unicamente le conseguenze patrimoniali, restitutorie e/o risarcitorie dei predetti atti e non già le questioni concernenti la validità e/o efficacia dei titoli negoziali” (punto 2, iv, esemplificazione rinunce dell’Aderente).
Nondimeno, al successivo punto 6) si precisa che la transazione “ha natura novativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 1976 c.c.” rimettendosi, in tal modo, alla disciplina civilistica.
Concentrandosi sulla nozione di transazione l’art. 1965 c.c. la definisce come “il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.
La prima caratteristica che emerge dal dato normativo, l’elemento qualificante che ne sostanzia il sinallagma, è la reciprocità delle concessioni: tale termine indica che l’incontro tra le parti debba consistere in un avvicinamento tra le originarie contrapposte pretese. Pertanto si può affermare che, stante la natura fondamentale delle “reciproche concessioni” che informano di sé la causa del negozio transattivo, esse non possano mai fare difetto[17]. Parte della dottrina ritiene che concessioni prestate unilateralmente rendono la transazione irrimediabilmente viziata di invalidità[18] oppure non qualificabile come “transazione” ma in termini di rinunzia o di altra fattispecie negoziale (datio in solutum o accordo remissorio).
Si può parlare di concessioni reciproche nel caso in cui le condizioni della transazione siano imposte unilateralmente alla controparte (investitore retail, quindi parte debole) alla quale si richiede di scegliere se accettare o (plausibilmente) rischiare di depauperare ulteriormente il patrimonio investito? Per rispondere a tale quesito è opportuno focalizzarsi sull’oggetto della transazione. Innanzitutto, affinché la si possa considerare valida, quest’ultima deve vertere su una res dubia, e, cioè occorre “che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche”. Di tale avviso è la Corte di Cassazione[19], secondo la quale l’oggetto della transazione non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazioni delle parti, ma lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti (i giudici, parlando di “parti” presuppongono la reciprocità degli intenti transattivi) stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un “quid medium” tra le prospettazioni iniziali” (Cass. n. 7999 del 01/04/2010).
Con riferimento al requisito di forma nei contratti di intermediazione finanziaria l’art. 23 del D.Lgs. 58/1998 (TUF) prevede che “i contratti relativi alla prestazione di investimento…e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione di servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. …[…]… Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo”.
La nullità prevista ex art. 23 TUF è una nullità relativa in quanto può essere contestata solo dal cliente. È infatti posta a presidio dell’interesse della parte “debole” della contrattazione al fine di garantirle una ponderazione dell’importanza del contratto che si accinge a perfezionare. Propedeutici alla stipulazione del contratto sono gli obblighi informativi come precedentemente illustrati (in relazione ai prodotti illiquidi) la cui violazione è fonte di responsabilità pre-contrattuale con conseguente risarcimento del danno.
Sebbene l’obbligo di forma scritta ab substantiam sia limitato al contratto-quadro la giurisprudenza ritiene che la nullità di tale contratto si estenda anche ai successivi ordini di investimento[20], contratti derivati nonché ogni altro atto derivante dall’esecuzione del contratto-quadro.
Presupponendo che la transazione sia valida ai sensi dell’art. 1965 c.c. (in quanto prevede delle reciproche concessioni) è opportuno soffermarsi sulla sua validità nell’ipotesi di nullità del negozio sul quale si innesta.
L’art. 1972 c.c. dice che “è nulla la transazione relativa a un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo. (2) Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l’annullamento di essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo”. Nella seconda eventualità non vi sarà l’estensione della nullità al negozio transattivo ma sarà possibile, per la parte che non era al corrente della sussistenza di detta causa di nullità, domandare l’annullamento dell’accordo. In questo caso, l’azione diretta all’annullamento della transazione si pone come una speciale azione di impugnativa per errore[21].
La norma in questione trova applicazione solo nel caso di transazione novativa[22], cioè nell’ipotesi in cui gli originari rapporti giuridici sono sostituiti da quelli che sorgono dalla transazione[23]. Nel caso contrario[24], infatti, l’atto nullo precedentemente concluso tra le parti rimarrebbe al di fuori della transazione impedendo che questa sia inficiata dal vizio invalidante il contratto transatto.
La particolarità della vicenda MPS deriva dalla contestualizzazione della forma scritta nella disciplina dell’intermediazione finanziaria. In tale settore, infatti, la forma assume la funzione di “forma informativa”, cioè funzionale a garantire la trasparenza in tutte le fasi del rapporto negoziale, dalla fase pre-contrattuale all’esecuzione del contratto. Nondimeno, le rigorose norme poste a carico dell’intermediario non servono esclusivamente per servire al meglio l’interesse del cliente ma anche per assicurare/mantenere l’integrità dei mercati. In questa prospettiva, non occorre sottovalutare l’importanza che le nullità hanno della conformazione dell’«ordine pubblico economico». L’intermediario, infatti, ha il delicato ruolo di veicolare i contratti “al finanziamento del sistema produttivo e del sistema pubblico” e, con la sua attività, si pone in una prospettiva non molto diversa da quella prevista ex art. 41 comma 2 della Costituzione. I “requisiti formali” richiesti dalla legge soddisfano interessi ed utilità considerati dal legislatore, nazionale ed europeo, maggiormente meritevoli di tutela, cosicché il loro mancato rispetto renderà giuridicamente sanzionabile l’atto invalido[25].
Sotto altro profilo si potrebbe considerare che non tutti i contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari sono meritevoli di tutela giuridica ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c.
I contratti aventi ad oggetto prodotti finanziari si caratterizzano per la presenza di una componente aleatoria; l’elemento causale è altamente volatile in quanto il valore delle attribuzioni patrimoniali è inscindibilmente collegato a scenari probabilistici che ne impediscono l’esatta quantificazione ex ante. Nel caso di prodotti negoziati OTC si pongono particolari problemi in termini di validità e di qualificazione di quest’ultimi.
Vi sono diverse pronunce della Suprema Corte che mettono in discussione l’assetto di interessi in concreto perseguito con contratti di natura atipica. In particolare, i giudici affermano che «il contratto atipico, all’esito del giudizio di immeritevolezza, deve ritenersi inefficace fin dalla stipulazione, inidoneo a vincolare le parti al reticolo di regole che ne compongono la struttura» (Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza, 02/11/2017, n. 26057; Cass. Civ., Sez. I, Sentenza, 15/02/2016, n. 2900). Pertanto, laddove il contratto sfugga alla condizione di meritevolezza, la sua irrilevanza giuridica ne travolge ogni clausola ed effetto, anche nell’ipotesi, in cui fosse astrattamente argomentabile la contrarietà alla legge.
Un recente orientamento giurisprudenziale ha posto particolare attenzione agli elementi integranti la causa del contratto derivato OTC: «tutti gli elementi dell’alea e gli scenari che da essa derivano costituiscono e integrano la causa stessa del contratto, perché appartengono alla causa tipica del negozio, indipendentemente dalle ricorrenti distinzioni tra scopo cosiddetto di copertura o speculativo tout court. Distinzioni che non sono decisive ai fini della qualificazione giuridica, segnatamente civilistica, dei contratti derivati over-the-counter. In difetto di tali elementi il contratto deve ritenersi nullo per difetto di causa, poiché il riconoscimento legislativo risiede, ad avviso di questa corte, nella razionalità dell’alea e quindi della sua misurabilità»[26].
Nella vicenda MPS i correntisti potrebbero non essere stati resi “pienamente” consapevoli circa la rischiosità dei titoli subordinati che si apprestavano a sottoscrivere. A tale merito, i giudici delle corti territoriali affermano che, «ciò che rileva, dunque, ai fini dell’insussistenza della causa in concreto è l’assenza di adeguata informazione fornita dalla banca al cliente in ordine ai rischi effettivamente assunti […] Se è vero infatti che all’intermediario sono imposti obblighi di informazione circa la natura, i rischi, e le implicazioni dell’operazione, con riguardo alla negoziazione di prodotti derivati, tali obblighi devono tradursi innanzitutto nella puntuale illustrazione al cliente dei meccanismi del prodotto, in maniera tale che, prima di sottoscrivere il contratto, il cliente sia correttamente informato sull’idoneità dello strumento finanziario a perseguire le finalità di copertura richieste e sui rischi rispettivamente assunti»[27].
Valutazioni che, in casi estremi, potrebbero compromettere la liceità degli interessi perseguiti con il singolo regolamento negoziale fino a riverberarsi sulla validità del negozio transattivo concluso. In tale ipotesi, infatti, si rientrerebbe nel novero dell’art. 1972, comma 1, c.c. secondo il quale: “è NULLA la transazione relativa a un contratto illecito (1343 ss.), ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo”.
Discorso simile al precedente può farsi in relazione alla contrarietà della causa del contratto all’ordine pubblico economico.
L’illiceità della causa non è rinvenibile esclusivamente nel difetto di meritevolezza dell’assetto di interessi perseguiti dal contratto ma può altresì derivare dalla sussistenza di una causa contraria all’ordine pubblico. La contrarietà all’ordine pubblico non deriva esclusivamente dal contrasto con norme di legge raffiguranti i princìpi fondamentali del nostro ordinamento ma anche dalla contrarietà con princìpi, compresi quelli di natura economica, non espressi in norme di legge. In particolare, l’ordine pubblico economico è posto a tutela di regole e valori, perlopiù non aventi riscontro nelle norme di legge, ma desumibili dal sentimento comune di quel settore di riferimento, cioè del settore economico. La nullità che ne deriva è di natura speciale (perché posta al di fuori del codice) e prende il nome di “nullità di protezione”. Questa tipologia di rimedio invalidante non tutela esclusivamente il singolo investitore ma si erge a mezzo di valutazione della conformità del singolo contratto con i meccanismi ed i princìpi regolanti il mercato finanziario nel suo complesso. Rappresenta quindi un mezzo di salvaguardia dell’integrità del mercato (art. 21 TUF) e della negoziazioni che si svolgono al suo interno.
L’espressione “ordine pubblico economico” indica un regime strutturale di valori disciplinanti un intero settore di riferimento (nel caso di specie quello finanziario) che, sebbene non necessariamente previsti a livello normativo, regolino e disciplinino il corretto svolgimento delle negoziazioni che ivi si svolgono, in virtù degli interessi e dei beni giuridici da tutelare e dei precetti costituzionali, e comunitari, caratterizzanti l’ordinamento giuridico.
Come nell’ipotesi esposta nel paragrafo precedente, anche in questo caso si rientrerebbe nel perimetro di applicazione dell’art. 1972, comma 1, con conseguente NULLITÀ della transazione avente ad oggetto un contratto con causa illecita per contrarietà all’ordine pubblico economico.
Ora ci si chiede in che misura una transazione, effettuata in attuazione di un’apposita legge (Legge 17 febbraio 2017 n. 15 – conversione del Decreto 237/16), possa impedire che si sollevino questioni inerenti la conformità, o la validità, di numerosi contratti di investimento (sempre laddove un contratto sussista) con la disciplina di settore di impronta europea, pienamente recepita dal legislatore nazionale, diretta a salvaguardare e a garantire l’integrità del mercato a partire dalla sua componente atomistica, il contratto.
Tale Legge è conforme alla tutela dell’ordine pubblico economico e alla Costituzione ai sensi degli artt. 11, 24, 47, anche laddove impedisca di far valere in giudizio uno, o molteplici, vizi inficianti, ab origine, la validità del contratto posto alla base della transazione?
Sul punto la Consob non si esprime rimettendosi alla discrezionalità dei singoli interpreti i quali dovranno decidere in merito all’instaurazione di un giudizio anche nel caso di adesione all’Offerta Pubblica di Transazione: “Non è, peraltro, possibile escludere che anche i soggetti che aderiscono all’Offerta Pubblica di Transazione e Scambio possano poi promuovere azione nei confronti dell’Emittente contestando l’effettivo transattivo della medesima”(così la Consob nelle “Avvertenze” allegate all’Offerta). Afferma inoltre che: “nonostante la Banca ritenga di aver dato attuazione correttamente a quanto previsto dal Decreto 237 e nel Decreto Burden Sharing, non è possibile escludere che i portatori dei Titoli Burden Sharing avanzino interpretazioni diverse dei sopra citati provvedimenti e, sulla base di queste, decidano di agire nelle sedi competenti anche nei confronti della Banca a tutela dei propri diritti”.
In virtù degli articoli summenzionati qualora si consideri la transazione come un atto di diritto privato disciplinato dalle norme del codice civile (anche in considerazione del richiamo dell’art. 1976 c.c. nella scheda di adesione), sarà pacificamente affermabile che essa sia soggetta alle ipotesi di nullità, o annullabilità, previste dal codice civile stesso; ovvero, laddove la transazione avesse ad oggetto la nullità del contratto (per mancanza del contratto-quadro o per mancata sottoscrizione), e di tale vizio la controparte (investitore retail) ne ignorasse l’esistenza, non le si potrebbe precludere di agire in giudizio per demandare l’annullamento della transazione, e questo anche “ancorché le parti abbiano trattato della nullità del contratto”.
Nell’ipotesi invece in cui si considerasse il contratto di transazione posto ad un piano superiore rispetto all’autonomia privata delle parti, in ragione del richiamo alla Legge del 17 febbraio 2017, n. 15, ci si chiede se essa sia, o meno, pienamente compatibile con i principi costituzionali e comunitari.
Discorso a parte è quello relativo all’illiceità della causa con conseguente nullità del negozio transattivo. In questo caso è onere del ricorrente far emergere gli elementi da cui desumere “l’immeritevolezza” degli interessi giuridici perseguiti con il singolo regolamento negoziale ovvero la contrarietà di questo all’ordine pubblico economico.
[1] Art 22, comma 2: “Con il decreto indicato dall’articolo 18, comma 2, sono disposte le misure di ripartizione degli oneri ((di seguito indicate )) e l’aumento del capitale dell’emittente a servizio delle misure stesse: a) conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo ((19, comma 1 )), degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n.575 del 26 giugno 2013 (Additional Tier1), inclusi gli strumenti qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della clausola di grandfathering del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché delle altre passività dell’emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore; b) ove la misura di cui alla lettera a) non sia sufficiente, conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo ((19, comma 1)), degli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 575 del 26 giugno 2013 (Tier2), inclusi gli strumenti e i prestiti qualificati come elementi di classe 2 ai sensi della clausola di grandfathering del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché degli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale; c) ove la misura di cui alla lettera b) non sia sufficiente, conversione, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo 19, comma 1, degli strumenti e dei prestiti, diversi da quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell’emittente. (( c-bis) quando necessario per assicurare l’efficacia delle misure di ripartizione degli oneri, il decreto di cui all’articolo 18, comma 2, può disporre, in luogo della conversione, l’azzeramento del valore nominale degli strumenti e prestiti di cui alle precedenti lettere e l’attribuzione di azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 dell’emittente aventi le caratteristiche indicate nell’articolo 19, comma 1. )) (( 2-bis. I maggiori o minori valori che derivano dall’applicazione del comma 2 alle banche emittenti di cui all’articolo 13, comma 2, del presente decreto non concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e alla determinazione del valore della produzione netta)).
[2] Decreto 237, Art. 19, comma 2, lett. e): “la transazione prevede la rinuncia dell’azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri di cui all’articolo ((22, comma 2)), nelle azioni acquistate dal Ministero ai sensi del presente comma”.
[3] F. Greco, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell’intermediazione finanziaria, Giuffrè, Milano, 2010, pg. 53; F. Sartori, Autodeterminazione e formazione eteronoma del regolamento negoziale. Il problema dell’effettività delle regole di condotta, in Riv. dir. priv., 3, 2009, pg. 4.
[4]Consob (2009), Comunicazione CONSOB n. 9019104, Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi, Livello 3 Regolamento intermediari, 2009, pg. 4.
[5] Consob (2009), Comunicazione CONSOB n. 9019104, Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi, Livello 3 Regolamento intermediari, 2009.
[6] Sul tema vedi A. Brozzetti, La negoziazione dei prodotti illiquidi, in F. Capriglione (a cura di), I contratti dei risparmiatori, Giuffrè, Milano, 2013.
[7] La comunicazione arricchisce di contenuto l’Art. 26, comma 1, lett. e), del Regolamento n. 16190/2007 specificando la definizione di consumatore retail come colui che “non sia cliente professionale o controparte qualificata, con minore esperienza e conoscenza finanziaria”.
[8] Par. 33 Orientamenti ESMA: “Nel fornire l’accesso a strumenti finanziari complessi o rischiosi, ad esempio, le imprese di investimento dovrebbero valutare attentamente la necessità di raccogliere informazioni più approfondite sul cliente rispetto alle informazioni che raccoglierebbero in caso di strumenti meno complessi o rischiosi. In tal modo, le imprese possono valutare la capacità del cliente di comprendere e sostenere finanziariamente i rischi connessi a tali strumenti».
[9] F. Greco, Informazione pre-contrattuale e rimedi nella disciplina dell’intermediazione finanziaria, Giuffrè, Milano, 2010, pg. 54.
[10] E. Franza, Obblighi dell’intermediario finanziario nella distribuzione di prodotti finanziari, alla luce degli orientamenti ESMA e della comunicazione Consob del 22/12/2014, in Riv. dir. banc., 2016, pgg. 15-16.
[11] ESMA 2014/146: MIFID Practices for firm selling complex products; ESMA 2014/332: Structured Retail Products – Good practices for product governance arrangements.
[12] F. Vitelli, Contratti derivati e tutela dell’acquirente, Giappichelli, Torino, 2013, pg. 254.
[13] Trib. Udine, sez. II, 29 febbraio 2016: “ In particolare, non sono state rispettate le previsioni del Regolamento Consob del 29.10.2007, n. 16190 ed in particolare quelle dell’art. 39, […] quelle degli artt. 40 e 42, non risultando che la banca abbia valutato “sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito” l’adeguatezza e l’appropriatezza dell’operazione, né risultando che ricorressero le condizioni per omettere le predette informazioni e valutazioni, ai sensi dell’art. 43. La inosservanza delle norme regolamentari ridonda nella violazione dei doveri prescritti in via generale dall’art. 21 comma 1 lett. a) e b) del d.lgs. 58/1998”;
Trib. Milano, sez. VI, 7 luglio 2016: “In difetto, quindi, di esplicitazione del criterio di calcolo del MtM, il valore negativo attribuito dalla banca risulta sostanzialmente non verificabile e, quindi, rimesso alla rilevazione arbitraria di una delle parti del contratto”.
[14] Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2016, n. 17440: “La circostanza che l’investimento prescelto dagli attori non fosse dotato di alcuna neppure apparente affidabilità, avendo ad oggetto titoli ad alto rischio, dal momento che tale circostanza, lungi da alleggerire gli oneri informativi menzionati, semmai li accresceva, tanto nella fase iniziale che in quella esecutiva successiva”;
Cass. civ., sez. I, 9 agosto 2016, n. 16820: “L’eventuale violazione degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario assume rilevanza non solo in relazione alla stipula del contratto quadro d’intermediazione, che costituisce soltanto la cornice contrattuale delle successive operazioni di investimento, ma anche nella successiva fase applicativa”.
[15] Cass., sez. I, 19 ottobre 2012, n. 18039.
[16] Cass., sez. I, 25 giugno 2008, n. 17340; Cass., sez. I, 29 ottobre 2010, n. 22147.
[17] F. Santoro Passarelli, La transazione, Napoli, 1986, pg. 13 ss.
[18] P. D’Onofrio, Della transazione, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1959, pg.195; E. Valsecchi, Il giuoco e la scommessa. La transazione, in Trattato di dir.civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, 1986, pg.179.
[19] Cass. Civ., Sez II, Sent. del 25/10/2013, n. 24164.
[20] Trib. Modena, sent. n. 1426 del 19/8/2015: “in tema di intermediazione mobiliare, la nullità dell’accordo quadro comporta la nullità di tutti gli atti esecutivi derivati”.
[21] F. Santoro-Passarelli, La transazione, cit., pg. 143.
[22] Cass. Civ., Sez. II, n. 15841/2014: “La transazione novativa, ovvero quella che ha per oggetto il titolo e non la sua esecuzione, se interviene su un titolo nullo è annullabile, ma il vizio del negozio, agli effetti dell’art. 1972, secondo comma, cod. civ., può essere fatto valere soltanto dalla parte che abbia ignorato la causa di nullità”.
[23] App. Torino, Sez. I, 26 gennaio 2007: “L’art. 1972 c.c., che in tema di transazione relativa ad un contratto nullo o illecito stabilisce che è nulla la transazione relativa ad un contratto illecito, in entrambi i commi si riferisce implicitamente all’ipotesi di transazione novativa, perché diversamente – nel caso cioè di accordo conservativo, che come tale lascia in vita il rapporto sottostante – è la stessa nullità del titolo a produrre l’invalidità derivata di quest’ultima”.
[24] F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Giuffrè, Milano, 1972, pg. 231.
[25] G. La Rocca, Sottoscrizione e “forma informativa” nei contratti del mercato finanziario, Dottrina e giurisprudenza commentata, in Riv. dir. banc., 2017, pgg. 28-36.
[26] Trib. Milano, 18 settembre 2013, n. 3459, pg. 12 sent.
[27] Di questo avviso: Trib. Riflessioni a margine dell’Offerta pubblica di scambio MPSTorino, 17 gennaio 2014, n. 9949, su www.ilcaso.it; vedi anche Trib. Milano, 27 febbraio 2014, n. 2838.
Qui il testo stampabile: Lecci M. – Riflessioni a margine dell’Offerta pubblica di scambio MPS
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