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Nota a Trib. Salerno, Sez. I, 9 marzo 2025.

Segnalazione a cura dell'Avv. Chiara Zucchetti.
Massima redazionale

Fermo quanto innanzi esposto, con il primo motivo di opposizione parte opponente ha eccepito che la parte opposta non avrebbe assolto all’onere della prova, su di essa gravante in qualità di attrice in senso sostanziale, di dimostrare l’esistenza ed ammontare del credito azionato in via monitoria, non avendo prodotto, tra l’altro, gli estratti conto relativi al contratto di conto corrente posto a fondamento della relativa domanda di condanna.

Il motivo di opposizione è fondato e va accolto per le ragioni che seguono.

Invero, il giudice salernitano evidenzia come costituisca principio giurisprudenziale pacifico quello per cui nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere della prova ricade sulla parte opposta, istante in sede monitoria, attrice in senso sostanziale. È altrettanto noto che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la Banca che agisce per il pagamento del saldo debitorio di un contratto di conto corrente è onerata della produzione contrattuale e degli estratti conto – ordinari e scalari – attestanti l’evoluzione del rapporto durante tutta la sua durata.

L’estratto conto, infatti, è un documento dirimente ai fini della prova dell’esistenza e dell’ammontare del diritto di credito di cui la parte opposta afferma di essere titolare, poiché indica i soggetti (ovverosia, la Banca ed il correntista), la natura del rapporto bancario, il numero e la data del conto corrente, nonché la descrizione dei singoli movimenti (che determinano le poste attive e passive) ed il relativo saldo.

Di talché gli estratti conto, tanto ordinari, quanto scalari, costituiscono documenti indispensabili al fine di dimostrare l’ “an” ed il “quantum” della pretesa creditoria fatta valere in via monitoria dall’opposta, consentendo al Giudice – se del caso anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio contabile – di verificare come il credito asseritamente vantato si sia formato nel corso di tutta la durata del rapporto, le voci che hanno contribuito a determinarlo nel suo saldo finale e, eventualmente, ad elidere eventuali addebiti che non trovino riscontro nel regolamento contrattuale oppure che vi trovino fondamento, ma in clausole nulle, come tali illegittimi.

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie ne deriva, con ogni evidenza, che non avendo l’opposta depositato neppure un solo estratto conto – ordinario e/o scalare – in relazione al contratto di conto corrente il cui saldo asseritamente creditore ha attivato mediante ricorso monitorio, non può ritenersi assolto da parte di quest’ultima il relativo “onus probandi” quanto all’esistenza stessa, prima ancora che all’ammontare, del diritto di credito per cui ha agito mediante procedimento per ingiunzione.

Sul punto occorre rilevare che non coglie nel segno quanto dedotto da parte opposta, ovvero che innanzitutto gli opponenti non avrebbero formulato alcuna contestazione circa l’estratto conto da essa prodotto in allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, e ciò per due ordini di ragioni:

  1. la prima è che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità[1], ancorché in altro ambito, ma con principio indubbiamente estensibile ad ogni ipotesi di conteggi, “In tema di contestazione sul “quantum” preteso a titolo di prestazioni professionali, il debitore ha, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., l’onere di contestare in modo specifico la richiesta di compenso del professionista nel caso in cui essa muova da un conteggio preciso e dettagliato, mentre può limitarsi ad eccepire la mera esorbitanza del compenso richiesto solo laddove tale richiesta si limiti ad indicarlo in un importo complessivo e globale, senza specificazioni, spettando in questo caso al creditore dimostrare, a fronte della contestazione dell’altra parte, la correttezza della propria pretesa sulla base di determinati parametri (vale a dire, che l’importo richiesto è quello dovuto, alla stregua della convenzione delle parti, delle tariffe professionali applicabili o degli usi).”.

Orbene, in base a tale principio, ne deriva che a fronte dei conteggi contenuti nell’estratto conto sintetico – che, peraltro, non rispetta neppure i crismi di cui all’articolo 50 T.U.B., non recando alcuna indicazione delle singole voci che avrebbero contribuito a formare il credito oggetto di ingiunzione – , riepilogativi del solo saldo finale, non vi era alcun onere di specifica contestazione da parte degli opponenti.

  1. La seconda ragione sta nella natura della non contestazione, che si risolve in una “relevatio ab onere probandi” nei confronti della parte che ha allegato il fatto non contestato, la quale dunque è sollevata dall’onere di provare il fatto non contestato dalla controparte, sempre che esso sia stato specificamente allegato, il che non è accaduto nel caso concreto per le ragioni di cui sopra. Di contro, la non contestazione – peraltro di fatti, nella specie conteggi, allegati in modo del tutto generico e che si riferiscono solo ad un saldo finale – non costituisce una “ficta confessio”, come tale vincolante per il Giudice ai fini della decisione.

Né, tantomeno, può ritenersi, come pure sostenuto dall’opposta, che non avendo gli opponenti fornito la prova liberatoria di avere adempiuto alla loro obbligazione di pagamento nei suoi confronti, l’opposizione andrebbe rigettata: infatti, nella vicenda in esame, traendo origine il credito attivato in via monitoria da un contratto di conto corrente, affinché la parte opponente possa ritenersi onerata della prova del fatto estintivo dell’altrui diritto, consistente nel proprio adempimento all’obbligazione “ex contractu”, è necessario dapprima che chi afferma di essere creditore (i.e.: l’opposta) abbia fornito la prova dei fatti costitutivi della propria domanda, il che non è avvenuto.

Vieppiù considerato che, nella fattispecie de qua, si controverte di un contratto di conto corrente acceso nel 1983 e chiuso nel 2018 sicché, a fronte di una durata di 35 anni del rapporto bancario controverso, non è stato depositato neanche un estratto conto, oltre a risultare dal contratto stesso che gli interessi debitori sono stati pattuiti mediante rinvio all’“uso piazza” e che nessuna condizione economica è stata validamente pattuita per iscritto. Ragion per cui, a maggior ragione, la totale assenza degli estratti conto impedisce altresì una possibile indagine peritale che appuri quali addebiti siano stati eventualmente legittimi e quali no.

Alla luce di quanto esposto consegue la fondatezza dell’opposizione e, di conseguenza, il suo accoglimento, con revoca del decreto ingiuntivo opposto.

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. n. 37788/2021.

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