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Nota a ACF, 25 maggio 2025, n. 8031.

di Luca De Laurentiis

Praticante avvocato

Con la presente decisione l’Arbitro delle controversie finanziarie si è pronunciato in tema di non corretto adempimento da parte dell’intermediario finanziario degli obblighi inerenti alla prestazione di un servizio di investimento, nel dettaglio sotto il profilo dell’omessa informativa in fase di investimento riguardo le caratteristiche e i rischi degli strumenti finanziaria anche in corso di rapporto, nonché il mancato rispetto delle regole in tema di profilatura di valutazione dell’adeguatezza/appropriatezza e di conflitto di interessi.

 

Il fatto

Il ricorrente rappresentava che avesse effettuato operazioni di acquisto di azioni emesse dall’intermediario avvalendosi per tale fine dei relativi servizi di investimento, dalle quale è derivata una perdita ingente. Il primo contestava: a) l’omessa informativa preventiva su caratteristiche e rischi degli strumenti finanziari oggetto della contesa, poiché non è stata consegnato al cliente nessun documento informativo specifico (quale, a titolo esemplificativo, la scheda prodotto). Sempre secondo il ricorrente lamentava che nessuna informazione era stata esplicitata a lui della situazione economico-finanziaria nella quale versava l’intermediario, in particolare su elementi rilevanti quali: i) ripetuti downgrading del merito creditizio dell’emittente emessi dalle agenzie di rating; ii) i risultati del bilancio che avevano registrato perdite ingenti; iii) la portata e l’andamento crescente delle operazion i di rettifica dei crediti. Inoltre, l’intermediario avrebbe omesso di informare il cliente riguardo le criticità derivanti dai risultati del Comprenshive Assesstment della BCE, che mostravano un deficit per il bilancio e l’assoggettabilità dell’intermediario alla procedura del bail-in; b) il mancato rispetto delle regole per la profilatura del cliente; infatti, secondo quest’ultimo, era stato fuorviato nello scegliere un titolo di studio che, in realtà, egli non possedeva effettivamente; nondimeno, dall’esito del questionario di profilatura, sarebbe emerso una conoscenza approfondita degli strumenti finanziaria, non corrispondente al reale profilo del ricorrente, il quale non ha mai svolto attività nel campo economico-finanziario. Lo stesso questionario presentava, ad opinione del ricorrente, un contenuto “manifestamente incompleto” a causa delle generali domande presenti all’interno e recava un tenore autovalutativo in modo prevalente; c) anche la mancata valutazione di appropriatezza delle operazioni di acquisto, che laddove fossero stata effettuate dalla Banca sulla base di una corretta profilatura, sarebbero risultate non appropriate rispetto al cliente ed al suo profilo; d) non aver ricevuto, nel corso del rapporto, le informazioni circa il rischio crescente del titolo, e la sospensione dello strumento finanziario della quotazione; e) l’assenza di un valido contratto quadro, con la conseguente nullità delle operazioni di investimento contestate, ai sensi dell’art. 23, primo comma, del TUF[1].

Al contrario, l’intermediario, nel formulare rigetto della domanda, eccepiva preliminarmente l’inammissibilità per incompetenza ratione materiae dell’Arbitro, poiché le contestazioni riguardavano, secondo opinione dell’emittente, nella sostanza, carenze relativa ad informazioni che lo stesso era tenuto a fornire al mercato in qualità di emittente circa le proprie criticità finanziarie-patrimoniale, e non attenevano alla prestazione di servizi di investimento. Inoltre, la banca eccepiva anche “l’irricevibilità ratione temporis” del ricorso limitatamente alle operazioni di aumento del capitale per il fatto che eccedevano il limite temporale dei dieci anni dalla presentazione del ricorso

Riguardo le contestazioni relative alla nullità delle operazioni per mancanza del contratto quadro l’intermediario deduceva che il ricorrente avesse iniziato ad operare in titoli già in precedenza, su un differente deposito titoli, poi migrato in quello attuale, e, come prova, ha versato copia di tale contratto quadro.

Circa il rapporto controverso, l’intermediario rappresentava che gli acquisti contestati sono stati disposti dal cliente tramite trading online, mentre l’operazione di aumento del capitale è stata disposta preso la filiale.

Per quanto concerne gli obblighi informativi preventivi, nel momento dell’aumento di capitale, al ricorrente l’intermediario aveva sottoposto il prospetto di emissione, riportandone tutti i rischi. In merito agli obblighi informativi successivi, la Banca non era tenuta ad osservarli, perché tra il ricorrente e l’intermediario non sussisteva nessun rapporto di consulenza e/o di gestione del portafoglio. Ad ogni modo, i rendiconti titoli sono tati sempre inviati al cliente, indicando le quotazioni del titolo alla data dell’estratto conto, il relativo controvalore e la classe sintetica del rischio.

Con l’estratto conto, inoltre, la Banca già aveva fornito una dettagliata informativa riguardo le «Nuove regole Europee sulla gestione delle crisi bancarie», in cui si esplicitavano le conseguenze che derivavano dall’applicazioni del bail-in e la posizione prioritaria nella gerarchia degli strumenti soggetti a tale procedura.

Sotto il profilo della profilatura, l’intermediario ha significato che la valutazione di appropriatezza si è basata sui criteri dei questionari MiFID rilasciati dal ricorrente in data più recente rispetto a quanto contestati da quest’ultimo, assumendosi, con le sottoscrizioni, la paternità delle dichiarazioni ivi rilasciate.

Per di più, l’intermediario ha ritenuto in ogni caso interrotto il nesso di casualità tra il danno lamentato e gli eventuali inadempimenti, tenuto conto del fatto che il ricorrente ha effettuato gli acquisti in liti “sempre in perdita […] anche per effetto dei vari raggruppamenti sostenuti prima degli aumenti di capitale”.

 

Le ragioni della decisione

A parere dell’Arbitro adito il ricorso non può essere meritevole di accoglimento per varie ragioni.

Innanzitutto, per quanto concerne la preliminare eccezione di inammissibilità sollevata dall’intermediario in merito all’incompetenza ratione materiae del Collegio, sull’assunto che le contestazioni riguarderebbero carenze relative ad informazioni che il primo era tenuto a fornire al mercato in quanto emittente, è infondata poiché, dalle allegazioni e dai documenti, è reso evidente che il ricorso verteva sul contestato inadempimento degli obblighi di condotta gravanti sulla Banca nell’àmbito di prestazioni di servizi di investimento[2].

Ancora, riguardo l’eccezione sempre dell’intermediario, volta a far valere un’inammissibilità parziale del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ACF, in riferimento alla prima operazione oggetto di lite, ai sensi dell’art. 4, comma 3-bis, del Regolamento ACF, l’Arbitro conosce esclusivamente di controversi relative ad operazione o comportamenti che siano stati posti in essere entro il decimo anno dalla presentazione del ricorso. Nella norma si fa un chiaro riferimento ai comportamenti, e, dunque, non può cogliere nel segno la posizione assunta dal Ricorrente, per il quale il dies a quo non coinciderebbe con la data di effettivo conferimento dell’ordine di adesione all’aumento di capitale, bensì con quella del termine del periodo di adesione; difatti, le condotte e le omissioni contestate all’intermediario, nella fase genetica dell’investimento, si collocavano prima del conferimento dell’ordine, avendo così un legame causale con l’ordine stesso. Dunque, l’Arbitro adito non avrebbe potuto esaminare il merito delle doglianze – che hanno ad oggetto omessa informativa preventiva e inadeguatezza/inappropriatezza dell’investimento – attinenti alla fase genetica dell’operazione di adesione all’aumento di capitale, perché si tratta di un investimento ultradecennale rispetto alla data di presentazione del ricorso, come ricordato dall’art. 4, comma 3-bis, del Regolamento ACF. Al contrario, permane, per tale operazione, la competenza del collegio a conoscere di eventuali violazioni informative susseguenti all’investimento, poiché inerenti ad una condotta asseritamente protrattasi nel decennio antecedente alla proposizione del ricorso[3].

Anche con riguardo all’eccezione di nullità per carenza del contratto-quadro sollevata dal ricorrente, essa non può esser accolta in quanto la Banca ha versato in atti la copia del contratto per la prestazione di servizi di investimento sottoscritto dal ricorrente stesso.

Addentrandosi nel merito, e circa le doglianze relativo agli obblighi informativi preventivi, a parere del Collegio non sono ravvisabili elementi idonei a provare che la Banca abbia osservato, in modo compiuto e concreto, nella fase di sottoscrizione dell’investimento, gli obblighi di informazione attiva in favore del cliente. In merito all’adesione all’aumento del capitale sono stati prodotti in atti i moduli die esercizio del diritto di opzione sottoscritti dal ricorrente, dove dichiara di esser stato informato che copia del prospetto e il supplemento fossero disponibili gratuitamente presso la sede dell’emittente, sul sito internet e di aver letto attentamente entrambi i documenti, in particolar modo la sezione riguardante il rischio, comprendendone natura e rischi. Tuttavia, è orientamento consolidato del Collegio che la messa a disposizione dell’investitore del documento di offerta non può dirsi idonea a far ritenere assolti in modo congruo da parte dell’intermediario, quale prestatore di servizi di investimento, gli obblighi informativi attiva gravanti su di esso in tale veste[4]. Anche in relazione all’operazioni di acquisto ti titoli non è risultata la documentazione informativa al ricorrente sullo strumento finanziario in lite al momento dell’investimento: la quale, come tale, deve essere resa disponibili in modo congruo anche in occasione di acquisti eseguiti attraverso piattaforma di Internet banking.

Per quanto riguarda il profilo del ricorrente, dal questionario di profilatura, rilevante ai fini delle operazioni contestata, quest’ultimo ha dichiarato di essere un «libero professionista» nel settore di servizi, con «diploma di laurea» e conoscere titoli azionari, obbligazioni, certificate, fondi comuni di investimento, prodotti finanziari assicurativi e gli strumenti derivati. In relazione alla sua esperienza in tema ha dichiarato di avere una “buona” esperienza in strumenti finanziari e aver operato anche negli ultimi tre anni in azione quotate e non. Anche circa gli obiettivi di investimento si è valorizzata la riposta secondo la quale si doveva “incrementare significativamente il capitale nel lungo periodo, essendo disposto anche a sopportare forti oscillazioni di valore di investimento con eventuali elevati rischi di perditi in conto capitale”, dichiarando, inoltre, di avere un orizzonte di investimento di lungo periodo. Nondimeno, circa il livello di tolleranza di rischio, lo stesso cliente si è espresso con la dicitura “molto alto”. E la situazione finanziaria dello stesso è stata ritenuto dal medesimo idonea a garantire “una costante e significativa capacità di risparmio”. Ancora, dalla documentazione agli atti, il Ricorrente aveva già acquisito, tramite servizi di trading online, i titoli azionari ora in lite.

In riferimento al servizio di investimento prestato, il ricorrente non ha versato nessuna prova idonea a sostenere che le operazioni contestate siano stato raccomandate dal personale dell’emittente, ovvero che egli sia stato in qualche modo indotto a disporne. Orbene, per quanto concerne il rispetto degli obblighi in materia di appropriatezza, non essendosi ravvisato degli elementi idonei a propendere che l’intermediario avesse prestato anche attività consulenziale, esso era solo tenuto a valutazioni di appropriatezza. Tuttavia, la Banca non risulta aver fornito elementi di prova a sostegno dell’effettiva esecuzione di tale valutazione di appropriatezza, pur gravando su di essa l’onere di dimostrare di aver svolto effettivamente valutazioni di appropriatezza/adeguatezza delle operazioni, in quanto “l’intero processo di investimento deve essere rigorosamente tracciato” dallo stesso intermediario[5].

 

Inoltre, in merito all’informativa successiva agli investimenti in lite, per il costante orientamento dell’Arbitro adito, non si può intendere vigente in capo agli intermediari l’obbligo di monitoraggio continuo dell’andamento di tutti gli strumenti finanziari, il quale piò derivare, semmai, da particolari caratteristiche del prodotto, ovvero discendere dalla tipologia di servizio prestato (ad esempio, nella gestioni di portafogli e nella consulenza), se e nelle forme regolate pattiziamente dalle parti[6]; e la banca ha versato negli atti gli estratti conto trimestrali indirizzati al cliente, dove venivano indicati, con riferimento agli strumenti detenuti nel portafoglio, lo stato di liquidità, la quantità, il “valore equo”, il controvalore, “il valore presunto di realizzo” e il “prezzo medio di acquisto”.

Sebbene si faccia fronte alle evidenze richiamate, e nonostante la Banca non abbia dimostrato in modo compiuto l’adempimento degli obblighi informativi e comportamentali in fase genetica degli investimenti, a parere del Collegio non si può rinvenire il nesso causale tra l’operato della resistente e il danno lamentato dal ricorrente. In effetti, deve ragionevolmente ritenersi, su base delle istruttorie disponibili, che quest’ultimo – laddove anche correttamente informato – si sarebbe comunque determinato egualmente ad effettuare i contestati investimenti, tenendo conto del profilo di investimento, da come emerso in sede di profilatura e della circostanza, secondo cui, in arco temporale ampio, il ricorrente abbia effettuato, in modo autonomo,  numerose operazioni di acquisto del titolo contestato, anche in àmbito di prezzi decrescenti, quotato su un mercato regolamentato, aderendo oltremodo a due aumenti di capitale. Inoltre, si aggiunga anche la considerazione che il cliente aveva già acquistato le stesse azioni prima degli investimenti in lite, il che non può rendere plausibile che gli acquisti siano stati posti in essere inconsapevolmente, senza conoscere le effettive caratteristiche e della rischiosità – anche solo potenziale – dello strumento.

D’altro canto, il Collegio giudicante già aveva avuto modo, per fattispecie analoghe, di affermare che “il nesso di causalità può considerarsi interrotto nei casi, come quello di specie, in cui l’investitore già conosceva le caratteristiche dello strumento acquistato, in ragione del possesso continuato […] e della pregressa operatività sugli stessi titoli, quindi non poteva nona vere adeguate conoscenze peer una informata valutazione dei relativi fattori di rischio[7]”.

 

 

 

 

 

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[1] Cfr. D. Lgs, 24 febbraio 1998, n. 58. Nello specifico, l’art. 23, primo comma, stabilisce “1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei confronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.

[2] Cfr. ACF, 19 febbraio 2025, n. 7865; ACF, 8 aprile 2025 n. 7941.

[3] Cfr. ACF, 13 luglio 2023, n. 6692.

[4] Cfr., ex multis, ACF, 18 gennaio 2024, n. 7132.

[5] Cfr. ACF, 4 dicembre 2023, n. 7038; ACF, 29 maggio 2024, n. 7387; ACF, 20 febbraio 2025, n. 7872.

[6] Cfr. ACF, 18 dicembre 2023, 7065; ACF, 27 novembre 2024, n. 7731.

[7] Cfr. Cass. civ., 22 dicembre 2023, ord. n. 35926, secondo cui “la conoscenza specifica da parte dell’investitore delle caratteristiche del singolo prodotto acquistato e il possesso di adeguate conoscenze per una informata valutazione dei fattori di rischio sono sufficienti per superare la presunzione di nesso causale”. Altresì, cfr., tra le tante, ACF, 3 febbraio 2025, n. 7837; ACF, 6 febbraio 2025, n. 7842.

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