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Nota a Cass. Civ., Sez. III, 30 maggio 2025, n. 14528.

di Oscar Sozzi

Avvocato

La Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, con la recentissima ordinanza in oggetto, nel richiamare i principi dettati dalle Sezioni Unite che: 1) con la pronuncia n. 12310 del 15.06.2015, ha affermato che la modificazione della domanda ammessa a norma del previgente art. 183, 6° comma c.p.c. (ndr e, nella vigente formulazione, a norma dell’art. 171-ter c.p.c. n. 1), può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio; 2) con la pronuncia n. 22404 del 13.09.2018 ha riconosciuto l’ammissibilità della domanda introdotta in via subordinata con la prima memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio e si ponga in un rapporto di alternatività con la domanda originaria; ha statuito che la Corte di merito, in una controversia avente per oggetto un contratto di finanziamento, è incorsa nella violazione dei summenzionati principi di diritto, per aver qualificato come domanda nuova la domanda con cui l’attore/consumatore, nella prima memoria di trattazione, ha richiesto la riduzione del costo totale del credito ex art. 125 sexies T.U.B. “in via ulteriormente subordinata” rispetto alle originarie domande di restituzione somme per applicazione di tassi oltre soglia e applicazione di un TAEG diverso da quello pattuito. Secondo la Suprema Corte, l’introdotta domanda di riduzione del costo totale del credito, presentando una stretta connessione con la vicenda sostanziale dedotta in giudizio e ponendosi in un rapporto di alternatività con le domande originarie, rientra nell’ambito della c.d. “emendatio libelli” ed è pertanto ammissibile.

La Terza Sezione Civile ha, inoltre, statuito che la Corte di merito, nell’affermare – erroneamente – l’inammissibilità della domanda restitutoria proposta dall’attore nella prima memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1 c.p.c., è incorsa nella violazione dell’art. 1421 c.c. e dell’art. 36, comma 3, cod. cons., per non aver rilevato d’ufficio la nullità della clausola contrattuale che nega il rimborso delle commissioni in sede di estinzione anticipata del finanziamento. Secondo la Suprema Corte, infatti, poiché la clausola contrattuale che nega il rimborso del costo totale del credito, in caso di estinzione anticipata, ha natura di clausola abusiva, il Giudice ha il dovere di rilevare, anche d’ufficio, la nullità della stessa.

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