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Nota a Trib. Milano, Sez. VI, 20 marzo 2025, n. 2347.

di Angelo Pasculli

Avvocato

Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 2347 del 20 marzo 2025, si è nuovamente pronunciato in materia di nullità ex art. 2, comma 2, della legge n. 287/1990, concernente le fideiussioni omnibus sottoscritte successivamente al provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005.

Preliminarmente, la pronuncia chiarisce come, nell’ambito della presente controversia, spetti al Tribunale adito decidere in merito alla questione, anziché al Tribunale delle Imprese ex art. 3 d.lgs. 168/2023, poiché gli opponenti – trattandosi di una opposizione a decreto ingiuntivo – hanno sollevato l’eccezione di nullità in termini di mera eccezione. Tale orientamento si inserisce nel solco di altre pronunce giurisprudenziali sul tema, comprese decisioni della Suprema Corte di Cassazione.

È interessante evidenziare come il Tribunale abbia precisato che l’intesa vietata dalla norma in esame non si limiti a una mera accezione tecnica o a un negozio giuridico, bensì abbracci anche comportamenti “non contrattuali o non negoziali”. In tal modo, l’accordo deve essere individuato in senso lato, quale pratica volta al perseguimento di un obiettivo comune di ostacolare la libera concorrenza del mercato.

Relativamente al tema oggetto di analisi, la sentenza offre due spunti di riflessione: da un lato, a favore del cliente bancario, e dall’altro, stabilendo una rigida barriera probatoria per l’accertamento della nullità delle fideiussioni rilasciate successivamente al noto provvedimento della Banca d’Italia.

Il Giudice, innanzitutto, sottolinea che, qualora la garanzia venga rilasciata dopo il 2005 ma il testo contrattuale risulti – in ogni sua parte – sovrapponibile a quello proposto dall’ABI ai propri associati nel 2003, ciò debba essere ritenuto sufficiente – anche a distanza di anni – a dimostrare la volontà dell’Istituto di sfruttare l’intesa anticoncorrenziale accertata nel 2005. Di conseguenza, in tale ipotesi, le clausole in esame dovranno essere dichiarate nulle “in ordine all’effetto contagioso della nullità dell’intesa a monte rispetto al contratto a valle attuativo della prima.”

La situazione, tuttavia, si complica per il cliente quando il testo contrattuale non corrisponde integralmente a quello ABI del 2003, pur qualora contenga una o più clausole successivamente dichiarate nulle dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 41994/2021. In tal caso, la valutazione del nesso di collegamento tra lo schema ABI e il contratto risulta “decisamente più difficoltosa”, in quanto il Tribunale non reputa la mera presenza di tali clausole come indice presuntivo di un collegamento con lo schema ABI 2003. Rileva il Giudice come tali pattuizioni siano da considerarsi in sé lecite, assumendo natura nulla esclusivamente nel contesto dell’intesa anticoncorrenziale.

Con la sentenza in oggetto si dà atto di un orientamento giurisprudenziale, non minoritario, secondo il quale, per i contratti successivi al 2005, sarebbe sufficiente dimostrare la diffusione dell’utilizzo di tali clausole da parte del ceto bancario, anche nell’anno in cui è stata prestata la garanzia oggetto di disamina. Tuttavia, il Giudice sostiene che tale requisito, definito di natura fattuale, debba essere ritenuto fuorviante.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale evidenzia che la Banca d’Italia, nel 2005, non aveva accertato un accordo anticoncorrenziale tra più Istituti di credito, ma si era limitata ad analizzare lo schema ABI e la sua diffusione tra gli associati, giungendo a ritenere che tale diffusione comportasse una lesione della concorrenza.

Pertanto, la sentenza statuisce che, per gli anni successivi al 2006, non possa essere invocato l’accertamento del 2005; spetta, infatti, a chi agisce in giudizio dimostrare un illecito accordo di natura negoziale fra due o più operatori del medesimo settore di mercato o una pratica concordata o, quanto meno, una condotta emulativa di una prassi negoziale altrui, finalizzata a compromettere la concorrenzialità del mercato.”

In sintesi, pur offrendo un rilevante precedente per quei contratti post 2005 che replicano lo schema ABI, la pronuncia impone un gravoso onere della prova al cliente bancario per tutti gli altri casi, il quale, secondo i principi sopra esposti, si troverebbe ad affrontare l’arduo e quasi impossibile compito di dimostrare l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra due o più Istituti di credito.

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