La vicenda
La vicenda in commento ha origine dalla sottoscrizione di un contratto di conto corrente di corrispondenza ordinario affidato, rispetto al quale la società sottoscrittrice lamentava l’applicazione di interessi debitori non contrattualizzati, superiori al tasso soglia e anatocistici, oltre a commissioni di massimo scoperto (“CMS”) e di messa a disposizione (“CMD”) e oneri non dovuti.
Il Tribunale di Bolzano dichiarava la nullità delle clausole del contratto di conto corrente di determinazione del tasso debitore e della CMS con rinvio all’uso piazza e l’illegittima applicazione della CMD e della capitalizzazione trimestrale degli interessi. La Corte d’Appello, parzialmente accogliendo il gravame della banca ma mantenendo ferma la ratio decidendi del giudice di prime cure, rideterminava l’ammontare del saldo attivo della società correntista. La Corte d’Appello, in particolare, aveva ritenuto che il contratto di conto corrente aveva violato sin dalla sua accensione l’articolo 1283 c.c., essendo pertanto necessaria una specifica pattuizione circa la reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la banca, eccependo, tra le altre cose, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c. e della disciplina in materia di anatocismo emanata dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (“CICR”).
Commento
Punto centrale e ragione d’interesse della sentenza in commento è la ricognizione sistematica e ordinata, effettuata dalla Prima Sezione, dell’orientamento nomofilattico della Corte di Cassazione in materia di adeguamento delle clausole contrattuali nel caso di applicazione di tassi anatocistici, con specifico riguardo alle alterne novità normative e giurisprudenziali avvicendatesi a cavallo del 2000.
La ricostruzione della Prima Sezione prende avvio da quanto più volte ribadito dal Supremo Consesso: il declassamento da uso normativo a uso negoziale della prassi bancaria in materia di anatocismo ha reso nulle, per contrasto con l’art. 1283 c.c., le clausole in forza delle quali gli interessi debitori venivano periodicamente capitalizzati. Il riferimento è al revirement effettuato con le celebri pronunce della Cassazione, nn. 2374[1], 3096[2] e 12507[3] del 1999, secondo cui “gli usi che consentono la deroga ai limiti di ammissibilità dell’anatocismo stabiliti dall’art. 1283 c.c. sono solo gli usi normativi esistenti prima della entrata in vigore del codice, non potendosi formare in epoca successiva usi in contrasto con la disciplina limitativa legale”[4].
Nel succitato panorama giurisprudenziale interveniva frattanto il legislatore che, novellando l’art. 120 TUB, delegava al CICR il compito di stabilire “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”, compito, quest’ultimo, assolto dal CICR con la delibera del 9 febbraio 2000. Il legislatore stabiliva anche che le clausole anatocistiche contenute nei contratti stipulati anteriormente al 22 aprile 2000 (i.e. data di entrata in vigore della delibera) avrebbero dovuto essere conformate alle indicazioni del CICR entro il 30 giugno 2000, mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e comunicazione scritta alla prima occasione utile (comunque, entro il 31 dicembre 2000), salva la necessaria approvazione del correntista, con perfezionamento di un nuovo accordo, laddove le nuove condizioni contrattuali avessero comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente attuate.
In altri termini, il legislatore, provando a limitare il contenzioso in materia e con una tecnica legislativa improntata alla “composizione del conflitto sociale”[5], provava a salvaguardare l’operatività dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del CICR, che avrebbero dovuto essere adeguati esclusivamente pro futuro.
Su questa previsione interveniva quindi la Corte Costituzionale[6], che dichiarava l’incostituzionalità della previsione con cui erano state dichiarate valide ed efficaci le clausole anatocistiche contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del CICR. La nullità dell’anatocismo praticato dalle banche, pertanto, riprendeva tutto il suo vigore.
Ne seguiva una giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui, data la pronuncia di incostituzionalità, risultava “difficile negare che l’adeguamento alle disposizioni della delibera CICR delle condizioni in materia figuranti nei contratti già in essere […] non determini un peggioramento delle condizioni contrattuali”[7].
Come delineato dalla pronuncia in commento, con pronunce successive il Supremo Consesso aveva chiarito che:
- la pronuncia di incostituzionalità non aveva interessato quella parte della nuova disciplina con cui si regolamentava l’adeguamento dei vecchi contratti alle prescrizioni della delibera CICR: l’intervento caducatorio riguardava esclusivamente il periodo di sanatoria previsto dal legislatore per il periodo che precedeva l’entrata in vigore della delibera, ma non aveva inciso sulla regolamentazione del transito dei vecchi contratti al nuovo regime;
- le clausole anatocistiche inserite in contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di anatocismo non avrebbero potuto che considerarsi nulle;
- nel caso di contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di anatocismo, data la nullità delle clausole in materia di capitalizzazione degli interessi, la valutazione comparativa summenzionata – per la quale la necessità di procedere alla stipula di un nuovo accordo sarebbe sorta esclusivamente laddove le nuove condizioni contrattuali avessero peggiorato le condizioni precedentemente applicate – non avrebbe potuto effettuarsi;
- in conseguenza di quanto sopra, il criterio di cui al punto (i) sarebbe risultato pertanto del tutto inapplicabile ai contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di anatocismo: per munire tali contratti dell’attitudine a produrre interessi anatocistici sarebbe stato necessario addivenire ad una nuova pattuizione avente ad oggetto la capitalizzazione degli interessi.
Talché, nel caso di un contratto, come quello de quo, concluso prima dell’entrata in vigore della delibera del CICR le cui clausole in materia di anatocismo erano pertanto da ritenersi nulle, sarebbe stata necessaria una specifica, separata pattuizione circa la reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi.
_____________________________________________________________________________________
[1] V. Cass. Civ., Sez. I, 16 marzo 1999, n. 2374, pluriedita, e che si legge tra l’altro in Contratti, 1999, 437 (con nota di De Nova), Giust. civ., 1999, I, 1301, 1585 (con note di Giacalone, Costanza e Moscuz) e in Banca borsa tit. cred., 1999, II, 389 (con note di Ginevra, Dolmetta e Perrone).
[2] V. Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 1999, n. 3096, in Banca borsa tit. cred., 1999, II, 649 (con nota di Porzio).
[3] V. Cass. Civ., Sez. I, 11 novembre 1999 n. 12507, in Giust. civ., 2000, I, 2045 (con nota di Di Pietropaolo) e in Foro it. 2000, I, 451 (con note di Palmieri e Nigro).
[4] V. Cass. Civ., Sez. I, 16 marzo 1999, n. 2374.
[5] Così, Schlesinger, “ Ma l’intervento del legislatore non arginerà le controversie”, Sole 24 Ore, 6 ottobre 1999.
[6] V. Corte Costituzionale, 17 ottobre 2000, n. 425, in Contratti, 2000, 11, 1000, nota di Leo.
[7] V. Cass. Civ., Sez. I, 21 ottobre 2019, n. 26769. Sul punto v. anche Cass. Civ., Sez. I, 12 marzo 2020, n. 7105, su questa rivista con nota di Zurlo. Come sottolineato da quest’ultima pronuncia del Supremo Consesso, giacché “in effetti, la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all’assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende evidente che vi sia stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, sicché, proprio in applicazione dell’art. 7, comma 3 della delibera CICR (per cui «nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela») sarebbe stato necessario nella fattispecie in esame un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale”.
Seguici sui social:
Info sull'autore
Praticante avvocato presso lo Studio legale Hogan Lovells.