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Nota a App. Roma, Sez. II, 7 ottobre 2024, n. 6285.

di Francesco Tedesco

Avvocato

Quando la prestazione della fideiussione sia anteriore non soltanto all’emissione del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, ma anche al periodo oggetto di istruttoria da parte dell’organo di vigilanza, non può prescindersi, ai fini della declaratoria di nullità parziale della garanzia, dall’accertamento della prova specifica dell’intesa illecita, il cui accertamento non risulta aliunde dal citato provvedimento dell’autorità amministrativa.

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La Corte d’Appello di Roma II Sez. Civile – Sezione Imprese, con la Sentenza n. 6285/2024 pubbl. il 07/10/2024 ha rigettato integralmente l’appello proposto dai garanti e confermato la Sentenza n. 6749/2023[1], con la quale erano state già rigettate tutte le domande attoree volte alla declaratoria di nullità delle fidejussioni omnibus in quanto “gravava sulla parte attrice, come in tutte le cause stand-alone in materia di antitrust, fornire idonea allegazione e prova dell’intesa illecita ex art. 2 L. n. 287/1990 e gli attori non vi hanno adempiuto, non avendo fornito elementi utili ai fini della prova della sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche, per effetto della quale già il 9/3/1992 vi fosse nel settore creditizio la generalizzata applicazione dello schema contrattuale utilizzato nel caso specifico dalla convenuta o comunque della clausola n. 6 della fideiussioni controverse”.

I fideiussori hanno proposto appello avverso la predetta Sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Imprese, censurandola nella parte in cui è “stata rigettata la domanda di nullità parziale delle fideiussioni omnibus… sull’errato presupposto di ritenere i garanti inadempienti all’onere di provare la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche alla data della stipulazione delle fideiussioni… laddove, invece, gli stessi avrebbero assolto l’onere probatorio in questione con la copiosa documentazione prodotta”.

Gli appellanti, inoltre, hanno eccepito “che il provvedimento sanzionatorio n. 55 assunto dalla Banca d’Italia il 02/05/2005 nel momento stesso in cui ha ritenuto sussistente un’intesa violativa della concorrenza nel periodo esaminato, costituisce prova della stessa anche relazione all’epoca precedente in cui sono state sottoscritte le fideiussioni per cui è causa”.

La Corte d’Appello, però, ha ritenuto infondato il motivo di gravame e, sulla scia del giudice di prime cure, ha confermato che gli appellanti non hanno fornito alcuna prova dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche nel periodo in cui sono state sottoscritte le fideiussioni omnibus contestate, vale a dire nel marzo 1992; quindi di molto anteriori non soltanto al provvedimento n. 55/2005 emesso dalla Banca d’Italia il 2/5/2005, ma anche all’istruttoria, di cui agli artt. 2 e 14 della legge n. 287/1990, intrapresa dall’organo di vigilanza l’8/11/2002.

La Corte ha rilevato come i contratti di fideiussione depositati dagli appellanti, sia riassumendo il giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale di Roma – Sezione Imprese sia con le memorie ex art. 183, co. 6 n. 2 c.p.c., non sono sufficienti a provare l’intesa anticoncorrenziale, in quanto sono tutti relativi a un periodo di tempo compreso tra il 2000 il 2019, e che soltanto una fideiussione tra quelle prodotte reca la data del 15/04/1992, quindi stipulata in epoca coeva a quelle contestate dagli appellanti (sottoscritte il 09/03/1992).

Sul sulla scorta dei contratti prodotti dagli appellanti la Corte d’Appello di Roma espressamente rileva “come non è certo possibile affermare che nel 1992 vi fosse, a monte, un’intesa violativa della concorrenza e, dunque a valle, la nullità parziale delle fideiussioni sottoscritte… in ragione di un’unica lettera di fideiussione di un istituto di credito che conteneva previsioni contrattuali sovrapponibili a quelli della banca appellata nel 1992”.

In altri termini, un’unica lettera di fideiussione sottoscritta in data coeva a quella degli appellanti (1992), non è sufficiente a provare l’intesa anticoncorrenziale, quindi la nullità delle fideiussioni contestate, nonostante la sovrapponibilità delle clausole contrattuali.

Gli appellanti, inoltre, hanno dedotto che anche qualora la copiosa documentazione prodotta non provi l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra le banche già nel 1992, in ogni caso, la giurisprudenza di merito e di legittimità ha ritenuto che risultino affetti da nullità parziale i contratti di fideiussione stipulati anteriormente all’adozione da parte della Banca d’Italia del provvedimento n. 55/2005, che contengano le clausole incriminate dallo schema ABI.

Secondo gli appellanti, ciò che conta è solo che gli articoli 2, 6 e 8 del contratto di fideiussione sottoscritto nel marzo del 1992 costituiscano lo sbocco dell’intesa vietata ovvero che, inserendo tali disposizioni nei contratti (a valle) si attuino gli effetti della condotta illecita; quindi, se la fideiussione ha recepito queste clausole va dichiarata nulla, anche se al momento della sua sottoscrizione non era ancora stato emesso il provvedimento della Banca d’Italia del maggio 2005.

Anche tale motivo di doglianza, però, è stato ritenuto del tutto infondato.

Il collegio Capitolino ha condiviso pienamente il richiamo, effettuato dal giudice di prime cure, al principio espresso dalla Suprema Corte: “secondo cui in tema di accertamento del danno da condotte anticoncorrenziali, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287/1990, spetta il risarcimento per tutti i contratti che costituiscano applicazioni di intesa illecite, anche se conclusi in epoca anteriore all’accertamento della loro illiceità da parte dell’autorità indipendente preposta alla regolazione di quel mercato (in tal senso, Cass. Civ. n. 29810 del 12/12/2017)”, fornendone un’esegesi chiara e precisa.

I giudici d’appello hanno rilevato che dal suddetto principio di diritto si evince che “se da un lato il giudice non può – sic et simpliciter – escludere la fondatezza della domanda di nullità parziale della fideiussione omnibus per violazione della disciplina in materia antitrust di cui all’art. 2 della l. 287/1990 per il solo fatto che la garanzia sia stata prestata anteriormente all’emissione della Banca d’Italia, nondimeno laddove, come nel caso di specie, la prestazione della fideiussione sia anteriore non soltanto all’emissione del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, ma anche al periodo oggetto di istruttoria da parte della Banca d’Italia, non può prescindersi, ai fini della declaratoria di nullità parziale della garanzia dall’accertamento della prova specifica dell’intesa illecita, il cui accertamento non risulta aliunde dal citato provvedimento dell’autorità amministrativa”.

Le fideiussioni sub judice, infatti, risalgono a una data anteriore (1992) alla predisposizione dello schema di fideiussione omnibus da parte dell’ABI (2002-2003), oltre che al periodo oggetto di istruttoria da parte della Banca d’Italia; a tal fine rilevano i giudici d’appello che anche qualora le clausole contrattuali risultino pressoché coincidenti con quelli di cui allo schema ABI, sanzionato dalla Banca d’Italia, con il provvedimento n. 55/2005, “non è possibile ritenere che vi fosse un’intesa anticoncorrenziale anche nel 1992 e gli attori avrebbero dovuto fornirne la prova”, e una singola lettera di fideiussione coeva a quella in contestazione non è sufficiente ad assolvere l’onere probatorio.

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato anche l’ulteriore motivo di gravame con il quale i fideiussori hanno eccepito la mancata rinegoziazione delle condizioni economiche delle garanzie prestate negli anni successivi (2001, 2006, 2007, 2008 e 2014) rispetto alla prima sottoscrizione del marzo 1992, quindi le integrazioni erano da ritenersi nulle in quanto conformi allo schema di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e oggetto dell’istruttoria della Banca d’Italia.

Il collegio ha rilevato che nel caso di specie “difetta in relazione a questi ultimi l’animus novandi, vale a dire l’inequivoca, comune, intenzione di entrambe le parti di estinguere l’originaria obbligazione, sostituendola con una nuova e l’aliquid novi, inteso come mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto”.

Dall’esame dei degli atti integrativi, infatti, emerge in modo incontrovertibile che le parti hanno richiamato la fideiussione stipulata da ciascun garante nel marzo 1992, e dopo aver confermato il contenuto della stessa hanno meramente variato l’importo della garanzia prestata.

In altri termini vi è stata solo una modifica quantitativa di una precedente obbligazione; quindi, non trattandosi di atti novativi non si è avuta estinzione dell’obbligazione originaria la cui nullità per violazione della normativa antitrust non è stata prova.

Ne è conseguito il rigetto integrale dell’appello.

 

 

 

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[1] Pubblicata su questo Portale, il 28/04/2023, https://www.dirittodelrisparmio.it/2023/05/29/nullita-delle-fideiussioni-e-specifico-onere-probatorio-dellintesa-anticoncorrenziale-a-carico-degli-attori/.

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