Nota a Trib. Brescia, Sez. V, 18 giugno 2024, n. 2616.
Con la pronuncia in commento il Giudicante è stato chiamato a pronunciarsi sulla qualificazione giuridica della garanzia prestata ad un contratto di mutuo accogliendo l’opposizione spiegata dai garanti con un percorso motivazionale logico e lineare.
In primo luogo, la garanzia azionata dalla banca viene contestata per nullità totale o parziale derivante dalla violazione della c.d. disciplina antitrust o comunque per immeritevolezza ex art. 1322, comma 2, c.c.
Sotto tale profilo, quindi, occorre prestare attenzione alla modulistica appositamente redatta dalla banca ed intrisa di numerosi richiami sistematici e letterali proprio all’istituto della fideiussione, senza che alcuna rilevanza, in senso contrario, possa essere riconosciuta al richiamo al pagamento “a prima richiesta”.
La presenza di tale clausola, infatti, ormai non costituisce alcun criterio di discrimine in caso di contestazione della qualificazione operata.
Secondo il giudice bresciano, non è meritevole di condivisione l’assunto per cui la garanzia integri un contratto autonomo di garanzia quando quest’ultima sia stata rilasciata con moduli letteralmente redatti sullo schema della fideiussione e provenienti dalla banca stessa.
Ma vi è di più.
Come già acclarato in diverse occasioni e ufficialmente stigmatizzato dal noto provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia, gli anzidetti moduli riproducevano fedelmente lo schema ABI, oggetto di un diffuso dibattito in seno alla giurisprudenza, al punto da richiedere l’intervento delle Sezioni Unite[1]1, in esito al quale è stata statuita la nullità parziale dei contratti riproduttivi le condizioni de quibus.
Al contempo, nel caso di specie, la banca è incorsa nella decadenza ex art. 1957 c.c. Gli opponenti, infatti, hanno assolto all’onere probatorio mediante la produzione documentale che evidenziava placidamente l’instaurazione dell’attività giudiziale dopo il decorso dei sei mesi previsti dalla normativa.
Il Giudicante si è, altresì, interrogato sulla possibilità di riconoscere un effetto interruttivo del termine di decadenza all’attività stragiudiziale espletata, ma tale ricerca ha avuto esito negativo poiché, benché astrattamente possibile, tale principio non è comunque applicabile al caso di specie.
Nello specifico, la presenza dell’art. 7 del contratto che avrebbe derogato – ulteriormente – all’art. 1957 c.c. non può ritenersi sufficiente e, comunque, ricollegabile all’art. 6, rientrante nell’operatività della nullità parziale.
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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 30 dicembre 2021 n. 41994.
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