Nota a ABF, Collegio di Roma, 20 maggio 2024, n. 6045.
Massima redazionale
Le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, alla Sez. I, par. 3, offrono una definizione di “cliente” inteso come «il soggetto che ha o ha avuto un rapporto contrattuale o è entrato in relazione con un intermediario per la prestazione di servizi bancari e finanziari, ivi compresi i servizi di pagamento. Per le operazioni di factoring, si considera cliente il cedente, nonché il debitore ceduto con cui il cessionario abbia convenuto la concessione di una dilazione di pagamento. Non rientrano nella definizione di cliente i soggetti che svolgono in via professionale attività nei settori bancario, finanziario, assicurativo, previdenziale e dei servizi di pagamento, a meno che essi agiscano per scopi estranei all’attività professionale».
La nozione di cliente ricomprende, dunque, non solo la parte del rapporto contrattuale ma anche il soggetto che, pur in assenza di un vincolo contrattuale, intrattiene o abbia intrattenuto una relazione qualificata con l’intermediario per la prestazione di servizi bancari e finanziari nonché per i servizi di pagamento.
Secondo consolidato orientamento, l’Arbitro configura la nozione di cliente come una categoria socio-economica alla quale appartengono soggetti “titolari di un rapporto giuridico rilevante con un intermediario bancario o finanziario”[1] – restando irrilevante che il rapporto alla base della controversia insorta tra la banca e il soggetto abbia (o meno) natura contrattuale[2] – purché essi risultino destinatari di specifici obblighi di protezione da parte dell’intermediario[3].
In particolare, la qualità di cliente è stata definita “per relationem”, quale pendant dell’esistenza di specifici obblighi di protezione in capo all’intermediario derivanti, a monte, dal ricorrere di un contatto sociale qualificato. Attraverso la fattispecie del contatto sociale qualificato, il Collegio di Coordinamento ha disancorato la nozione di “cliente” da quella di “controparte contrattuale” dell’intermediario, estendendo la relativa nozione a qualunque soggetto entri in un contatto rilevante con l’intermediario stesso, in virtù dell’assunto che la tradizionale visione contrattualista risulta eccessivamente rigida e scarsamente aderente al ruolo multiforme che la banca assume nelle relazioni economiche con il pubblico. Ciò sul presupposto che “il rapporto contrattuale e la responsabilità contrattuale vanno oltre il contratto come atto”[4], fermo che la responsabilità ex contractu non può estendersi fino a ricomprendere quella “derivante dalla violazione del generale obbligo del neminen laedere”[5].
Pertanto, il contatto sociale che caratterizza la qualità di cliente, pur trascendendo la figura della controparte contrattuale, presuppone che nei confronti di quest’ultimo preesista uno speciale obbligo di protezione della banca in relazione alle funzioni da questa svolte, potendo allora il Collegio di Coordinamento concludere affermando che «ai sensi della disciplina volta a definire la competenza dell’ABF, è cliente il soggetto a cui favore esistano specifici obblighi di protezione da parte dell’intermediario»[6]. Tale principio è stato specificato, non solo con il richiamo all’istituto del contatto sociale, ma anche all’ipotesi in cui il ricorrente faccia valere pretese di matrice extracontrattuale[7], come avviene nel caso della lesione aquiliana del credito.
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[1] Cfr. ABF, Collegio di Roma, n. 613/2010.
[2] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, n. 2567/2013.
[3] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, n. 7283/2018.
[4] V. Cass. n. 14712/2007.
[5] Cfr. ABF, Collegio di Roma, n. 10231/2023.
[6] V. ABF, n. 7283/2018.
[7] Cfr. ABF, Collegio di Roma, n. 3297/2022; ABF, n. 3298/2022; ABF, n. 3298/2022.
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